martedì 31 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.8

Capitolo Ottavo
DENTRO A MIEI OCCHI
(parte prima)

Quando Monnie si trovava sola  sdraiata sul suo letto, guardando le pareti della sua camera da letto, riusciva a leggere la storia dei suoi ultimi dodici mesi passati in quella nuova casa, dopo la separazione da James ed i  mesi di convivenza con lui. Come sorpresa, notava come quelle pareti bianche attorno a le si fossero riempite di foto, di attimi, di ricordi che aveva già rimosso e sovrapposti ad altri, soprattutto nella parete sulla sua sinistra. Un parete ampia, bianca, con adesso alcune foto del suo ultimo viaggio all’estero, poi il piccolo calendario vintage con immagini di rare piante e fiori accanto al grande calendario, che le ricordava inesorabilmente di come gli  eventi fluiscono. Andando avanti con lo sguardo   c’era l’interruttore doppio del lampadario, la porta antica della stanza e proseguire nella parete di fronte, il radiatore per scaldare le notti gelide di Monnie, e sopra le sue foto, i suoi amici, e gli attimi di allegria del suo party di specializzazione. Poi la grande credenza che rendeva particolare tutta la stanza con i suoi oggetti: quelli  colorati di uso quotidiano, gli strumenti del trucco, i profumi, i suo monili, i ricordi e gadget sparsi, i suoi calici da vino, i fiori finti che illuminavano la stanza, la sua macchina fotografica professionale. Proseguendo, alla fine della grande credenza, un’altra parete bianca, qualche piccolo quadretto senza importanza. Ad angolo c’era la piantana nera che aveva illuminato dolcemente anche il viso di Nik. La parete di destra, a partire dalla piantana, era interrotta dall’unica grande finestra che accoglieva le tende velate, che incorniciavano la grande scrivania di legno ed il piano in vetro nero su cui erano poggiate le chiavi, il laptop e i libri mai letti. Continuando ancora si vedeva uno scorcio di parete bianca con appesa fogli con frasi incoraggianti e il piccolo armadio di Monnie. Alzando gli occhi verso la parete dietro lei, riusciva a vedere le sue stelle viola, alternate in un disegno casuale con le foto dei suoi grandi occhi blu, che Seth aveva scattato per lei, ed alcune foto di fiori e paesaggi che aveva fotografato durante il suo viaggio in Africa, ai primi di Giugno, viaggio nel quale espresse “quel” desiderio, che la stella cadente realizzò poche settimane dopo. Inutile dirlo ma quel desiderio era Nik, e si avverò…anche se con risvolti che Monnie non capì mai, perché non c’era logica dietro i comportamenti del medico, ma solo paura di tornare ad amare.

L'ultimo volo Cap.7

Capitolo Settimo
IL GIOCO DEL SILENZIO
(parte seconda)

Imbarazzata, ma decisa, inviato. Non era tanto lontano, era da poco andato via, se avesse voluto sarebbe tornato indietro, perché lui non tornò.

Intanto lei salì a casa,l’ascensore e poi il portone di casa ed entrò con il cuore in gola, ad aspettare un messaggio di risposta: se non poteva averlo perché lui non era innamorato quanto lei, voleva almeno averlo carnalmente, perché era tanta la voglia di far l’amore con lui. Ecco, lei voleva “farlo” di nuovo l’amore, non consumarlo e sapeva anche che il minimo tocco con lui sarebbe equivalso a farlo. Così, iniziò a spogliarsi per casa, poi nella sua stanza, iniziò ad amarsi tra le sue lenzuola aspettando una risposta…Poi il rimorso, la paura della figuraccia, paura dell’essersi esposta ancora ed un altro messaggio per scusarsi, per ribaltare la situazione, perché il silenzio di Nik era un profondo e lancinante “No”.
“Mi sono resa conto adesso che ho inviato un mess alla persona sbagliata! Sorry buonanotte” ed ancora desiderava lui nel letto. Qualche minuto, Monnie che tristemente lo pensava lo voleva accanto e la sua chiamata : “ Pronto, e…”, stava per iniziare “Ohi Nik, mi devi scusare ma ho sbagliato ad inviare il messaggio, tra il sonno e il mal di testa, il vino, mi sono accorta che l’ho inviato a te e non al mio amico Ninos…”, lui, dal tono gentile e rassicurante, “dai, non fa niente, sarà il sonno e la stanchezza. Ho letto il messaggio adesso che sono arrivato a casa…”. Quella voce, quelle parole, quante cose avrebbe voluto dirgli ed invece le solite battute, ed ancora peggio, le solite scuse. Telefonata chiusa e Monnie aveva voglia di sprofondare, nel sonno, nella vergogna, ma era solo innamorata, disperata in un letto vuoto, freddo, come le sue labbra

martedì 24 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.7

Capitolo Settimo
IL GIOCO DEL SILENZIO
(parte prima)

Erano soli. In macchina poche parole di circostanze: il tempo, brevi commenti sulla serata,  sul cibo, l’organizzazione e altre stupidaggini. 
La tensione che si era venuta a creare in quel silenzio profumava di indifferenza, paura, angoscia ed ansia. Guidava tranquillo, parlava a scatti, ogni tanto balbettava, nessuna domanda diretta a Monnie, che si fingeva un forte mal di testa, magari il vino o l’ora tarda, ma fingeva e lei lo sapeva bene. Ogni tanto si girava e lo guardava in silenzio. Pendeva da ogni suo respiro, bramava quelle labbra, il suo alito e i suoi gemiti. Gli avrebbe voluto dire le cose più belle del mondo, ed  invece, cercava ma non forzava di parlagli, perché lui sembrava esitare. – Le pasta al pistacchio di questa sera non era buona per niente!Abbiamo proprio mangiato male.- gli disse per rompere quel pesante silenzio e lui :- Oh sì, non sapeva di niente, altro che pistacchio!- Lei allora gli sorrise e con un mezzo sorriso che sapeva di tenero ricordo aggiunse: -Certo,  non erano le mie pennette al pistacchio, quelle che abbiamo mangiato da me a Luglio!Ti ricordi? La mia era molto meglio!- . Lui ammutolì, qualcosa disse sottovoce ma Monnie non ascoltò, le bastò guardarlo mentre lui aveva lo sguardo perso nel vuoto, ma non perché attento alla guida, solo colpito dalle sue parole. Forse lo avevano riportato indietro nel tempo, un tempo che non voleva ricordare. Ancora qualche parola scambiata su argomenti già discussi con lui, sembravano ripetizioni per Monnie ma fece finta di nulla, eppure erano parole già dette e non avevano alcun significato. 
Sotto casa sua, tra pausa e l’altra, le parole erano terminate e quando l’argomento si faceva più interessante, ecco che erano lì, davanti al cancelletto di casa. Seth non c’era, era rientrato a casa. Monnie avrebbe voluto. La voglia era tanta, si sentiva umida ad ogni suo sguardo, ma sperava che anche lui lo volesse, con la sua stessa passione. Pochi istanti, il saluto, la buonanotte e lei lo amava ancora. Lui in macchina, apparentemente tranquillo, sempre laconico, un saluto. Chiusa la portiera della piccola utilitaria bianca, con il cuore appassito e la certezza di averlo perso, mise la chiave nel cancelletto, lui aspettava ancora con il motore acceso. Monnie arrivò al portone, girò lenta la chiave e lui era ancora lì, ma lei non si voltò, aspettò. Aspettò ancora. Secondi eterni e poi spinse il portone ed entrò. Entrata nell’atrio, rimase ancora ancorata a quella porta e poi il rumore della macchina che andava via. Ed allora, niente scuse, chiuse gli occhi e capì di aver chiuso, di non aver speranze: non aveva avuto il coraggio di parlagli. Entrambi, chi per disinteresse, chi per paura o per il troppo amore, hanno soppesato le parole, gli sguardi, i respiri. Ma non erano amici, medico e paziente, amanti? Cos’erano? Erano tutto e ora non erano mai stati niente. Ma Monnie non voleva rinunciarci a lui, e quindi, mandò subito un messaggio al cellulare a Nik, con un disperato bisogno d’amore. “Torni indietro?”. 

lunedì 23 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.6


Capito Sesto
SOTTO IL CIELO DEL DESTINO
( parte quarta)

Il giorno successivo, il giorno dell’ultima visita, Nik aveva completato di visionare l’iter di esami diagnostici  di Monnie,  facendo un resoconto con gli altri esami di routine, con la serietà di un professionista. Si sentiva sicura tra quelle mani, tra quelle braccia, poteva riconoscere i sospiri ed i respiri che aveva già sentito sulla pelle e nelle sue orecchie, mentre lui procedeva con sicurezza, muoveva le sue mani come se non stesse toccando un corpo ma lei. Ed uno sguardo pieno di tristezza ed amore li bloccò per qualche secondo, fino a quando Monnie abbassò lo sguardo e rinunciò all’amore, mentre gli occhi marroni di Nik cercavano in silenzio quelli blu.

Passarono tre giorni ed era domenica sera. Monnie era appena uscita dalla doccia, i capelli bagnati e nella stanza il calore dei radiatori riscaldava quella gelida sera di neve e la chiamata di Nik sul celluare. Possibile? Monnie iniziò a tremare e non credeva possibile quella insolita telefonata. Era domenica, le visite erano finite, cosa avrebbe mai voluto significare quella telefonata? – Pronto? Ciao- e lui iniziò – Ciao, come va, che fai?- . Domande retoriche per Monnie che l’avrebbe voluto al suo fianco minuto per minuto, sempre.- Volevo sapere come ti senti.- Monnie, incredula, rispose- Io? Io sto molto bene, d'altronde ho te come medico!-. Era disposta a fare la stupida e non la seria, se questo fosse servito per riavvicinarsi a lui, ma non più come paziente.-Che fai stasera?- e con questa domanda Monnie raggelò: in pochi secondi aveva immaginato che lui le avrebbe chiesto “finalmente” un incontro, un appuntamento in regola, senza altre inutili scuse. Lei rispose però con un – Stasera esco con un amico, qui a Nicestep, perché sono a casa dei miei.E tu invece, perché?- La verità. Monnie non riusciva a mentire a lui ed era tutto vero: aveva organizzato una cena amichevole con Piek con il quale non si vedeva da tanto ed era davvero a tornata per un week end dai suoi genitori.-Io esco con Josep, in centro, niente di ché. Solo che fa molto freddo…- Monnie avrebbe voluto essere a casa sua, a Katnè, ma era dannatamente lì…perché ha mai chiamato, pensava mentre lui continuava a parlare del più del meno, fino a quando capire che anche lui si trovava imbarazzato, perché lui solo  sapeva il reale motivo di quella telefonata assurda di domenica sera. Come erano stupidamente assortiti!

Passarono circa due settimane fino a quando Nik e Monnie si scontrarono occhi negli occhi un’altra volta. Erano stato invitatati ad una delle cene sociali più ambite della città: tutti aspettavano quell’evento come il più importante dell’anno ed anche Monnie e Piek e i suoi nuovi amici ne avrebbero preso parte. Sicura che ci sarebbe stato anche Josep e Nik, chiese proprio al gigante buono se era così gentile da andare insieme alla cena visto che Piek avrebbe sicuramente tardato e lui non rifiutò, anzi ne fu contento, era un amico!E così quella sera di dicembre, Monnie indossava un abito davvero seducente e sprizzava estrogeni come non mai: anche questa per lei poteva un’occasione cruciale per rivedere Nik, parlagli da donna e non da paziente. In fondo, se ultimamente avevano ripreso i “rapporti” civilmente, senza evitarsi, anzi, sembrava proprio che si stessero riavvicinando dopo il glaciale silenzio dei mesi precedenti e di quel fuggire di Nik alla possibilità dell’innamorarsi, e anche lui sembrava un po’ più aperto a questo cambiamento…Ma nella sala, quando si incontrarono Nik lasciò senza parole Monnie. Josep e lei erano di spalla alla grande porta d'ingresso e stavano tranquillamente parlando, quando Nik spuntò da dietro, salutò Josep, guardò freddamente Monnie, la salutò e mentre le chiedeva come stava, mentre si allontanava in fretta con Josep sottobraccio lasciando Monnie sola, in mezzo a tanti che non conosceva, senza Piek accanto. Monnie, con un sorriso di circostanza, si guardò attorno, impietrita nell’animo, senza parole come un pesce fuor d’acqua, in quella sala, senza di Nik, senza ancora di salvezza, spuntò Piek e solo lei seppe quanto ne fu grata di quella apparizione. Il senso profondo di inadeguatezza la segnò per tutta la serata: si sentiva già umiliata e con un armatura addosso, iniziò a camminare tra quei visi sconosciuti, supportata dal buon Piek, ma nell’animo già segnata dalla indifferenza di Nik. Durante la serata, Monnie non considerò minimamente il “suo” medico, aveva ancora la forza necessaria per evitare quei suoi sguardi lontani, visto che quasi potevano guardarsi anche se seduti in diversi tavoli. Mentre si consumava la cena, Monnie in cuor suo sapeva quanta fatica aveva fatto per essere lì, vicino a lui, anche se non proprio fisicamente ma per ricordagli che lei era lì ed era stato il destino a farli incontrare in una sera di quasi primavera e dopo ancora molti mesi, il destino li aveva portati a “frequentarsi” ancora. Il gelo nel cuore di Monnie per ogni sguardo rubato con il suo giovane medico, lui, impenetrabile con il suo cipiglio e le sue labbra dischiuse e gli occhi supplicanti amore. Finita la cena, con il vino nelle vene nella speranza di sciogliersi un po’, Monnie voleva andare a parlare con Josep, con la scusa di chiedergli se al ritorno sarebbe potuta andare con lui a casa, e mentre si parlava, Nik era “casualmente” con lui, e cercava con il suo modo sgraziato di intromettersi in quella conversazione. Ciò che colpiva Monnie era che, nel suo fare scherzoso di parlare, c’era sempre una punta di sarcasmo e un ché di velenoso nei suoi confronti che non riusciva a capire bene, solo a percepirne il dolore nel cuore come aghi pungenti su un’anima fragile. Tra gli sguardi fugaci, tra una battuta e l’altra ci fu quello che segnò Monnie, quello in cui la guardò dentro per qualche istante, sempre insieme al suo sorriso smagliante. Quanti interrogativi senza mai risposta in lei. Poi di nuovo l’indifferenza. Dopo quell’incontro la serata prometteva un proseguimento danzante, ma non si ballava ancora e Monnie aveva bevuto davvero troppo vino per essere lucida fino in fondo. Piek e gli altri deciso di ballare e così anche Monnie lo fece, ma nel suo cuore, non si sentiva tanto serena per divertirsi davvero. Ballò, pochi minuti, poi si mise a cercarlo. Quasi da farlo sembrare non costruito, chiese nuovamente a Josep se era disponibile per un passaggio e lui le spiegò che doveva accompagnare una tipa. E quindi? Chi chedere? Lei chiese se invece Nik era disponibile, nel senso se non doveva accompagnare qualcun altro. Josep, ingenuamente, le disse di chiedere a lui, e ciò sembrò un’impresa! Monnie cercò educatamente di andare a parlargli, ma lui puntualmente scappava, quando si accorgeva che lei si avvicinava. Possibile che si vedesse tanto il suo amore disperato per lui in viso? Tanto da averne così paura? Monnie era stupefatta, incredula, ma nessun altro, eccetto loro due sapeva, Josep al più, quindi, ingoiando l’amaro, decise di andar in fondo alla questione. In quel loro rincorrersi, senza dare troppo nell’occhio, finalmente riuscì a fermarlo e a parlagli e dirgli semplicemente se poteva dare uno strappo a casa. Lui, tra i suoi amici finti facoltosi, non potendo fuggire più le rispose che non avrebbe avuto difficoltà, anche se sarebbe partito più tardi. Per Monnie non era una un problema: era talmente disgustata per come l’aveva trattata che gli disse, pur di non apparire ulteriormente invadente, che sarebbe stato lui a cercala quando voleva andarsene. Lei girò i tacchi. Monnie cercò Piek, serena da una parte per il passaggio, ma molto ferita dal comportamento evitante del suo medico. Come poteva essere capace di cambiare personalità nei suoi confronti? Dov’era adesso quel premuroso ragazzo che pochi giorni addietro cercava la sua voce al telefono? Quale malsano gioco perverso di seduzione stava giocando? Monnie era talmente confusa quanto ancora follemente innamorata e presa da lui…E così seduta sul divanetto a chiacchierare, con il broncio, con il buon Piek che le dava manforte alla sua devastante delusione, quando Nik si avvicinò a lei dicendogli di che era tempo di andar via. Saluti e baci e lui dopo di lei a salutare i suoi amici come se fosse il suo fidanzato. Che coppia strana sarebbero stati davvero!

domenica 15 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.6


Capitolo Terzo
SOTTO IL CIELO DEL DESTINO
(parte terza)

Era martedì 4 dicembre, e tutto era sempre così speciale.
Quando Monnie tornò a casa , il giorno successivo, erano quasi le venti della sera ed si era appena sdraiata sul suo letto grande e vuoto d’amore, quando improvvisamente il telefono squillò. Monnie prese in mano il suo cellulare. Le labbra dischiuse, la mano tremante, il cuore impazzava: Nik stava chiamando. Allora lei rispose: - Pronto.- -Buonasera ciao come stai? – Oh ciao io bene grazie e tu?- Conversazione ancora sterile, ma adesso Monnie non sapeva la vera  ragione di quella telefonata così improvvisa e decisamente inusuale! Allora lei gli chiese :- Dimmi pure, ci sono novità?- e lei alludeva alla visita che l’indomani mattina l’avrebbe ricondotta di nuovo da lui, al suo studio però.  – No, volevo ricordarti che domai mattina abbiamo l’appuntamento allo studio,eh? Visto hai il tuo medico che ti chiama per ricordarti dell’appuntamento, meglio di un agenda. Come stai? Che fai?—Io sono appena tornata da lavoro, stavo per andare a fare una doccia. E tu?- - Io sono in macchina , sto per tornare a casa. E stasera che, fai dove vai?- Monnie spiazzata, con la porta della sua camera chiusa, per non lasciar trapelare nulla, la voce meno tremante ma non per questo meno emozionata.- Stasera? Penso che dopo cena usciamo con Agosh ed Andrius, per fare un giro in centro,  visto che è da poco che sono ritornati in città. E tu cosa pensi di fare? Che fai stasera?- . Il tono di Monnie si stava trasformando: l’impatto gelido delle prime battute stava lasciando spazio alla dolcezza ed entrambi adesso avevano abbassato le difese, erano vulnerabili come le parole che pronunciavano. Chissà quante parole avrebbe voluto sentire Monnie, quante parole avrebbe voluto sentire con quella sua intonazione ed il suo leggero balbettio che la faceva sciogliere!
- Stasera, penso che esco, anche se fa molto freddo, io sto per tornare a casa, sono in maccchina. C’è  tanta confusione per strada in Big Step Street, ci sono lavori in corso…- e Monnie aggiunse – Ah, quindi stai tornando a casa da lavoro. Sì, è vero, fa molto freddo stasera!- e lui- Sì,  fa molto freddo. Beh, allora ci vediamo domani mattina in studio per l’ultimo controllo, mmm non è vero?- . Monnie non capì mai se lo diceva perché era “contento” che fosse davvero l’ultimo loro incontro reale programmato l’indomani, ma dal tono ella percepì come una sorta di lieve dispiacere, come se quello fosse stato davvero l’ultima volta.

lunedì 2 dicembre 2013

L'ultimo volo Cap.6

Capitolo Sesto
SOTTO IL CIELO DEL DESTINO
(parte seconda)

Sembrava tutto fatto ad arte. Il pranzo e la festa di Seth capitò di mercoledì 28 novembre, mentre Monnie si incontrò in studio con Nik il giorno precedente. Era una delle visite di controllo che le aveva tanto raccomandato Nik e certo lei non si era tirata indietro. Come era loro abitudine, durante quegli incontri puramente voluti,  visto il problema di salute di Monnie, si caratterizzavano al 25% alla visita medica in sé, il resto al milioni di micro sguardi, sorrisi e ammiccamenti, battute a doppio senso e tante risa, tanto che Monnie, ebbe il coraggio si dirgli : - Ah, sì certo,  sei sempre fuori la sera! Vedo che Josep sta legando molto con Lady Lauren (con un tono sarcastico, ma non troppo)!Siete sempre insieme!” – e lui, abbassando lo sguardo, rispose ridendo tra sé e sé :- Ah, sì, Lauren, tse- e non aggiunse altro o comunque ciò che disse in seguito non era tanto importante da essere ricordato, le bastava già aver capito tutto. Ecco perché, quel mercoledì di fine Novembre , Monnie era quasi pronta a sferzare il suo colpo a quell’ipocrita ragazza: per nessuno al mondo, neanche per James, che per lei era stato il suo primo vero amore, avrebbe mai reagito così. Ma questo Nik non lo seppe mai, nemmeno tutt’ora.
La sera della festa di Seth, Monnie era molto carica: aveva tutti i pezzi del puzzle sotto mano e gli incastri combaciavano, adesso doveva fare in modo da essere talmente pungente con Lauren, tanto da ricordarle che lei lo amava ancora e che sarebbe stata disposta a tutto per lui, essendoci stato quel che è successo l’estate appena trascorsa. Inoltre, sarebbe stata subdola come lei, non l’avrebbe mai attaccata apertamente…cosa non avrebbe fatto Monnie per Nik! E lui? Inconsapevole di tale battaglia amorosa, viveva nel suo mondo, con le sue abitudini, un po’ innamorato degli occhi di  Monnie e della malinconia che gli trasmetteva. Possibile che avesse così paura dell’amore? Inoltre per Monnie, affrontare Lauren significava capire cosa tra i due poteva esserci stato, poiché tutto era stato taciuto e anche Seth, in fondo ne era un po’ complice con il suo silenzio. Comunque,  l’amore nei confronti di Nik era troppo forte, troppo intenso e Monnie voleva crederci davvero che sarebbe stato possibile quindi non aveva alcun timore di scontrarsi, se il Fato l’avesse voluto fosse necessario, con quella biondina ossigenata. Così, durante la festa, Monnie sfoderava il suo solito sorriso smagliante, raggiante ed ammaliante, vestita di un verde speranza e oro luccicante, chi avrebbe potuto resisterle? Si guardò nella sala e vide Lauren sola soletta in compagnia di una sua antipatica amica dall’aria saccente di finta giornalista, sedute in un angolo a conversare. Approfittando della sala semideserta nel locale, Monnie si diresse nella direzione di Lauren, e facendo la simpatica, iniziò a conversare con lei del più e del meno, fino a quando non le disse che si era lasciata da qualche settimana con Fabien, l’aitante ortopedico, che non ne soffriva perché c’era troppa differenza di età e che infondo, anche fisicamente, non era proprio il suo tipo. Allora Monnie “spiegò” attentamente alla vipera che fisicamente era ancora attratta da una certa categoria di uomo e così le fece la radiografia di Nik, facendole intendere che non avrebbe mai mollato, per il fantasma di Nik, sapendo quello che oltrettutto c’era già stato tra loro. Lauren ascoltava, a tratti impietrita, forse solo sorpresa, di come Monnie parlava sicura adesso e non riusciva a contraddirla ma continuava ad annuire. Poi Monnie si allontanò con una scusa banale, ma il sasso, leggero e  pesante, oramai era stato lanciato e Lauren adesso sapeva che tra loro niente era finito: qualcosa, qualcosa di indefinibile li legava ancora… Ancora incredula di tale comportamento, lei che da sempre si era “nascosta” dai suoi sentimenti con James, un po’ come Nik, adesso invece aveva compiuto azioni eroiche per la sua timida ed pudica anima e tutto questo perché l’amore le aveva accecato la ragione e le sue emozioni, per anni represse, ora sgorgavano lievi come acqua cristallina, inondando la sua vita, la sua pelle, i suoi occhi. Quante lacrime e singhiozzi aveva mai prestato per questa situazione emotiva instabile? La più grande fortuna di Monnie furono gli amici, quelli veri, quelli che ritrovi sorridenti ogni sera, quelli con cui ti confidi, quelli disposti ad ascoltare ore ed ore la tua versione dei fatti riguardo al melodramma d’amore. Sì, in fondo sì, Monnie, talvolta, era malinconica e delusa dalle incongruenze della vita, però aveva molte persone accanto a sé che le dimostravano l’affetto e la comprensione di cui aveva bisogno. Che ci fosse o meno Nik , al suo fianco, questo era un dettaglio, un completamento della sua vita.

L’attesa delle feste natalizie rendeva Dicembre un mese fatato: non solo gli addobbi e le vetrine luccicanti richiamavano il Natale, ma anche l’animo speranzoso di Monnie sembrava essere in linea in quell’atmosfera rarefatta! Capitò che gli ultimi incontri tra lei e Nik, sempre ed esclusivamente di natura professionale, si verificarono frequenti nei primi dieci giorni del mese. Una sera capitò che Monnie, al ritorno dal lavoro, rientrò a casa dopo un pomeriggio trascorso ad inseguire dolcemente i suoi piccolini in giro per la stanza ed insegnando loro a parlare meglio, con le mani infreddolite e la punta del naso congelata, come se il tempo fuori preannunciasse aria di neve. Seth era a casa, seduto in cucina con una sua amica a conversare vivacemente, mentre l’unica cosa che avrebbe voluto fare Monnie era  una doccia calda per rilassarsi, concedersi qualche minuto di isolamento  e riscaldarsi l’anima. 
La sera prima Monnie era stata invitata a cena dal fidanzato di Jovy insieme ad altri due suoi amici, di cui un altro amico per trascorrere una serata in compagnia ed anche per festeggiare la nuova casa che condividevano con altri studenti, essendo ancora iscritti all’università. Quella sera però poi Agosch, il fidanzato di Jovy,  aveva promesso di andare a giocare una partita di calcetto insieme a Josep e che lo avrebbe passato a predenre. Monnie era rimasta quindi con Andrius, l’altro ragazzo della casa e un altro di cui si dimenticò il nome. Si trovava già a casa dei ragazzi, quando Josep e Nik aspettavano in macchina Agosch per andare via a giocare, infatti la voce di Monnie aveva già cambiato tono e velocità, come se sentisse gli influssi del giovane medico. Quella sera fredda volò come un lampo ed era già il tempo di tornare a casa dalla partita di calcetto. Accompagnarono Agosch a casa e dalla macchina scesero Josep e Nik. Andrius e Monnie, che aspettavano seduti sul divano, accoccolati per il freddo, si accorsero della loro presenza e guardarono giù dalla finestra e Nik vide Monnie e la salutò, con un sorriso smagliante che le riempì il cuore. Gli occhi gli brillavano e quasi che non ci credeva la piccola Monnie che contemporaneamente aveva stampato un sorriso di felicità che illuminava quella notte. Il soono era sparito ed era talmente contenta di quegli sguardi che parlando con Jovy, non riusciva a nasconderle quelle emozioni. Ma quanto ne era innamorata? Totalmente pazza di lui! Quante carte false avrebbe fatto per baciare le sue labbra ancora, o solo per stargli qualche minuto a fianco, magari prenderlo per mano, toccare quella mano che la condusse in paradiso, più di una sera…come poteva resistergli, come poteva resistere all’amore?