martedì 31 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.8

Capitolo Ottavo
DENTRO A MIEI OCCHI
(parte prima)

Quando Monnie si trovava sola  sdraiata sul suo letto, guardando le pareti della sua camera da letto, riusciva a leggere la storia dei suoi ultimi dodici mesi passati in quella nuova casa, dopo la separazione da James ed i  mesi di convivenza con lui. Come sorpresa, notava come quelle pareti bianche attorno a le si fossero riempite di foto, di attimi, di ricordi che aveva già rimosso e sovrapposti ad altri, soprattutto nella parete sulla sua sinistra. Un parete ampia, bianca, con adesso alcune foto del suo ultimo viaggio all’estero, poi il piccolo calendario vintage con immagini di rare piante e fiori accanto al grande calendario, che le ricordava inesorabilmente di come gli  eventi fluiscono. Andando avanti con lo sguardo   c’era l’interruttore doppio del lampadario, la porta antica della stanza e proseguire nella parete di fronte, il radiatore per scaldare le notti gelide di Monnie, e sopra le sue foto, i suoi amici, e gli attimi di allegria del suo party di specializzazione. Poi la grande credenza che rendeva particolare tutta la stanza con i suoi oggetti: quelli  colorati di uso quotidiano, gli strumenti del trucco, i profumi, i suo monili, i ricordi e gadget sparsi, i suoi calici da vino, i fiori finti che illuminavano la stanza, la sua macchina fotografica professionale. Proseguendo, alla fine della grande credenza, un’altra parete bianca, qualche piccolo quadretto senza importanza. Ad angolo c’era la piantana nera che aveva illuminato dolcemente anche il viso di Nik. La parete di destra, a partire dalla piantana, era interrotta dall’unica grande finestra che accoglieva le tende velate, che incorniciavano la grande scrivania di legno ed il piano in vetro nero su cui erano poggiate le chiavi, il laptop e i libri mai letti. Continuando ancora si vedeva uno scorcio di parete bianca con appesa fogli con frasi incoraggianti e il piccolo armadio di Monnie. Alzando gli occhi verso la parete dietro lei, riusciva a vedere le sue stelle viola, alternate in un disegno casuale con le foto dei suoi grandi occhi blu, che Seth aveva scattato per lei, ed alcune foto di fiori e paesaggi che aveva fotografato durante il suo viaggio in Africa, ai primi di Giugno, viaggio nel quale espresse “quel” desiderio, che la stella cadente realizzò poche settimane dopo. Inutile dirlo ma quel desiderio era Nik, e si avverò…anche se con risvolti che Monnie non capì mai, perché non c’era logica dietro i comportamenti del medico, ma solo paura di tornare ad amare.

L'ultimo volo Cap.7

Capitolo Settimo
IL GIOCO DEL SILENZIO
(parte seconda)

Imbarazzata, ma decisa, inviato. Non era tanto lontano, era da poco andato via, se avesse voluto sarebbe tornato indietro, perché lui non tornò.

Intanto lei salì a casa,l’ascensore e poi il portone di casa ed entrò con il cuore in gola, ad aspettare un messaggio di risposta: se non poteva averlo perché lui non era innamorato quanto lei, voleva almeno averlo carnalmente, perché era tanta la voglia di far l’amore con lui. Ecco, lei voleva “farlo” di nuovo l’amore, non consumarlo e sapeva anche che il minimo tocco con lui sarebbe equivalso a farlo. Così, iniziò a spogliarsi per casa, poi nella sua stanza, iniziò ad amarsi tra le sue lenzuola aspettando una risposta…Poi il rimorso, la paura della figuraccia, paura dell’essersi esposta ancora ed un altro messaggio per scusarsi, per ribaltare la situazione, perché il silenzio di Nik era un profondo e lancinante “No”.
“Mi sono resa conto adesso che ho inviato un mess alla persona sbagliata! Sorry buonanotte” ed ancora desiderava lui nel letto. Qualche minuto, Monnie che tristemente lo pensava lo voleva accanto e la sua chiamata : “ Pronto, e…”, stava per iniziare “Ohi Nik, mi devi scusare ma ho sbagliato ad inviare il messaggio, tra il sonno e il mal di testa, il vino, mi sono accorta che l’ho inviato a te e non al mio amico Ninos…”, lui, dal tono gentile e rassicurante, “dai, non fa niente, sarà il sonno e la stanchezza. Ho letto il messaggio adesso che sono arrivato a casa…”. Quella voce, quelle parole, quante cose avrebbe voluto dirgli ed invece le solite battute, ed ancora peggio, le solite scuse. Telefonata chiusa e Monnie aveva voglia di sprofondare, nel sonno, nella vergogna, ma era solo innamorata, disperata in un letto vuoto, freddo, come le sue labbra

martedì 24 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.7

Capitolo Settimo
IL GIOCO DEL SILENZIO
(parte prima)

Erano soli. In macchina poche parole di circostanze: il tempo, brevi commenti sulla serata,  sul cibo, l’organizzazione e altre stupidaggini. 
La tensione che si era venuta a creare in quel silenzio profumava di indifferenza, paura, angoscia ed ansia. Guidava tranquillo, parlava a scatti, ogni tanto balbettava, nessuna domanda diretta a Monnie, che si fingeva un forte mal di testa, magari il vino o l’ora tarda, ma fingeva e lei lo sapeva bene. Ogni tanto si girava e lo guardava in silenzio. Pendeva da ogni suo respiro, bramava quelle labbra, il suo alito e i suoi gemiti. Gli avrebbe voluto dire le cose più belle del mondo, ed  invece, cercava ma non forzava di parlagli, perché lui sembrava esitare. – Le pasta al pistacchio di questa sera non era buona per niente!Abbiamo proprio mangiato male.- gli disse per rompere quel pesante silenzio e lui :- Oh sì, non sapeva di niente, altro che pistacchio!- Lei allora gli sorrise e con un mezzo sorriso che sapeva di tenero ricordo aggiunse: -Certo,  non erano le mie pennette al pistacchio, quelle che abbiamo mangiato da me a Luglio!Ti ricordi? La mia era molto meglio!- . Lui ammutolì, qualcosa disse sottovoce ma Monnie non ascoltò, le bastò guardarlo mentre lui aveva lo sguardo perso nel vuoto, ma non perché attento alla guida, solo colpito dalle sue parole. Forse lo avevano riportato indietro nel tempo, un tempo che non voleva ricordare. Ancora qualche parola scambiata su argomenti già discussi con lui, sembravano ripetizioni per Monnie ma fece finta di nulla, eppure erano parole già dette e non avevano alcun significato. 
Sotto casa sua, tra pausa e l’altra, le parole erano terminate e quando l’argomento si faceva più interessante, ecco che erano lì, davanti al cancelletto di casa. Seth non c’era, era rientrato a casa. Monnie avrebbe voluto. La voglia era tanta, si sentiva umida ad ogni suo sguardo, ma sperava che anche lui lo volesse, con la sua stessa passione. Pochi istanti, il saluto, la buonanotte e lei lo amava ancora. Lui in macchina, apparentemente tranquillo, sempre laconico, un saluto. Chiusa la portiera della piccola utilitaria bianca, con il cuore appassito e la certezza di averlo perso, mise la chiave nel cancelletto, lui aspettava ancora con il motore acceso. Monnie arrivò al portone, girò lenta la chiave e lui era ancora lì, ma lei non si voltò, aspettò. Aspettò ancora. Secondi eterni e poi spinse il portone ed entrò. Entrata nell’atrio, rimase ancora ancorata a quella porta e poi il rumore della macchina che andava via. Ed allora, niente scuse, chiuse gli occhi e capì di aver chiuso, di non aver speranze: non aveva avuto il coraggio di parlagli. Entrambi, chi per disinteresse, chi per paura o per il troppo amore, hanno soppesato le parole, gli sguardi, i respiri. Ma non erano amici, medico e paziente, amanti? Cos’erano? Erano tutto e ora non erano mai stati niente. Ma Monnie non voleva rinunciarci a lui, e quindi, mandò subito un messaggio al cellulare a Nik, con un disperato bisogno d’amore. “Torni indietro?”. 

lunedì 23 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.6


Capito Sesto
SOTTO IL CIELO DEL DESTINO
( parte quarta)

Il giorno successivo, il giorno dell’ultima visita, Nik aveva completato di visionare l’iter di esami diagnostici  di Monnie,  facendo un resoconto con gli altri esami di routine, con la serietà di un professionista. Si sentiva sicura tra quelle mani, tra quelle braccia, poteva riconoscere i sospiri ed i respiri che aveva già sentito sulla pelle e nelle sue orecchie, mentre lui procedeva con sicurezza, muoveva le sue mani come se non stesse toccando un corpo ma lei. Ed uno sguardo pieno di tristezza ed amore li bloccò per qualche secondo, fino a quando Monnie abbassò lo sguardo e rinunciò all’amore, mentre gli occhi marroni di Nik cercavano in silenzio quelli blu.

Passarono tre giorni ed era domenica sera. Monnie era appena uscita dalla doccia, i capelli bagnati e nella stanza il calore dei radiatori riscaldava quella gelida sera di neve e la chiamata di Nik sul celluare. Possibile? Monnie iniziò a tremare e non credeva possibile quella insolita telefonata. Era domenica, le visite erano finite, cosa avrebbe mai voluto significare quella telefonata? – Pronto? Ciao- e lui iniziò – Ciao, come va, che fai?- . Domande retoriche per Monnie che l’avrebbe voluto al suo fianco minuto per minuto, sempre.- Volevo sapere come ti senti.- Monnie, incredula, rispose- Io? Io sto molto bene, d'altronde ho te come medico!-. Era disposta a fare la stupida e non la seria, se questo fosse servito per riavvicinarsi a lui, ma non più come paziente.-Che fai stasera?- e con questa domanda Monnie raggelò: in pochi secondi aveva immaginato che lui le avrebbe chiesto “finalmente” un incontro, un appuntamento in regola, senza altre inutili scuse. Lei rispose però con un – Stasera esco con un amico, qui a Nicestep, perché sono a casa dei miei.E tu invece, perché?- La verità. Monnie non riusciva a mentire a lui ed era tutto vero: aveva organizzato una cena amichevole con Piek con il quale non si vedeva da tanto ed era davvero a tornata per un week end dai suoi genitori.-Io esco con Josep, in centro, niente di ché. Solo che fa molto freddo…- Monnie avrebbe voluto essere a casa sua, a Katnè, ma era dannatamente lì…perché ha mai chiamato, pensava mentre lui continuava a parlare del più del meno, fino a quando capire che anche lui si trovava imbarazzato, perché lui solo  sapeva il reale motivo di quella telefonata assurda di domenica sera. Come erano stupidamente assortiti!

Passarono circa due settimane fino a quando Nik e Monnie si scontrarono occhi negli occhi un’altra volta. Erano stato invitatati ad una delle cene sociali più ambite della città: tutti aspettavano quell’evento come il più importante dell’anno ed anche Monnie e Piek e i suoi nuovi amici ne avrebbero preso parte. Sicura che ci sarebbe stato anche Josep e Nik, chiese proprio al gigante buono se era così gentile da andare insieme alla cena visto che Piek avrebbe sicuramente tardato e lui non rifiutò, anzi ne fu contento, era un amico!E così quella sera di dicembre, Monnie indossava un abito davvero seducente e sprizzava estrogeni come non mai: anche questa per lei poteva un’occasione cruciale per rivedere Nik, parlagli da donna e non da paziente. In fondo, se ultimamente avevano ripreso i “rapporti” civilmente, senza evitarsi, anzi, sembrava proprio che si stessero riavvicinando dopo il glaciale silenzio dei mesi precedenti e di quel fuggire di Nik alla possibilità dell’innamorarsi, e anche lui sembrava un po’ più aperto a questo cambiamento…Ma nella sala, quando si incontrarono Nik lasciò senza parole Monnie. Josep e lei erano di spalla alla grande porta d'ingresso e stavano tranquillamente parlando, quando Nik spuntò da dietro, salutò Josep, guardò freddamente Monnie, la salutò e mentre le chiedeva come stava, mentre si allontanava in fretta con Josep sottobraccio lasciando Monnie sola, in mezzo a tanti che non conosceva, senza Piek accanto. Monnie, con un sorriso di circostanza, si guardò attorno, impietrita nell’animo, senza parole come un pesce fuor d’acqua, in quella sala, senza di Nik, senza ancora di salvezza, spuntò Piek e solo lei seppe quanto ne fu grata di quella apparizione. Il senso profondo di inadeguatezza la segnò per tutta la serata: si sentiva già umiliata e con un armatura addosso, iniziò a camminare tra quei visi sconosciuti, supportata dal buon Piek, ma nell’animo già segnata dalla indifferenza di Nik. Durante la serata, Monnie non considerò minimamente il “suo” medico, aveva ancora la forza necessaria per evitare quei suoi sguardi lontani, visto che quasi potevano guardarsi anche se seduti in diversi tavoli. Mentre si consumava la cena, Monnie in cuor suo sapeva quanta fatica aveva fatto per essere lì, vicino a lui, anche se non proprio fisicamente ma per ricordagli che lei era lì ed era stato il destino a farli incontrare in una sera di quasi primavera e dopo ancora molti mesi, il destino li aveva portati a “frequentarsi” ancora. Il gelo nel cuore di Monnie per ogni sguardo rubato con il suo giovane medico, lui, impenetrabile con il suo cipiglio e le sue labbra dischiuse e gli occhi supplicanti amore. Finita la cena, con il vino nelle vene nella speranza di sciogliersi un po’, Monnie voleva andare a parlare con Josep, con la scusa di chiedergli se al ritorno sarebbe potuta andare con lui a casa, e mentre si parlava, Nik era “casualmente” con lui, e cercava con il suo modo sgraziato di intromettersi in quella conversazione. Ciò che colpiva Monnie era che, nel suo fare scherzoso di parlare, c’era sempre una punta di sarcasmo e un ché di velenoso nei suoi confronti che non riusciva a capire bene, solo a percepirne il dolore nel cuore come aghi pungenti su un’anima fragile. Tra gli sguardi fugaci, tra una battuta e l’altra ci fu quello che segnò Monnie, quello in cui la guardò dentro per qualche istante, sempre insieme al suo sorriso smagliante. Quanti interrogativi senza mai risposta in lei. Poi di nuovo l’indifferenza. Dopo quell’incontro la serata prometteva un proseguimento danzante, ma non si ballava ancora e Monnie aveva bevuto davvero troppo vino per essere lucida fino in fondo. Piek e gli altri deciso di ballare e così anche Monnie lo fece, ma nel suo cuore, non si sentiva tanto serena per divertirsi davvero. Ballò, pochi minuti, poi si mise a cercarlo. Quasi da farlo sembrare non costruito, chiese nuovamente a Josep se era disponibile per un passaggio e lui le spiegò che doveva accompagnare una tipa. E quindi? Chi chedere? Lei chiese se invece Nik era disponibile, nel senso se non doveva accompagnare qualcun altro. Josep, ingenuamente, le disse di chiedere a lui, e ciò sembrò un’impresa! Monnie cercò educatamente di andare a parlargli, ma lui puntualmente scappava, quando si accorgeva che lei si avvicinava. Possibile che si vedesse tanto il suo amore disperato per lui in viso? Tanto da averne così paura? Monnie era stupefatta, incredula, ma nessun altro, eccetto loro due sapeva, Josep al più, quindi, ingoiando l’amaro, decise di andar in fondo alla questione. In quel loro rincorrersi, senza dare troppo nell’occhio, finalmente riuscì a fermarlo e a parlagli e dirgli semplicemente se poteva dare uno strappo a casa. Lui, tra i suoi amici finti facoltosi, non potendo fuggire più le rispose che non avrebbe avuto difficoltà, anche se sarebbe partito più tardi. Per Monnie non era una un problema: era talmente disgustata per come l’aveva trattata che gli disse, pur di non apparire ulteriormente invadente, che sarebbe stato lui a cercala quando voleva andarsene. Lei girò i tacchi. Monnie cercò Piek, serena da una parte per il passaggio, ma molto ferita dal comportamento evitante del suo medico. Come poteva essere capace di cambiare personalità nei suoi confronti? Dov’era adesso quel premuroso ragazzo che pochi giorni addietro cercava la sua voce al telefono? Quale malsano gioco perverso di seduzione stava giocando? Monnie era talmente confusa quanto ancora follemente innamorata e presa da lui…E così seduta sul divanetto a chiacchierare, con il broncio, con il buon Piek che le dava manforte alla sua devastante delusione, quando Nik si avvicinò a lei dicendogli di che era tempo di andar via. Saluti e baci e lui dopo di lei a salutare i suoi amici come se fosse il suo fidanzato. Che coppia strana sarebbero stati davvero!

domenica 15 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.6


Capitolo Terzo
SOTTO IL CIELO DEL DESTINO
(parte terza)

Era martedì 4 dicembre, e tutto era sempre così speciale.
Quando Monnie tornò a casa , il giorno successivo, erano quasi le venti della sera ed si era appena sdraiata sul suo letto grande e vuoto d’amore, quando improvvisamente il telefono squillò. Monnie prese in mano il suo cellulare. Le labbra dischiuse, la mano tremante, il cuore impazzava: Nik stava chiamando. Allora lei rispose: - Pronto.- -Buonasera ciao come stai? – Oh ciao io bene grazie e tu?- Conversazione ancora sterile, ma adesso Monnie non sapeva la vera  ragione di quella telefonata così improvvisa e decisamente inusuale! Allora lei gli chiese :- Dimmi pure, ci sono novità?- e lei alludeva alla visita che l’indomani mattina l’avrebbe ricondotta di nuovo da lui, al suo studio però.  – No, volevo ricordarti che domai mattina abbiamo l’appuntamento allo studio,eh? Visto hai il tuo medico che ti chiama per ricordarti dell’appuntamento, meglio di un agenda. Come stai? Che fai?—Io sono appena tornata da lavoro, stavo per andare a fare una doccia. E tu?- - Io sono in macchina , sto per tornare a casa. E stasera che, fai dove vai?- Monnie spiazzata, con la porta della sua camera chiusa, per non lasciar trapelare nulla, la voce meno tremante ma non per questo meno emozionata.- Stasera? Penso che dopo cena usciamo con Agosh ed Andrius, per fare un giro in centro,  visto che è da poco che sono ritornati in città. E tu cosa pensi di fare? Che fai stasera?- . Il tono di Monnie si stava trasformando: l’impatto gelido delle prime battute stava lasciando spazio alla dolcezza ed entrambi adesso avevano abbassato le difese, erano vulnerabili come le parole che pronunciavano. Chissà quante parole avrebbe voluto sentire Monnie, quante parole avrebbe voluto sentire con quella sua intonazione ed il suo leggero balbettio che la faceva sciogliere!
- Stasera, penso che esco, anche se fa molto freddo, io sto per tornare a casa, sono in maccchina. C’è  tanta confusione per strada in Big Step Street, ci sono lavori in corso…- e Monnie aggiunse – Ah, quindi stai tornando a casa da lavoro. Sì, è vero, fa molto freddo stasera!- e lui- Sì,  fa molto freddo. Beh, allora ci vediamo domani mattina in studio per l’ultimo controllo, mmm non è vero?- . Monnie non capì mai se lo diceva perché era “contento” che fosse davvero l’ultimo loro incontro reale programmato l’indomani, ma dal tono ella percepì come una sorta di lieve dispiacere, come se quello fosse stato davvero l’ultima volta.

lunedì 2 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.6

Capitolo Sesto
SOTTO IL CIELO DEL DESTINO
(parte seconda)

Sembrava tutto fatto ad arte. Il pranzo e la festa di Seth capitò di mercoledì 28 novembre, mentre Monnie si incontrò in studio con Nik il giorno precedente. Era una delle visite di controllo che le aveva tanto raccomandato Nik e certo lei non si era tirata indietro. Come era loro abitudine, durante quegli incontri puramente voluti,  visto il problema di salute di Monnie, si caratterizzavano al 25% alla visita medica in sé, il resto al milioni di micro sguardi, sorrisi e ammiccamenti, battute a doppio senso e tante risa, tanto che Monnie, ebbe il coraggio si dirgli : - Ah, sì certo,  sei sempre fuori la sera! Vedo che Josep sta legando molto con Lady Lauren (con un tono sarcastico, ma non troppo)!Siete sempre insieme!” – e lui, abbassando lo sguardo, rispose ridendo tra sé e sé :- Ah, sì, Lauren, tse- e non aggiunse altro o comunque ciò che disse in seguito non era tanto importante da essere ricordato, le bastava già aver capito tutto. Ecco perché, quel mercoledì di fine Novembre , Monnie era quasi pronta a sferzare il suo colpo a quell’ipocrita ragazza: per nessuno al mondo, neanche per James, che per lei era stato il suo primo vero amore, avrebbe mai reagito così. Ma questo Nik non lo seppe mai, nemmeno tutt’ora.
La sera della festa di Seth, Monnie era molto carica: aveva tutti i pezzi del puzzle sotto mano e gli incastri combaciavano, adesso doveva fare in modo da essere talmente pungente con Lauren, tanto da ricordarle che lei lo amava ancora e che sarebbe stata disposta a tutto per lui, essendoci stato quel che è successo l’estate appena trascorsa. Inoltre, sarebbe stata subdola come lei, non l’avrebbe mai attaccata apertamente…cosa non avrebbe fatto Monnie per Nik! E lui? Inconsapevole di tale battaglia amorosa, viveva nel suo mondo, con le sue abitudini, un po’ innamorato degli occhi di  Monnie e della malinconia che gli trasmetteva. Possibile che avesse così paura dell’amore? Inoltre per Monnie, affrontare Lauren significava capire cosa tra i due poteva esserci stato, poiché tutto era stato taciuto e anche Seth, in fondo ne era un po’ complice con il suo silenzio. Comunque,  l’amore nei confronti di Nik era troppo forte, troppo intenso e Monnie voleva crederci davvero che sarebbe stato possibile quindi non aveva alcun timore di scontrarsi, se il Fato l’avesse voluto fosse necessario, con quella biondina ossigenata. Così, durante la festa, Monnie sfoderava il suo solito sorriso smagliante, raggiante ed ammaliante, vestita di un verde speranza e oro luccicante, chi avrebbe potuto resisterle? Si guardò nella sala e vide Lauren sola soletta in compagnia di una sua antipatica amica dall’aria saccente di finta giornalista, sedute in un angolo a conversare. Approfittando della sala semideserta nel locale, Monnie si diresse nella direzione di Lauren, e facendo la simpatica, iniziò a conversare con lei del più e del meno, fino a quando non le disse che si era lasciata da qualche settimana con Fabien, l’aitante ortopedico, che non ne soffriva perché c’era troppa differenza di età e che infondo, anche fisicamente, non era proprio il suo tipo. Allora Monnie “spiegò” attentamente alla vipera che fisicamente era ancora attratta da una certa categoria di uomo e così le fece la radiografia di Nik, facendole intendere che non avrebbe mai mollato, per il fantasma di Nik, sapendo quello che oltrettutto c’era già stato tra loro. Lauren ascoltava, a tratti impietrita, forse solo sorpresa, di come Monnie parlava sicura adesso e non riusciva a contraddirla ma continuava ad annuire. Poi Monnie si allontanò con una scusa banale, ma il sasso, leggero e  pesante, oramai era stato lanciato e Lauren adesso sapeva che tra loro niente era finito: qualcosa, qualcosa di indefinibile li legava ancora… Ancora incredula di tale comportamento, lei che da sempre si era “nascosta” dai suoi sentimenti con James, un po’ come Nik, adesso invece aveva compiuto azioni eroiche per la sua timida ed pudica anima e tutto questo perché l’amore le aveva accecato la ragione e le sue emozioni, per anni represse, ora sgorgavano lievi come acqua cristallina, inondando la sua vita, la sua pelle, i suoi occhi. Quante lacrime e singhiozzi aveva mai prestato per questa situazione emotiva instabile? La più grande fortuna di Monnie furono gli amici, quelli veri, quelli che ritrovi sorridenti ogni sera, quelli con cui ti confidi, quelli disposti ad ascoltare ore ed ore la tua versione dei fatti riguardo al melodramma d’amore. Sì, in fondo sì, Monnie, talvolta, era malinconica e delusa dalle incongruenze della vita, però aveva molte persone accanto a sé che le dimostravano l’affetto e la comprensione di cui aveva bisogno. Che ci fosse o meno Nik , al suo fianco, questo era un dettaglio, un completamento della sua vita.

L’attesa delle feste natalizie rendeva Dicembre un mese fatato: non solo gli addobbi e le vetrine luccicanti richiamavano il Natale, ma anche l’animo speranzoso di Monnie sembrava essere in linea in quell’atmosfera rarefatta! Capitò che gli ultimi incontri tra lei e Nik, sempre ed esclusivamente di natura professionale, si verificarono frequenti nei primi dieci giorni del mese. Una sera capitò che Monnie, al ritorno dal lavoro, rientrò a casa dopo un pomeriggio trascorso ad inseguire dolcemente i suoi piccolini in giro per la stanza ed insegnando loro a parlare meglio, con le mani infreddolite e la punta del naso congelata, come se il tempo fuori preannunciasse aria di neve. Seth era a casa, seduto in cucina con una sua amica a conversare vivacemente, mentre l’unica cosa che avrebbe voluto fare Monnie era  una doccia calda per rilassarsi, concedersi qualche minuto di isolamento  e riscaldarsi l’anima. 
La sera prima Monnie era stata invitata a cena dal fidanzato di Jovy insieme ad altri due suoi amici, di cui un altro amico per trascorrere una serata in compagnia ed anche per festeggiare la nuova casa che condividevano con altri studenti, essendo ancora iscritti all’università. Quella sera però poi Agosch, il fidanzato di Jovy,  aveva promesso di andare a giocare una partita di calcetto insieme a Josep e che lo avrebbe passato a predenre. Monnie era rimasta quindi con Andrius, l’altro ragazzo della casa e un altro di cui si dimenticò il nome. Si trovava già a casa dei ragazzi, quando Josep e Nik aspettavano in macchina Agosch per andare via a giocare, infatti la voce di Monnie aveva già cambiato tono e velocità, come se sentisse gli influssi del giovane medico. Quella sera fredda volò come un lampo ed era già il tempo di tornare a casa dalla partita di calcetto. Accompagnarono Agosch a casa e dalla macchina scesero Josep e Nik. Andrius e Monnie, che aspettavano seduti sul divano, accoccolati per il freddo, si accorsero della loro presenza e guardarono giù dalla finestra e Nik vide Monnie e la salutò, con un sorriso smagliante che le riempì il cuore. Gli occhi gli brillavano e quasi che non ci credeva la piccola Monnie che contemporaneamente aveva stampato un sorriso di felicità che illuminava quella notte. Il soono era sparito ed era talmente contenta di quegli sguardi che parlando con Jovy, non riusciva a nasconderle quelle emozioni. Ma quanto ne era innamorata? Totalmente pazza di lui! Quante carte false avrebbe fatto per baciare le sue labbra ancora, o solo per stargli qualche minuto a fianco, magari prenderlo per mano, toccare quella mano che la condusse in paradiso, più di una sera…come poteva resistergli, come poteva resistere all’amore?


martedì 26 novembre 2013

L'ultimo volo Cap.6

Capitolo Sesto
SOTTO IL CIELO DEL DESTINO
(parte prima)

Nelle ultime tre settimane di Novembre e la prima di Dicembre, gli incontri professionali tra Nik e Monnie  si intensificarono: quel loro incontrarsi di nuovo, per vie diverse da quelle programmate, aveva riavvicinato quelle due personalità complesse. Si sentivano bene adesso, era chiaro per entrambi e negli sguardi non c’era più “paura” ma solo una piacevole presenza: Monnie aveva bisogno di Nik come medico ed era abbastanza ragionevole che lei si fidasse di lui e Nik lo sapeva bene. Monnie si sentiva nuovamente viva e sebbene gli incontri erano settimanali gli effetti  benefici sul suo umore perduravano nell’attesa tra un incontro e l’altro. Certo, non sperava che la loro relazione avesse potuto riprendere il volo, ma essersi piano piano riappacificata con i suoi stessi sentimenti contrastanti la faecva stare bene e lo faceva stare bene. Capitava ogni tanto qualche sguardo languido da parte di entrambi ma questa volta Monnie sapeva di aver sofferto troppo per fantasticare ancora, quindi decise di aspettare, anche secoli se ne valesse la pena, che Nik facesse una qualche mossa.
Intanto a casa di Monnie e Seth da qualche tempo era ritornata anche Lauren, con il suo fare impiccioso, ma questa volta Monnie sapeva bene come comportarsi: non una sola  parola era scappata via dalla sua bocca riguardo a Nik, neanche con Seth, con il quale aveva inizialmente condiviso la sua avventura erotica con il giovane medico, solo Jovy conosceva la storia di quell’amore negato. Dopo una decina di giorni, verso la fine del mese di Novembre, capitò un giorno a pranzo, con Seth ed altri amici, che si parlasse di come Lauren si comportasse strana negli ultimi giorni come se la sua cotta per un ragazzo (dal nome misterioso) le avesse fatto perdere la testa ed avesse preferito frequentare così altri “ambienti”, più, come dire, altolocati, tipo Josep il farmacista e il giovane medico su cui tutti sapevano che lei ci aveva messo gli occhi e chiaramente le intenzioni, trascurando i vecchi amici di sempre. A quei commenti Monnie perse l’appetito, la tachicardia, il dolore allo stomaco, la mente in panico…un attacco di panico in tutti i sensi!Si alzò un attimo dalla tavolata con il telefono in mano, uscì fuori dal ristorante e chiamò tutta tremante Jovy, confermandole la sua tesi sulla biondina scialba e petulante. Non appena Monnie concluse la telefonata, un macigno le premeva ancora il cuore: possibile che a lui potesse piacere Lauren? Quella sera stessa, Seth aveva organizzato una festa un po’ particolare ed invitato tanti suoi amici tra cui Jovy ed anche Lauren. Monnie sapeva che doveva lottare per quell’amore, la disturbava fortemente il pensiero che una “come” la vipera ossigenata entrasse nelle  grazie del bel medico, che , al quanto pare, godeva ultimamente di molte spasimanti. Gelosia, rabbia, orgoglio: quante sensazioni stava provando negli ultimi giorni la sfortunata maestra d’asilo! 

martedì 19 novembre 2013

L'ultimo volo Cap.5

Capitolo Quinto
SWEET NOVEMBER
(parte quarta)

Sapeva benissimo a cose sarebbe andata incontro, ma questa volta conosceva il suo avversario. Da quella domenica pomeriggio, non vagava più nella memoria di quell’amore rubato, adesso lo voleva puro, sin dall’inizio perché aveva finalmente ammesso a se stessa che di Nik, per quanto dicesse pubblicamente con gli amici stretti di non esserne emotivamente coinvolta, ne era innamorata, anzi, che lo amava. Ma la domanda principale che ci potrebbe porre, allora sarebbe: come si può pensare di “amare” una persona solo per le forti sensazioni che ti dà e dato, senza contare a quante volte ci ha strappato il cuore dal petto per i suoi sbagli, per i suoi comportamenti infantili e le parole sarcastiche e pungenti che non meritiamo? Al di là di queste domande, Monnie era così accecata da quelle forti sensazioni vissute sin dall’inizio per e con Nik, che anche la rabbia, la gelosia e la solitudine che derivava dalla sua continue assenza volontarie,  le davano lo stimolo per non mollare e credere fantomaticamente che  fosse la persona giusta. Ma si può scappare dalla persona giusta? Di sicuro , Monnie non lo era per lui visti i suoi atteggiamenti distaccati, ma in realtà Nik sapeva bene perché fuggiva. Non scappava da lei in quanto Monnie, scappava da lei perché la paura di innamorarsi era vibrante sotto la sua pelle ad ogni loro incontro e lui non voleva viverle più quelle emozioni anzi, le detestava quindi automaticamente lui detestava Monnie. Il sesso è un buon compromesso tra l’amore e il freddo distacco emotivo: la passione dell’atto erotico culmina con una serie di movimenti meccanici, invece fare l’amore lo fai con il respiro, con il tocco, con la voce, con l’amore.
Monnie conosceva ben poco Nik, ma lo amava abbastanza da perdonargli il suo freddo distacco, convinta che all’amore si rispondesse solo con l’amore, mentre lui usò l’indifferenza.

Dopo circa u paio di giorni dalla domenica della scampagnata, Monnie iniziò ad accusare alcuni fastidi all’addome. Dapprima non se ne preoccupò e cercò di regolarsi nella dieta e diminuì il vino rosso, ma i dolori non scomparvero e cominciò a parlarne anche con Jovy, la quale con un sogghigno le consigliò di farsi visitare da Nik, visto che era molto più immediato poi perché comunque molto bravo nel suo lavoro. Tanti interrogativi e ripensamenti,  quando alla fine l’unica cosa da fare era chiamarlo per fissare un appuntamento, da paziente questa volta.
Poiché il coraggio di sentire nuovamente la sua voce sbiascicare degli asettici “ ciao come stai” Monnie non l’aveva più, decise di inviargli un sms, telegrafico e preciso senza alcuna emotività. Qualche ora dopo, lui la richiamò e per telefono lei gli riassunse i suoi sintomi così da spiegargli il motivo di tale incursione o forse voleva sincerarsi che quella telefonata non fosse servita per altri scopi. Questa volta Monnie stava male davvero, niente di grave,  lui la visitò scrupolosamente. Certo, l’imbarazzo tra i due era palpabile: entrambi se la ridevano, Monnie soprattutto perché non appena lo guardava se ne innamorava di più. La sua voce, il suo respiro, il suo modo i cui la guardava e quel suo balbettare dolce che la faceva impazzire. Si, impazzire di un amore che non ci sarebbe stato mai.

sabato 16 novembre 2013

L'ultimo volo Cap.5


Capitolo Quinto
SWEET NOVEMBER
(parte terza)

Passarono una decina di giorni quando il solito Piek, che era legato a Monnie da un affetto fraterno, le aveva proposto di unirsi a lui in una scampagnata, a casa di uno di quei ragazzi che lei aveva conosciuto alla festa di Halloween, giusto per farla distrarla un po’, perché, per quanto lei non ne parlasse con nessuno, eccetto la solita Jovy, le si leggeva in viso che felice non era. Magari qualcuno poteva pensare fosse a causa della rottura della storia con Fabien, ma di lui non c’era mai stata traccia nel cuore di Monnie. Quella domenica mattina di metà Novembre il cielo era plumbeo e i raggi di sole facevano fatica a trapelare, la temperatura era insolitamente mite e gli occhi azzurri di Monnie erano avevano lo stesso color del cielo di Giugno, sereni e lucenti come sempre. In macchina con Piek c’erano altre due simpatiche ragazze, appena conosciute, con le quali avrebbe avrebbe trascorso una bella giornata. Così, non appena arrivarono, non appena Monnie uscì dalla macchina di Piek, il ritmo cardiaco era completamente impazzito e le sembrava di non riuscire più a parlare: che ci fosse anche Nik, lei non se lo era  neanche chiesto, ma la sua anima le stava confermando tutto l’opposto e da quel momento in poi, anche le sue speranze di essere trattata come “un’amica” cominciarono a trapelare nei suoi occhi, che improvvisamente iniziarono a brillare.
Non ancora consapevole della sua reazione, semmai ci fosse stata, Monnie, che era stata una delle prime ad entrare in quella casa in cui si sentiva già aria di festa, trovò Nik nei pressi dell’entrata. Come al suo solito, il giovane medico rimase con lo sguardo bloccato negli occhi di Monnie, a bocca aperta, con il cuore che gli batteva. Forte. Non fortissimo come per Monnie, ma il suo sillabare quando la salutò, le diede la certezza che indifferente non era. Ma perché quelle emozioni? Può solo l’imbarazzo di una storia di sesso che hai chiuso da mesi a far palpitare il cuore?  Quanti interrogativi aveva Monnie.
Nik la guardava, le girava accanto, la scrutava e intanto faceva finta che fosse una delle tante in quella situazione. Mentre camminava, parlava con altre, beveva e mangiava, la osservava e notava  i suoi sorrisi e la sua facile propensione ad essere dolcemente amichevole con tutti. Lui, nascosto dalle sue stesse emozioni, non faceva altro che puntare su quegli occhi azzurri, tanto che adesso era Monnie ad essere spiazzata: perché così tanti sguardi diretti ed inequivocabili? Quali messaggi erano veicolati? Intanto lui fuggiva, le stava lontano, ma Monnie non era interessata a rincorrerlo nuovamente, in fondo lei era emotivamente serena, seppur eccitata, e voleva sorridere al mondo e dimostrargli che, comunque, lei stesse bene, anche senza di lui! Era a suo agio in quell’ambiente, si muoveva tranquillamente, parlava e rideva con tutti, con Piek e soprattutto con una delle ragazze che erano venute in macchina con Piek, una certa JeiJei. Una ragazza tutto pepe, esuberante, amichevole, che era in quel giro di persona da qualche anno e conosceva bene quasi tutti, e anche il “suo” Nik. Proprio riguardo a stupidi commenti femminili sull’aspetto fisico di qualche ragazzo, JeiJei si lascò sfuggire un apprezzamento ammiccante nei confronti di Nik, intuendo Monnie che non le era indifferente. – Guarda, tra ci sono tanti ragazzi carini, tra cui Luk, ma in fondo, anche LUI non è male, anzi-  disse a Monnie nel momento in cui Nik passò davanti a loro e continuò – inoltre lui sembra più affidabile-. Nessuno, nessuno tranne loro due sapevano ciò che avevano passato. A quella battuta di JeiJei, Monnie rispose con un espressione di sufficienza: era abbastanza sufficiente non destare sospetti ma vivere tutto in silenzio, non per vergogna bensì per pudore e per non pubblicizzare quell’amore infranto, nella speranza che tale riservatezza l'avrebbe premiata. C’era anche Josep. E mentre parlavano , Nik da lontano puntava a loro, incuriosito, impaurito o chissà, Josep era invece propenso alle relazioni sociali e poi, aveva sempre la battuta pronta e metteva allegria. Monnie gli chiese anche di Lauren, vista questa nuova ed assidua frequentazione e lui rispose che lei sarebbe dovuta esserci ma che per alcune ragioni alla fine aveva optato di non venire alla scampagnata. Un altro tuffo al cuore per Monnie: se ci fosse stata la saccente vipera avrebbe trascorso tutto il tempo incollata a Nik da finta amica, e lei lo sapeva: li aveva visti quella sera della festa in maschera come lei lo comandava a bacchetta! Ebbene sì, Monnie era molto gelosa, in fondo,  non tanto se i due avessero o no avuto già un “qualcosa” tra loro, ma per il rapporto di intima complicità che lei non aveva più.

Quando a Marzo Nik e Monnie si conobbero, durante la festa del fidanzato di Jovy, entrambi furono colpiti da un sentimento indescrivibile, nel senso un sentimento non letteralmente indefinibile. Fin da subito, Monnie si sarebbe dovuta accorgere in quale mare sconfinato di problemi si stava per immergere! Eppure lui sembrava così interessato a lei sin dall’inizio di quella conscenza che le aveva fatto ben pensare. Addirittura, lui chiese di Monnie qualche giorno dopo a Jovy. Supposizioni, speranze, forse la sua era solo curiosità, quella  di aver conosciuto una ragazza molto perspicace, che in pochi secondi aveva già capito tutto di lui: solo dal nome e dal suo cognome Monnie era risalita alle sue origini paterne, così per intuizione logica,  visto che suo  padre era originario della sua stessa zona. Inoltre quella famosa sera del festino, Monnie aveva forse esagerato con il vino ed era particolarmente allegra, sicuramente meno introversa e seriosa di come poteva essere in realtà e quindi più propensa a relazionarsi, soprattutto con quel giovane dallo sguardo magnetico e dall’ aspetto da bravo ragazzo, che però, in realtà, le avrebbe spezzato il cuore. 
Chi l’avrebbe detto che l’amore avrebbe reso tutto più complicato? Ecco, adesso dov’era la complicità tra Nik e Monnie, quella sera del party della specializzazione di Monnie, a cui prese parte insieme a  Josep,  sconosciuti sino a 13 giorni prima? Quante volte avevano parlato e riso insieme, e soprattutto quante foto sono rimaste a Monnie, di quella sera, di quei suoi sorrisi a cui adesso lei non sapeva dare nome.

venerdì 15 novembre 2013

L'ultimo volo Cap.5


Capitolo Quinto
SWEET NOVEMBER
(parte seconda)

Ormai quei destini si erano incrociati nuovamente, forse il fato non aveva proprio agito da solo, ma Monnie era davvero decisa a non perdere Nik per nessuna ragione al mondo. Così, dopo essersi visti, entrambi sapevano che sarebbero salutati, parlati e nessuno dei due avrebbe riaperto le ferite inflitte in estate, perché in fondo, chi avrebbe avuto ancora il coraggio di parlare di ciò che si era consumato tra loro, tra le lenzuola?
Monnie era comunque felice, trepidante, allegra con un filo di malinconia nel cuore: aveva tutta la sala sott’occhio, con lo sguardo ammiccante controllava tutti gli spostamenti del giovane medico, e soprattutto se Lauren era lì con lui e con Josep. Ultimamente la ragazzina arguta dal caschetto biondo era diventata onnipresente nella comitiva di Josep,  e Monnie sapeva bene il perché. Una volta accadde, a casa di Seth e Monnie, che Lauren parlasse del più e del meno con Monnie, e che le  chiedesse espressamente di come fosse finita tra lei e Nik. Monnie allora, confermando nella sua testa tutti i suoi sospetti nei confronti della biondina ossigenata, rispose vagamente dicendole che loro erano solo amici e che lei stava con un altro uomo, Fabien. L’espressione che fece Lauren era chiara: dentro di sé sapeva che aveva una possibile rivale in meno e che poteva fiondarsi su Nik. Già, proprio fiondarsi e così fu. Di ciò che successe tra Nik e Lauren, Monnie non lo seppe mai, se fu solo sesso o “amore”, ma se lo immaginò tante volte e dentro di sé doveva trovare la forza di sopportare il tarlo della gelosia e l’unica cosa che poteva fare era quella di osservare e di vedere se loro due uscissero insieme come coppia o come nulla. Poteva sopportare l’idea di essere stata “sconfitta” da una bassa-vipera-acida-rinsecchita-ossigenata-falsa-ipocrita ragazza di ventinove anni? Ecco, Monnie pensava questo della tipa tanto cara a Seth, ma con la quale lei non aveva mai legato, pur essendo anche una vecchia collega di corso quando Monnie frequentò un anno presso la sua stessa facoltà insieme a Seth.
Quella sera, intanto, Lauren non era presente e Monnie almeno ne era contenta. Una in meno, pensava. Lui indossava una camicia bianca, una giacca color cammello che contrastava con il marrone profondo dei suoi occhi, un paio di jeans blu scuro e mocassini nocciola. Il suo stile, i suoi movimenti, il suo fare elegante, il suo profilo e quelle labbra: Monnie ne era tremendamente ipnotizzata che quasi non riusciva a credere di aver baciato quelle stesse labbra che avevano pronunciato quelle taglienti parole a luglio, e nonostante tutto, lei lo amava ancora.
Le luci fioche della sala, la musica ad alto volume e alla fine si salutarono, perché anche evitarsi non sarebbe servito a nulla. Tutto accadde perché Josep incrociò lo sguardo di Monnie e degli altri ragazzi dell’associazione, tra cui Piek. Due baci accennati nel saluto, lei percepiva l’imbarazzo di Nik, palpabile nelle suoi gesti e movimenti, mentre i suoi occhi brillavano. Brillavano, come quando gli occhi sono pieni di emozione, ma lei non disse niente e cercò di trattarlo come gli altri, anche se il suo cuore stava esplodendo e le parole le uscivano a malapena. Lui, con tono scherzoso, le chiese “ Ma come sei vestita stasera? Di cosa ti sei vestita?” mentre lei, con un eccesso di sarcasmo, a causa delle sue stesse incontrollabili emozioni,  rispose “Beh, tu cosa pensi? E’ abbastanza chiaro,no? Da strega!”. Poi le si rivolse ad un altro amico della sua comitiva e diede a lui le attenzioni che avrebbe voluto dedicare a Nik, perché stava diventando ingestibile quel dialogo tra loro: troppe spaccature, troppa rabbia e lacrime non espresse, ma Monnie non se ne rendeva conto e neanche lui con lei.

Dopo quelle fugaci parole di cortesia, ognuno riprese la sua comitiva e si allontanò,  chi nella sala, in pista a ballare, chi invece a prendere ancora qualche cocktail al bar. Monnie , Piek e gli altri nuovi conoscenti decisero di andare a ballare e per lei fu un toccasana per i suoi poveri nervi, tutti rizzati dalle emozioni contrastanti che solo Nik sapeva creare. Non amante di feste e festini, Nik aveva scelto invece di trovare qualche posto tranquillo per parlare e conversare con i suoi amici. Capitò ancora, durante lo svolgimento della serata, di tornare ad incrociarsi con gli occhi, ma ogni volta Monnie li abbassava: vedere in lui qualcosa che non concretizzava in azione,  faceva male, dentro. Poi, mentre si ballava tutti quanti nella sala centrale del locale, ecco che spuntò Lauren, come un fungo velenoso! Probabilmente nessuno si accorse dell’espressione sconvolta di Monnie quando vide Lauren, ed addirittura lei la venne a cercare per salutarla insieme a Josep, quasi come per farsi perdonare una presenza non gradita. Inutile dire che poi, la tipa si attaccò stile “cozza sullo scoglio” agli amici di Josep, a Nik in primiis, come era scontato che fosse. Monnie osservava attentamente ogni singolo spostamento di Lauren, li controllava come fossero ladri e tra se e se non riusciva a credere come quella ragazza avesse potuto essere presente in quella situazione! Purtroppo la gelosia tira fuori parti di noi che non conosciamo nemmeno e questo Monnie non lo sapeva ancora. Poi ancora, nella confusione e nella penombra Monnie vide Nik che cercava di attacare bottone con un’altra ragazza, e si chiedeva perché, per quanto non fosse così distante da lui, perché lui non la cercasse, anche solo per parlare? Improvvisamente era diventata così repugnante  per lui, da evitare come la peste? Quando la serata finì e molti ragazzi andarono via, Monnie trovò ancora Josep e Nik  che si intrattenevano con altre ragazze. Si salutarono, poche parole e Monnie tornò a casa. Silenziosa, infranta, sconfitta: non sembrava poi così dolce questo inizio di Novembre. 

domenica 10 novembre 2013

L'ultimo volo Cap.5

Capitolo Quinto
SWEET NOVEMBER
(prima parte)

Voltata pagina, di Fabien rimaneva solo un numero di telefono , qualche regalo di poca importanza, il ricordo di cene noiose e di baci mediocri. Ovviamente questa era la versione di Monnie. La versione ufficiale, invece, era l’incompatibilità di carattere, la differenza di età e divergenza di opinioni riguardo al loro rapporto appena nato. Era il 26 di Ottobre, quando Monnie litigò per futili motivi con l’aitante ortopedico e colse l’occasione necessaria per lasciarlo, non potendo rinfacciargli il fatto che non lo amava, che non era innamorata tanto da salvare quella relazione e che, in fondo, lei amava un altro. Si liberò di un peso, un peso emotivo sulla coscienza, come se stesse facendo un torto a Nik, che non sapeva nulla di ciò che lei avesse vissuto e fatto in quei mesi di silenzio. Altre volte Josep aveva incontrato casualmente Monnie, in giro per la città, e qualche volta lei era proprio con Fabien accanto, ma il silenzio di Nik era impenetrabile, fino al giorno in cui lei lo sentì per augurargli buon compleanno.
Non appena qualche giorno dopo, archiviata già la sua breve relazione col medico, Monnie era tornata alla vita di sempre: il lavoro, le serate a vagabondare tra le i locali trendy della città e  gli inseparabili amici. E proprio uno di questi, l’amico inseparabile del liceo, Piek invitò Monnie ad una festa di Halloween, perché sapeva della sua recente storia infranta e perché accumunati dalla voglia di partecipare ad una festa danzante, organizzata da lui e da altri  giovani ragazzi, professionisti e non, di quella “famosa” associazione di cui faceva parte anche Nik. 
Monnie sapeva, immaginava, sperava, voleva rivedere Nik, e capire quello che già in fondo al cuore sapeva , ovvero se incontrarlo dopo tanti mesi le avrebbe fatto lo stesso effetto. Così, quella sera del 31 di Ottobre, a quella benedetta festa, Monnie era finalmente giunta al “grande passo” e si sentiva carica. Nik, in cuor suo, non si aspettava di incontrala in quella occasione, e si trovò spiazzato, imbarazzato, forse semplicemente sorpreso.
Monnie si trovava dentro il locale che parlava tranquillamente con Piek, dal quale non riusciva a staccarsi perché, si sentiva così fuori luogo in quel posto in cui non conosceva nessuno, per quanto  Piek la presentasse a buona parte delle persone che si trovavano lì e pensava a come la ragione di tutto fosse consciamente incontrare, lui.

Non appena lo intravide,  da uno spiraglio del portone di ingresso, Monniè raggelò in quella già fredda sera di fine Ottobre ed una sensazione di panico le assalì l’anima: le gambe le cominciarono a tremare, lo stomaco si chiuse ed non riuscì  a bere per almeno una ventina di minuti quel cocktail di rum e cola che stava allegramente sorseggiando in compagnia di Piek. E lui ancora non l’aveva vista, e solo dopo essere entrato si rese conto della sua presenza. Sentì allora qualcosa dentro di sé, una sensazione che non gli apparteneva, qualcosa di insolito che gli premeva leggermente il cuore. No, non si aspettava di rivederla, soprattutto in quell’occasione…e adesso? Pensava “cosa le dovrò dire mai? Cosa mi vorrà dire mai? Tornerà a cercarmi e dovrò evitarla? Ma perché dovrei evitarla? Certo, stasera è proprio molto bella, seppur sembra così travestita. Ma da che cosa?” . 
La notte delle streghe era appena cominciata e quasi tutte le ragazze avevano costumi spaventosi, mentre Monnie aveva scelto un abitino corto color melanzana ed un trucco davvero spettacolare, con tanto di finta cicatrice sul collo, realizzata da Seth, prima di uscire di casa. Nik era non molto lontano dal punto in cui era Monnie,  e di colpo occhi negli occhi. Si scambiarono degli sguardi che nella penombra sembravano fulmini irridiscenti, e tutto intorno a loro non esisteva più. Silenzi, sguardi silenziosi che annullavano il frastuono della musica nella sala e una distanza minima che sembrava essere kilometrica. Loro due bloccati per qualche secondo, ebeti e stupidi: quanti passi avrebbe potuto fare Monnie prima che Nik fuggisse di nuovo? E quanti ne avrebbe fatti lui  verso Monnie, prima di cambiare direzione, per paura dell’amore?

martedì 5 novembre 2013

L'ultimo volo Cap.4


Capitolo Quarto
LE STAGIONI DELL'AMORE
(parte terza)

Non appena Fabien ritornò, rinconttatò subito Monnie e lei non si tirò indietro. Aveva deciso di vivere la possibilità di amare e di essere amata di nuovo con un uomo, non più con un adolescente. Nel frattempo Nik continuava a lavorare, a vedersi con Josep ogni tanto, e a vivere nel silenzio più assoluto. Sembrava quasi lui non lasciasse traccia e nessuno in lui, eppure a Monnie ci pensava ogni tanto: gli mancava qualcosa, ultimamente, e non sapeva la natura di questa nuova sensazione perché di donne dai costumi facili ne poteva avere tante, di ragazze piacenti che erano piuttosto brave a vincere sui  sentimenti e magari pensava che anche Monnie ne facesse parte. Ma quando, dopo quella loro conversazione supplichevole di luglio , capì la vera natura di quella giovane ragazza, Nik ebbe paura di mostrarsi per quello che era e non era più stato capace di parlarle in piena libertà, sapendo adesso che lei ne avrebbe sofferto, perché lei non era come le altre, lei si era innamorata e lui non era ancora pronto all’ amoreDelle ragioni per cui questo accadde, Nik le ignorava, in fondo non si conoscevamo bene e non sapevano ben poco l’un dell’altro, ma adesso era capace di leggere nei suoi sguardi, di capirla, seppur di non amarla, almeno consciamente. 
Reduce da una cocente delusione, Nik era stato fidanzato ai tempi in cui era uno studente universitario con una collega di corso, con la quale aveva condiviso tutto: sogni, passioni, aspirazioni per circa cinque anni. Poi l’idillio si interruppe il giorno della laurea in medicina di Nik in cui lei lo lasciò, su due piedi, senza spiegazioni, anzi la spiegazione la ebbe qualche mese dopo, quando seppe che lei era andata via in un’altra città, con un altro uomo con il quale si sarebbe da lì a poco sposata e da cui avrebbe avuto a breve anche un figlio. Il carattere molto introverso di Nik non lasciava trapelare all’esterno la forte sensazione di fallimento emotivo che ebbe, ed il suo orgoglio era tanto forte da nascondere la delusione e trasformarla in azione per la fase successiva, quella di entrare nella scuola di specializzazione medica che aveva scelto. Enigmatico, complesso, impaurito, emotivamente fragile, forse molto più di Monnie. Era di questo di cui aveva paura? Era questa la vera paura per Nik? Legarsi emotivamente ad una persona, rinunciare per essa alle proprie aspirazioni ed al proprio tempo, per poi piombare nella paura dell’abbandono e perdere ciò che si era costruito? Monnie sapeva a malapena dell’unica storia d’amore di Nik, ma non conoscendolo in fondo, non riusciva a darsi delle spiegazioni e cercava di darsele, cercando di fondere insieme la razionalità delle sue supposizioni e le dimostrazioni emotive di entrambi ad ogni incontro. Ma il silenzio di Nik era troppo assordante per lei, così che lei fece entrare Fabien nella sua vita, di cui sicuramente non era innamorata, ma le piaceva giusto per permettere a lui di uscire con lei, più di una volta, fino al loro primo bacio, non entusiasmante. Un bacio passionale. Ma quanta passione si nasconde quando si baciano le labbra di un uomo che non ami e che fingi siano quelle di un altro? Si sentiva così Monnie, per ogni sguardo e bacio scambiato con Fabien: non sentiva le stesse emozioni che aveva provato per Nik, nemmeno lontanamente, ma sperava che quei sentimenti sarebbero arrivati più tardi e che, magari, quell’eccesso di razionalità che l’aveva spinta a cedere alla corte dell’ortopedico, fosse solo la cura del suo cuore infranto per guarire dalla sua malattia d’amore per quel giovane insensibile.

Monnie e Nik non si sentirono più per diversi mesi, né il fato li fece incontrare più. 
Tutto sembrava andare per il verso giusto. E ci fece anche l’amore con Fabien, sapendo che l’avrebbe aiutata a guarire, perché ogni tanto lei si interrogava ancora: era normale non provare forti emozioni? Forse sì, forse no. Ma fu solo una piacevole attività fisica, qualcosa che non le lasciò niente nel cuore. E così lo fece una seconda volta, con lo stesso finale. Fabien era un uomo, sapeva come farlo, ma c’era qualcosa in lui che non era complementare in Monnie. Inoltre, durante i due mesi di frequentazione lei aveva trovato così tante analogie comportamentali con James, che quasi le faceva “orrore” vivere giorno dopo giorno con il fantasma di quella persona accanto, così decise di lasciarlo. 
Gli errori si pagano con il tempo sprecato e Monnie aveva già perso sei lunghi anni con James che non voleva correre più lo stesso errore. 
Complice di tutto fu il compleanno di Nik. In un giorno di Ottobre, Monnie trovò appuntato sulla sua agenda di lavoro quel memo e non sapeva cosa fare: il panico improvvisamente la assalì. Cosa fare? Perché provare quello smarrimento per il giovane medico pur stando con Fabien? Fargli o no gli auguri? E lui come l’avrebbe presa? Avrebbe gradito o avrebbe fatto finta di niente come al solito? Monnie alla fine si decise: un messaggio di testo al suo numero di telefono, per rimanere discretamente lontana. Ci vollero circa una quaratina di minuti per scegliere le parole adatte per quel messaggio di auguri. “Spero di ricordare bene…tanti auguri! Monnie”. Inviato. E con l’ansia di aspettare una qualche risposta, il resto della mattinata di quel mercoledì di ottobre sembrava non passare mai, quando il telefono squillò. Nodo in gola, tremava tutta alla vista  di quel numero di telefono sul display del cellulare,  ed ogni battito sembrava difficile da gestire, così difficile che si decise a rispondere non appena lui staccò. 
Quante risate si fece Monnie! Una risata sottile le ricopriva il viso e non smetteva di sorridere, ma tremava ancora. Gli fece solo uno squillo, come a dirgli “io sono qui e risponderò”. Lui richiamò, il cuore le batteva forte, ma adesso bisognava rispondere : - Pronto?- disse lei. –Grazie per gli auguri!!- - Ciao, che fai? Non mi saluti neanche?- dolcemente scherzando – Ciao, grazie grazie per auguri! Che fai, come stai?- e poi si parlarono come due stupidi amici che si erano incontrati da poco, come se il tempo non fosse passato e loro fossero rimasti quelli di sempre. Qualche battuta, qualche risata e poi un doveroso saluto ed il suo finale – Ti ringrazio ancora per gli auguri, un abbraccio e un bacio grande, ciao….- parole importanti per Monnie, che le fecero cambiare l’umore per tutta la giornata. 
Aveva mai provato queste emozioni per Fabien? 
Mai. 
Qualche giorno dopo lei lo lasciò.

sabato 2 novembre 2013

L'ultimo volo Cap.4


Capitolo Quarto
LE STAGIONI DELL'AMORE
(parte seconda)


Il caldo di Agosto era appena iniziato e le notti insonni di Monnie erano appena iniziate. Il lavoro, la famiglia, gli amici, le amiche delle serate notturne ed quel loro vagare nei locali eleganti. Fu una di quelle sere che Monnie incontrò Fabien, un medico di successo, alto, magro, un trentaseienne aitante dalla buona parlantina e dal fare sicuro. Il suo viso non era attraente come poteva esserlo quello di Nik per lei, nei suoi occhi castani, Monnie non aveva visto alcuna luce, ma quell’uomo sicuro di sé  la aveva incuriosito non poco. Durante quell’incontro Fabien aveva cercato di fare colpo su di lei e sulla sua amica, che invece non era affatto interessata alla presunzione del medico ortopedico, parlandole di viaggi e libertà, argomenti molto sensibili a Monnie, tali da guadagnarsi anche solo il suo numero di telefono. Una distrazione, una futile distrazione dal dolore per il suo cuore sempre più in frantumi. Nei giorni che seguirono Fabien e Monnie si scambiarono solo brevi messaggi: le ferie lavorative di lui lo avevano portato ad allontanarsi per una ventina di giorni e Monnie riprese la sua estate, dividendosi sempre tra il lavoro e le uscite serali. Una sera, complice il destino, si trovava in una delle serate più gettonate di un giovedì prima della notte delle stelle insieme alla sua amica e la sua comitiva di trentacinquenni insoddisfatti, Monnie era serena e rilassata: sguardi ammiccanti incrociavano i suoi occhi color cielo, e si sentiva amata anche se per pochi istanti, quando ad un tratto, mentre rideva e scherzava, il sguardo cambiò. Inutile capire, riconoscere le sagome di Nik e Josep era troppo facile…ormai le conosceva a memoria! La sua serenità si tramutò in ansia, stupore e tremore: possibile che anche nell’indifferenza lei si sentisse così a causa sua? Persino per uno sguardo negato? Insieme a loro altre due ragazze, probabilmente le stesse ragazze di quella sera di luglio, e la gelosia sembrava scoppiarle in volto: iniziò a tremare ed essere confusa, con una voglia tremenda di cercarlo tra la folla, di toccarlo e di baciarlo. Era amore o solo ossessione? Probabilmente anche lui la aveva notata, anzi,  da non molto lontano i suoi occhi puntarono su di lei, mentre si intratteneva con gli altri vicino a lui. Nik la guardava sornione, vedeva la sua agitazione e la sigaretta fumante tra le sue dita e lo sguardo impietoso di una donna ferita. Poi guardava le sue “amiche”, parlava con Josep senza mostrare emozioni, perché niente in fondo era successo. Nik e gli altri si spostarono ed anche Monnie, fumata quell’ nsulsa sigaretta, si alzò pietrificata ed iniziò a girare per la grande piattaforma affollata insieme alla sua amica, nella speranza di rivederlo senza dare troppo nell’ occhio. Ma non lo trovò. Si accontentò quindi di passare il resto della serata in compagnia di un giovane appena conosciuto, un conoscente della sua amica.

Niente stelle cadenti per esprimere un ultimo desiderio. Il giorno seguente quell’ incontro fortuito Monnie era così amareggiata: averlo visto così indifferente nei suoi confronti la gettava nello sconforto più totale. Non era stato il sesso ad essere rimpianto in Monnie, ma quella confidenza e quell’ intimità nel sentire la sua voce, avergli parlato e sentire le sue vibrazioni accanto. Non era solo il ricordo di aver fatto l’amore, ma di averlo fatto con lui.

venerdì 1 novembre 2013

L'ultimo volo Cap.4

Capitolo Quarto
    LE STAGIONI DELL’AMORE
(parte prima)

Luglio si concluse senza altri colpi di scena. Anzi, l’ultimo atto tra Monnie e Nik si ebbe una serata terribilmente calda, una cena organizzata a casa di Monnie tra diversi amici, tra cui anche Josep, il caro amico del fidanzato di Jovy. Non era molto predisposta, ma cercando di non pensare più alla forte delusione ricevuta, chiese a Josep di chiedere a se anche Nik voleva partecipare ad una serata in comitiva, proprio come prima di tutto, come “amici”. Questa volta però non voleva parlargli o sentirsi un altro rifiuto, quindi lo chiese indirettamente a Josep. Niente aspettative questa volta per Monnie, voleva solo organizzare una serata piacevole,  una cena con i fiocchi per tutti visto che era molto brava dilettarsi in cucina, estrosa e creativa, come nel suo lavoro.
Il menù della cena era pronto, gli ingredienti pure e gli invitati stavano per arrivare. Nel pomeriggio una telefonata sorprese Monnie: il numero di Nik sul display del telefono.
-Pronto?-  gli rispose. – Ciao, sono io. Come va? Che fai?- disse lui. –Scusa, ma chi sei?- mentì Monnie, poiché avrebbe riconosciuto il suo numero di telefono tra le infinte combinazioni di numeri. – Sono Nik. Non mi riconosci?-. 
– Ah ciao Nik, non sapevo fossi tu. Non mi aspettavo che chiamassi-. 
Verità. Monnie non aveva considerato la possibilità che lui venisse lo stesso a quella riunione tra amici, a casa sua, dove aveva messo piede poco più di un mese prima.- Quindi stasera cosa mi farai mangiare?- disse lui e Monnie rimase ancora più sorpresa, sarebbe davvero venuto insieme a tutti? Quella sera vi erano gli amici di sempre, alcune sue colleghe intime di lavoro,  Jovy e il suo fidanzato, altri amici, Josep e Nik. Come se niente fosse successo,  tutto e tutti erano lì a mangiare quelle squisite pennette al pistacchio da lei cucinate. Monnie era molto felice e in cuor suo sperava che le incomprensioni tra lei e Nik si potessero risolvere con una semplice amicizia e che da quella sera ne avrebbe riso insieme a lui, come se in fondo non fosse accaduto nulla tra loro. La serata procedeva bene, tutti si divertivano e sembravano soddisfatti delle pietanze, soprattutto delle pennette, che Monnie non sapeva fossero il piatto preferito di Nik. 
E tra loro, scambi di parole, pochi sguardi, perché Monnie voleva rilassarsi e non decifrare tutta la serata gli sguardi ambigui di Nik, così non appena i suo occhi incrociavano quelli magnetici di Nik, lei spostavava lo sguardo verso gli altri commensali, cercando di stare lontana il più possibile da lui. Si scambiarono qualche battuta, fossero stati sempre amici, come quando Monnie e Josep si parlavano riguardo al numero degli invitati e alludendo al fatto che Nik si fosse aggiunto all’ultimo momento, Josep disse – Ma sei sempre tu! Perché non la chiamavi (riferendosi a Monnie), invece di farla aspettare?- Nik, scherzando, rispose :- Ma io l’ho chiamata!Ti ho telefonato oggi, vero?- rivolgendosi a Monnie e lei rispose subito, sorridendo, :- Certo Nik, quando si tratta di mangiare, certo che mi chiami! – E tutti, si misero a ridere, anche loro che si guardarono, dentro.

Una serata tranquilla, serena, speciale. Alla fine Monnie accompagnò Josep e Nik alla porta, due parole di saluto. Nik scimmiottava con Monnie proprio lì davanti a quel portone, con le stesse luci e lo specchio del mobile di fronte che rifletteva una scena già vista, solo che non c’erano più i suoi baci passionali e la lingerié trasparente di Monnie. Tutto era già diverso, tranne quello che lei provava ancora per lui.

domenica 27 ottobre 2013

L'ultimo volo Cap. 3


Capitolo Terzo
L'ULTIMO VOLO
(parte terza)

Non che lei avesse la presunzione di conoscere a fondo la personalità di Nik, ma in  quelle rare occasioni, aveva apprezzato la modestia e la pacatezza di quell’uomo,  sia caratterialmente sia professionalmente. E raccontare a Monnie persino della sua collezione di monete  antiche e non, di cui lui  andava gelosamente fiero, e dei suoi hobbies…I ricordi di Monnie si mischiavano tra le parole dolci e tranquille scambiate in quelle notti  a quelle taglienti e pungenti dette o scritte, tramite messaggi telefonici, nei giorni successivi e non riusciva a farne che un pentolone di amare menzogne travestite da suadente sincerità. Lei andò in tilt. Credere alle parole buone fa sempre meno male che accettare la sconfitta di essere stata “una tra le tante”, mentre lui “l’unico tra gli altri”, quindi, alla fine di tutto, riprese a respirare e, soprattutto,  a sperare  di non aver sbagliato, credendo in fondo alla matassa di sentimenti contrastanti che le agitavano l’anima.
Anche Monnie non era solita frequentare quegli ambienti così eleganti e pieni di paillette senza anima, ma negli ultimi mesi le uniche persone con le quali aveva ripreso i rapporti, le sue amiche e colleghe di lavoro, erano invece frequentatrici di quei luoghi. Per lei era tutto nuovo, e talvolta, si sentiva a disagio attorno a loro perché tutti erano così falsamente gentili ed amichevoli, ma poi in realtà, così tremendamente soli, forse proprio come Monnie. L’unico motivo che avesse per uscire e gironzolare per quei locali notturni, era quello di incontralo tra i tanti con cui incrociava lo sguardo, inconsapevole di come lui fosse in realtà!
La serata procedeva tranquilla, si sorseggiava il primo drink alcolico, si salutavano vecchi e nuovi amici ed intanto ci si confidava pettegolezzi di amori disastrosi e cuori spezzati. La musica live di un gruppo rock faceva da colonna sonora ad una serata piacevole, piena di aspettative, di speranze. Sognare era facile. Era più difficile scovare tra il buio e le luci soffuse, tra tante persone, il volto e la sagoma di Nik, insieme al suo amico, il gigante buono,  Josep.
 Gli occhi di Monnie si spalancarono, il cuore scoppiò, i battiti li sentiva nelle labbra, non riusciva più a sorseggiare quel long drink dal sapore dolce di vodka e fragola. I sensi le si appannarono e si sentiva quasi svenire e con gli occhi aveva seguito lo spostamento dei due ragazzi e vide dove loro si erano fermati a parlare, con altre due ragazze. Panico e cuore impazzito. Monnie era fuori di sé. Con una scusa banale, con le sue amiche, si spostò dalla pista centrale in cui la band suonava “Radio baccano”, e lei le condusse nelle vicinanze dei due giovanotti, che erano intenti nella conversazione con quelle due ragazze piacenti senza nome.  Una delle due amiche di Monnie, Lauren, la tipa che celava, con le sue ardite domande, il suo interesse per Nik, si avvicinò a Josep, con il quale era diventata nei mesi precedenti molto amica, ed iniziarono a parlare e parlarsi. Monnie recitò un copione non suo: facendo finta di ritrovarsi, per pura causalità, nelle loro vicinanze, si mostrò sorridente e loquace mentre l’unica cosa che realmente avrebbe voluto fare era quella di gridare la sua frustrazione, prendere Nik per mano, baciarlo, amarlo ed odiarlo contemporaneamente. Quindi iniziò a conversare con Josep, con il quale era molto più semplice entrare in confidenza e poi, ogni tanto, con finta indifferenza, cercava di interloquire con Nik, mostrandosi serena. Solo in apparenza. Fino a quando ebbe il coraggio di rivolgersi a Nik .
 - Senti, che dici? Parliamo un poco? Visto che sembra che tu fuggi, almeno sei qua. Posso rubarti il tuo amico per qualche minuto?- chiese maliziosamente a Josep, sapendo che lui avrebbe annuito. Infatti così successe, ed anche Nik accettò, tranquillamente. Si allontanarono, non troppo, lei si avvicinò alla ringhiera della scaletta in cui si trovavano e lui di fronte a lei. Finalmente. Nik indossava una polo bianca, una paio di jenas, sempre molto elegante nel portamento,  il viso da bravo ragazzo ed uno sguardo magnetico a cui Monnie non sapeva resistere, ma doveva riuscire, si era promessa di riuscire a leggere se nei suoi occhi e vedere se sarebbe stato sincero o avrebbe mentito.
-Beh, forse è meglio parlarne di persona. Cose è successo tra noi? Cosa siamo? Ed anche se io lo so, vorrei che me lo dicessi tu.- iniziò Monnie, che si sforzava di non tremare, né con la voce né con il corpo, mentre dentro era tutta tempesta ed uragano. Lui si avvicinò a lei, la guardò ed iniziò a balbettare e sbattendo veloce le palpebre le ripose : - Amici, siamo amici.-  Lei lo guardò negli occhi e disse :- Ah, amici. Vero, amici. Quindi tu vai a letto con tutte le tue amiche. Uhm. No, perché io non ci vado a letto con i miei amici.- "Monnie adesso guardava altrove, verso il pavimento, verso il mare nero, o verso la folla che si agitava nei balli. Poi verso di lui con uno sguardo che chiedeva pietà, rispetto ed amore per essersi così esposta chiaramente. Ed lui continuò: - Ma tu cosa vuoi?- Ed anche i suoi occhi cercavano pietà.
– Cosa voglio? Io?Cosa posso volere!Ascolta, tu lo sai che mi piaci davvero, e che ti trovo una persona interessante. Quello che voglio è  conoscerti meglio, uscire con te…-
 Nik, spiazzato, rispose: - Io non voglio una relazione, non voglio. Io voglio essere libero, fare quello che mi pare, non sono pronto ad una relazione. Sono stato fidanzato cinque anni e adesso sto bene!-
 Monnie, che aveva saputo da Jovy qualche informazione sull’unica storia importante di Nik, gli disse.- Di cosa hai paura? Hai paura di essere mollato?- E lui si girò, cambiò il tono della voce e il suo sguardo si caricò di un emozione che Monnie non riuscì a decifrare:
-No,ma quale! L’ho lasciata, perchè era troppo asfissiante. Ecco, voglio essere libero, non voglio fidanzarmi. Guarda, non è per te, anzi tu sei molto bella, ed appunto per questo, io evito di uscire perché poi…- Monnie si aspettava che lui continuasse quel pensiero, ed invece si fermò, guardò verso il basso e …Così Monnie gli disse ancora : - Io non voglio una relazione con te…Tu mi piaci vorrei solo uscire con te per conoscerti meglio. Io non ti conosco, può essere che io non ti piaccio o che tu non mi piaci, non lo sappiamo se non ci proviamo!Di che cosa hai paura?- . Nuovamente Monnie supplicava gli occhi di Nik, in attesa di una speranza, e si chiedeva perché ne vedeva una  in fondo ai suoi occhi?

- Si, ho paura. Non sono pronto, ma non per te, con nessuna…- . Silenzio. Pausa. Poi, cambiarono discorso,  ed accennarono al fatto che nell’associazione in cui faceva parte Nik vi era anche un dei migliori amici di Monnie. Parlarono per pochi minuti ancora. Risero entrambi a denti stretti: c’era una forte tensione che li teneva così lontani a pochi centrimetri di distanza. Come avrebbero potuto parlarsi ancora? Quanto amaro in quelle parole…e quanta sincerità nelle parole di Nik. Tutto doveva finire lì, per Monnie. Si salutarono, lui normalmente mentre Monnie rimuginava già tutte le sue parole…Lui sembrava adesso più rilassato. Lei invece nascose tutta la sua tristezza in quella foto scattata dal fotografo del locale, non appena lui la vide da sola : quale sorriso avrebbe mai celato il suo cuore spezzato?

giovedì 24 ottobre 2013

L'ultimo volo Cap.3


Capitolo Terzo
L'ULTIMO VOLO
(parte seconda)


Ed intanto anche luglio stava per volgere al termine, con ancora tanti dubbi in Monnie. Giorno dopo giorno, tra le giornate a lavoro e quelle passate a mare con gli amici, la sua vita sembrava procedere regolare: gli amici, Seth, Jovy  e le amiche delle serate “chiccose” in giro per la città. Cosa le poteva mai mancare? Eppure sul suo viso non c’era spazio per i sorrisi: la frustrazione per Nik era sempre tanta, come colla che non riesci a strappare, indelebile come un marchio a fuoco sulla pelle. Ma accadde l’imprevedibile. Un sabato sera, proprio quando si solo voglia di vivere il presente e di guardare oltre, Monnie si era organizzata per trascorrere una serata in compagnia di due amiche di Seth, che ormai da tanto tempo frequentavano la loro casa, coetanee ed entrambe single. Una di queste ragazze, dalla corporatura minuta ma dalla lingua feroce, conosceva bene ciò tra Monnie e Nik si era venuta a creare ultimamente e, in altre occasioni a casa di Seth, proprio lei le chiese, con una certa aria malvagia di chi cerca di scoprire qualcosa senza dare nell’occhio, di come la storia tra lei e Nik si evolvesse, come se le importasse davvero…di lui soprattutto!

Quella sera, quel 21 di luglio, il trio formato da Monnie e le altre due ragazze scelsero una serata modaiola, in uno dei più rinomati nightclub estivi della città, dove era facile incontrare molte persone. 
Nik non era un frequentatore di quella tipologia di serate mondane : il suo carattere taciturno ed estremamente  riservato si scontrava con la sua voglia di emergere e di frequentare associazioni importanti insieme ad altri giovani colleghi medici, per cui si sforzava di farne parte e di partecipare alle attività, nella speranza che questo gli desse la visibilità necessaria per raggiungere il suo obiettivo professionale e per potersi affermare nella società alto-borghese della città. Esteriormente, il suo modo gentile di porsi gli garantiva il  minino di  rapporto sociale  con gli altri, ma chissà quali paure di sentirsi inadeguato doveva macinare dentro di sé, in quell’ambiente così costituito da gente per lo più falsa ed egoista. Cosa ci faceva lui in mezzo a loro?

sabato 19 ottobre 2013

L'ultimo volo Cap.3

Capitolo Terzo
L’ULTIMO VOLO
(parte prima)


Ci furono altri incontri tra Nik e Monnie. D’amore o di sesso, a seconda dei punti di vista. Ma giugno volò così veloce che nessuno capì cosa fosse mai successo: avevano mischiato l’amore ad un qualcosa che si chiama passione, brivido ed indifferenza, la stessa che sembrò manifestare lui nei giorni successivi aver fatto l’amore con lei. 
Monnie era molto brava a giocare con la fantasia e, nella mente e nel corpo, era capace di rivivere tutti quei momenti di intimità con lui e la sua razionalità rimaneva soffocata dal rimorso di aver ceduto all’Amore, scavalcando tutte quelle leggi sociali a cui lei si era da sempre ispirata per la sua condotta morale, ma in fondo ella si ripeteva tra sé “Cosa c’è di immorale in ciò che ho fatto se io sono innamorata di Nik?” . Cosa c’era mai di immorale nell’amore? Forse era di questo che si preoccupava Nik, che l’amore che provava per lei fosse morale, fosse la trappola per la sua vita in corsa per la sua realizzazione personale di giovane medico, che doveva contare solo sulle sue capacità e delle sue poche risorse finanziare per affermare se stesso, come uomo e come professionista. E dove finirono tutte quelle parole buone e dolci che si scambiò con Monnie, in quei rari frangenti di pausa tra un bacio e l’altro? E cosa dire degli abbracci, dei sospiri, dei sibili di godimento scambiati in quella stanza? Quale vento porterà mai via il ricordo di un qualcosa che sembrava vero in quelle notti? Monnie era in parte consapevole che quel rapporto così iniziato non avrebbe avuto un decorso facile, ma poteva mai immaginare che lui si sarebbe addirittura tirato indietro, evitando ogni forma di comunicazione con lei. Panico, terrore ed confusione in lei: era la prima volta che Monnie si ritrovava in una situazione non definita come questa. Si sentiva amareggiata, delusa, sconfitta ed ancora innamorata dei suoi occhi marroni, così intensi da morirci dentro ad ogni sguardo fortuito. Intanto l’estate galoppava e Monnie, giorno dopo giorno, faceva i conti con la sua anima, camminado a testa alta e cercando di sopravvivere alle sue frustrazioni, una volta concentrandosi sul lavoro e a volte sfogandosi con la sua amica Jovy, la quale era al corrente di tutto cercando di sviscerare tutte le sue emozioni, per fare chiarezza dentro di sé. Tentativo inutile. L’unica cosa chiara era che lo amava, nonostante tutto l’odio e la forte delusione nel cuore. Perché? Perché mai tutto questo tormento per un uomo che si comportava ancora come un bambino?