martedì 27 gennaio 2015

L'ultimo volo Cap.17

CAPITOLO DICIASETTESIMO


Una lunga storia d'amore
 (parte prima)

“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano…”. Ecco, la storia di Monnie  e Nik, quasi un presentimento, quasi una speranza. Gli sbagli di Monnie, la sua insoddisfazione e la sua inquietudine per poco colmata da una notte di sesso con il militare  e la voglia di ricominciare a credere in un’altra illusione, dopo la breve frequentazione con  Francis. L’inizio del nuovo anno promise amore ma in realtà Monnie raccolse le briciole, almeno fino a quando il suo cuore cominciò a battere di nuovo per Nik.  Delusa ed appassita, non credendo più a sogni irrealizzabili, una sera Monnie e Nik si ritrovarono insieme, in una festa di amici in comune di quella famosa associazione che ancora frequentavano. Monnie si presentò con un amico, un tipo simpatico e gentile, sempre di quel gruppo di amici, con il cuore colmo di speranza perché sentiva nel suo cuore che avrebbe rincontrato Nik, ed anche se non l’avrebbe mai amata, sapeva che lui le regalava quella sensazione di tenerezza, quella sensazione di chi sa qualcosa mentre il resto del mondo ne rimane all’oscuro.…perché fare l’amore insieme a lui, per lei fu un dono, un qualcosa che lui non capì mai in fondo. La serata trascorse piacevole, lei tra le sue amiche e un Annis sospettosa poiché a conoscenza del segreto della dolce maestrina e tra loro anche la energica JeiJei. Ancora lei a pizzicare con battute e conversazioni particolari il giovane medico e Monnie, insieme a tutti , a sentirsi dentro di custodire “quel” segreto con i sorrisi e gli sguardi vivaci di attestata resa finale rubati con Nik, non solo furtivi ma densi comunque di complicità, perché entrambi in fondo sapevano...

lunedì 12 gennaio 2015

Cap. 16 L'ultimo volo




 CAPITOLO SEDICESIMO
L'appuntamento
(parte terza)


Lei arrivò vicino allo studio medico, parcheggiò la macchina non troppo distante ed era già in orario, ma in fondo, si sa che i dottori ti fanno sempre aspettare..quindi arrivò alle 20 ma rimase qualche minuto in macchina e dopo un po’ scese e andò alla ricerca dello studio medico. Il caos della città era diminuito, ma i marciapiedi erano ancora attraversati dagli ultimi ritardatari, quelli che entrano e comprano prima che i negozi, soprattutto gli alimentari, chiudano le salacinesche. Monnie iniziò a dirigersi verso il numero 313, con gli occhi puntati in alto. Ma superando il negozio di ortofrutta alla sua sinistra era già arrivata al 317. Possibile? Fece, dunque, dietro fronte e a guardare bene 313 corrispondeva proprio ad uno dei due ingressi della bottega di frutta e verdura! Scoppiò a ridere come una bambina : si accorse che le ultime parole di Nik non erano state recepite al massimo e che quando lui parlava, lei aveva iniziato a fantasticare di nuovo! Ma non si preoccupò questa volta, anzi, ne rise di gusto e mandò un veloce sms a lui per sapere esattamente il numero civico dello studio. Le sembrò imbarazzante, ma alla fine era necessario! 
Quando lui la chiamò per dirle esattamente il numero lei si incamminò subito, con aria sbarazzina e rideva ancora tra sé e sé di come la vita la metteva sempre alla prova con lui. Così arrivò, premette il tasto del citofono e..stac, il portone si aprì, ma lei era ancora euforica dentro e fuori al telefono con la sua amica Jovy, a cui doveva raccontare tutto, quasi in diretta: prima che le emozioni venissero a galla era meglio razionalizzarle! Monnie stava per entrare nella sala che era vuota. Nick uscì dalla porta che dava sulla sala d’aspetto, dopo tre secondi , bello ed aitante come sempre, e lei ancora al telefono ancora per qualche secondo sino a quando lei disse, con tono sensuale: “Ok, ci sentiamo quando torni a casa. Va bene? Un bacio, sì,sì, a dopo”. Chiuse la telefonata. –Ciao Nick, io..- e lui – Ma chi era al telefono? Era il tuo fidanzato?- Monnie fu sopresa, non si aspettava una domanda così diretta ma subito, sorridendo, gli disse, rassicurandolo, : -Oh, no! Sono tornata single da poco!Non era il mio fidanzato!-.Lei continuò a sorridere, un po’ imbarazzata ma serena dentro, mentre lui la fece accomodare in sala e lui si scusò con lei di non farla entrare subito che stava completando una visita. Lei annuì e lui andò dentro l’ambulatorio. Monnie sorrise, rise, sorrise di nuovo, e pensava che tra loro due ci sarebbe stato sempre questo pizzicarsi dolcemente. E pensando a tutto quello che lei aveva passato e fatto per lui, ancora sorridendo, si guardò attorno e vide la sala dello studio: la disposizione delle sedie, il ventilatore a piantana, le pareti azzurre, gli attestati di un giovane medico, quello che lei avrebbe voluto fosse solo suo, ma non predestinato. 
Ma non ebbe in tempo di dilungarsi nelle sue fantasie che entrò in sala una donna, più o meno della stessa età di Monnie, dagli occhi verdi, che si sedette vicino a lei ed iniziarono un po’ a parlare del più e del meno. Monnie la scrutò attentamente e pensò, chissà quante donne e ragazze più belle di lei lui avrà avuto o potrà avere senza che lei possa essere “gelosa”, ma prima che il suo smagliante sorriso si smarrisse, Nik aprì di scatto la porta dello studio e accompagnò alla porta di ingresso due ragazzi dandogli le ultime indicazioni mediche. Poi si girò e si rivolse a Monnie: il suo turno era arrivato. Dopo i convenevoli, lui le fece vedere il suo regno, il suo studio e le altre   stanze, soddisfatto di ciò che era finalmente suo, e lei ne era contenta e non riusciva a smettere  di sorridere e sentirsene lusingata: si sentiva una paziente speciale! Quando lei lo guardava e lo ascoltava parlare, lei riviveva gli ultimi sei mesi passati lontani da lui, o meglio, dal pensiero di lui e le sembrava davvero strano parlagli da “amica”. Quanto amore ha dovuto mai buttar al vento per essergli finalmente amica? 
Dopo la visita, Nik le consigliò un ulteriore controllo a distanza di una settimana, niente di grave, solo che voleva essere più certo della diagnosi. Monnie non si preoccupò, lei si fidava della sua  professionalità: se lui le avesse promesso la luna lei ci avrebbe creduto...sempre. Quindi si sedettero, come dottore e paziente, alla scrivania e lui iniziò a guardare l’agenda degli appuntamenti e continuarono a parlare, di pezzi di vita fatta separati l’un con l’altro, di aneddoti simpatici solo per guardarsi negli occhi e sorridere, nonostante tutto. Lui le stava scrivendo il memo quando Monnie sentì il telefono squillare. Era Jovy, l’amica del cuore, ma Monnie sfruttò la sua ultima carta per giocare un po’con lui  e, non pronunciando né il nome né facendo capire che si trattava di una donna, parlò al telefono con voce suadente e sensuale. Sorpreso nuovamente, lui stavolta cercò di interrompere quella telefonata con i suoi – Ma chi è al telefono?- per ben due, tre  volte, con gli occhi di chi sa che ha perso il primo posto, magari solo per senso del possesso che adesso Nik non aveva più su Monnie: lei poteva appartenere anche ad un altro che non fosse lui.  Lui la guardava mentre parlava al telefono, nervoso e curioso com’era, desiderò per un attimo essere quella voce nel telefono: una strana sensazione avvertiva nello stomaco,  che non riusciva a capire. Tutto ciò che aveva rifiutato era ancora lì, senza più ferite sanguinanti o melassa nelle parole: davanti a lui una era seduta donna forte che, nonostante tutto, nonostante tutto il dolore, che lui ignorava fosse esistito, era ancora all’in piedi , ancora più bella e più solare  di quando si conobbero, un anno e mezzo prima, in quella sera di Marzo. Gli  occhi di Monnie non erano umidi di pianto, non più, e la sua voce era tornata sicura. Il suo travaglio interiore aveva cessato di esistere.

lunedì 5 gennaio 2015

L'ultimo volo Cap.16

CAPITOLO  SEDICESIMO
 L'appuntamento

(parte seconda)



Dopo la telefonata Monnie chiuse l’agenda blu, la ripose dentro la sua borsa rosa, soddisfatta non perché avesse sentito nuovamente  la voce di Nik ma perché ebbe la sensazione di reagire e controllare le sue emozioni e lasciare i ricordi passati fluire via nel tempo! “Che stupida che sono stata a comportarmi con lui in quel modo: più pensavo che lui potesse sentire le mie emozioni -la rabbia, la delusione, l’amarezza- dalla mia voce, dovute alla fine della nostra storia per comunicargli che io lo desideravo ancora, più lo allontanavo. Ora che tutto è diverso, ora  che io sono diversa, lui è non mi è ostile ma si è rivelato tranquillo. Ora che ho bisogno di lui.”
Monnie sapeva bene di cosa aveva bisogno, certo,  ed il suo “star male” non era del tutto casuale ma era anche un modo per mettersi alla prova dopo il turbino di emozioni e situazioni appena trascorse. Non a caso, una sera d’estate si erano incontrati casualmente in un nightclub in riva al mare, un incontro fortuito dopo una giornata di sole e allegria che Monnie aveva trascorso insieme al suo gruppo di amici anche lei stava era già legata emotivamente e fisicamente  a Vemis, che le stava accanto. Quella sera, mentre lui era distratto a parlare con alcune persone della sua comitiva , lei scorse Nik da lontano, come una sirena quando vide il suo Ulisse: un tuffo nel cuore, ma il tuffo non fu profondo, anzi, tutt’altro! Così come sempre, un po’ per vincere l’imbarazzo e un po’ per farsi bella davanti ai suoi occhi, lo ignorò e, con il sogghigno sulle labbra, si avvicinò dolcemente a Vemis, lo prese per mano e prese parte alla conversazione con lui ed con i suoi amici, come se niente fosse, assicurandosi però , con la coda dell’occhio, che Nik la potesse guardare mentre era bella, sorridente, felice con Vemis vicino.
 Nik vide per la prima volta Monnie e Vemis molti mesi prima, proprio in quel primo appuntamento tra la “sua” donna e quel ragazzo così diverso da lui! Quella volta, però, gli occhi di Nik non si scontrarono direttamente con quelli di Monnie, perché restò in disparte, come un osservatore, seduto con altre persone ad una piccola festicciola di compleanno tra colleghi, in una gelateria molto frequentata da giovani e non solo. In una sera  fredda  di Marzo Nik notò che tutto ad un tratto che un ragazzo della comitiva, da poco conosciuto, si alzò repentinamente e si diresse verso l’ingresso del locale. All’inizio, non diede peso all’accaduto e riprese poi a parlare con i suoi amici, quando all’improvviso  vide Monnie arrivare verso il locale, il che era difficile che passasse inosservata. Lei indossava un giacchino bianco con dei disegni in pizzo nero e la sua borsa nera al braccio , un paio di jeans scuri, stivaletti grigi non molto alti e una lunga e morbida sciarpa nera le avvolgeva caldamente il collo, i suoi capelli dorati si muovevano sinuosi ad ogni soffio di Eolo, ma ciò che colpì Nik fu il sorriso di lei, un sorriso strano e la luce delle stelle negli occhi di Monnie. Lei stava già parlando vivacemente con quel tipo del tavolo, che indubbiamente era un amico, ed un altro che le stava vicino, troppo vicino. Così egli capì qualcosa, o meglio, forse la rimpianse: aveva già visto altre volte e in più occasioni quella luce in Monnie, solo che questa volta non erano per lui quegli sguardi e, quasi, desiderò essere visto e salutato oppure alzarsi e salutarla come fece quel tipo del suo tavolo. Ma non lo fece, un po’ per paura un po’ per risentimento o per indifferenza, chissà! Ma sta di fatto che dopo una sola settimana che lei gli inviò quella lettera d’amore dal sapore agrodolce, Monnie usciva già con un altro ragazzo e lui si sentiva rimpiazzato!
Alla fine, Monnie spense il cellulare ed accese la radio. Solita stazione in FM, si lavò le mani e il viso ed iniziò a far scorrere l’acqua calda dal rubinetto della doccia, pronta per un nuovo viaggio attraverso la mente.
Quando arrivò lunedì sera, ella si sentiva tutta euforica, ma questa volta era tranquilla che questa euforia avrebbe avuto una durata ed un’intensità minore rispetto all’ultima volta che andò a farsi visitare da lui, un anno prima: era una semplice visita medica di controllo, non più un tentativo disperato di una donna di avvicinarsi al suo amato…questa fase per Monnie e Nik era già stata vissuta dolorosamente da entrambi con l’esito che già conoscevano, per cui, solo uno scellerato avrebbe ancora osato tanto! Quindi le carte erano state giocate tutte, nessuno avrebbe fatto una mossa per avvicinare l’altro, non c’era più trucco in questa nuova partita e Monnie aveva solo bisogno di un controllo medico, da parte di uno specialista in gamba come era Nik e lui glielo avrebbe reso, professionale come sempre. Forse un po’innamorato, come sempre. Nient’altro.

lunedì 15 dicembre 2014

L'ultimo volo Cap.16



CAPITOLO SEDICESIMO
 
L'appuntamento
( parte prima)

Ormai era fatta: il telefono era in mano, il numero era stato composto, il nodo alla gola si stava formando e il cuore iniziava a battere più forte ad ogni tu-tu-tu che avrebbe anticipato la sua voce. Ma, stranamente, non era come le altre volte: Monnie si reggeva ancora in piedi, anzi, camminava per il corridoio con una piacevole sensazione di serenità, non aveva il solito tremore alle gambe, non sudava freddo, quella sensazione di morire soffocata  non c’era più, non  aveva la bocca asciutta e non si sarebbe sciolta come sempre al suono della sua voce. In fondo, la sua era solo una voce maschile, la voce di un giovane uomo che lei ha disperatamente amato ma pur sempre un essere vivente e non un dio dell’Olimpo!
Così, serena, e quasi incredula di doverlo chiamare per un reale motivo e non per parlare dei suoi sentimenti, prese dalla borsa la sua agenda degli appuntamenti di lavoro, prese la penna e lui rispose. “ Pronto, ciao, come va?” - non più silenzi o voci strozzate ma un caldo “Ciao Nik”  uscì dalla sua bocca e così fu pronta per parlagli, spiegargli il perché di quella telefonata ed essere calma ed amorevole con lui come non lo era stata mai: non gli doveva rimproveragli più nulla, ne cercare di riavvicinarlo, in fondo era anche il suo medico, un medico professionalmente valido. – Ci vediamo lunedì sera, alle 20, così io mi libero di tutti i miei pazienti e ti visito e vediamo dove sta il problema.- disse Nik, molto gentile e premuroso. –Si, per me va più che bene- disse Monnie che stava appuntando tutto sulla sua “famosa” agenda blu - così non ho problemi con il lavoro. Quindi è confermato per lunedì della prossima settimana, alle 20.00,ok?-. -Ok- rispose lui. E lei aggiunse subito dopo: - Dove di si trova il tuo studio?- . Lui sembrò contento, forse inorgoglito di quella così semplice domanda, poiché quello studio rappresentava così tanto per lui: una realizzazione personale, dopo anni sui libri all’università, la specializzazione, i primi incarichi presso altri medici, mentre adesso aveva la sua indipendenza lavorativa, si sentiva che iniziava adesso la sua carriera professionale anche attraverso la vista di quelle sedie vuote in sala d’aspetto, consapevole che presto tante persone ci sarebbero sedute ed aspettato lui e solo lui! –Oh sì, certo! Tu non ci sei stata ancora! Allora, lo studio si trova in Wooden Street 310. Sai dove si trova la zona, non è vero?- e Monnie rispose che la zona la conosceva bene e che non avrebbe avuto problemi a trovare lo studio, ma chiese a Nik solo di ripetere il numero civico. Negli ultimi minuti di conversazione lei stava iniziando a divagare nei suoi pensieri ma volle accertarsi di aver scritto correttamente l’indirizzo e poi si salutarono come fanno due vecchi amici: semplici parole di saluto, tono caldo della voce, e un sorriso gentile stampato sulle labbra di entrambi, come a decretare la fine di una lunga guerra, un dolce armistizio senza rimpianti.

sabato 22 novembre 2014

L'ultimo volo Cap.15



CAPITOLO QUINDICESIMO
Odio l’estate

In quei rari momenti di benessere interiore, era inevitabile lo scatenarsi della tempesta, ed ormai Monnie se lo aspettava, anche se non aveva considerato mai che ciò che le sarebbe accaduto,  avrebbe ferito il suo orgoglio più che il suo amore. Il mese di Luglio si era concluso tra i baci passionali di un giovane tenente dell’esercito in licenza dalle parte di Monnie, per il quale però ella non provava nulla, nemmeno una attrazione fisica, anche se non le dispiaceva il fatto che il suo corpo richiamasse l’idea di un eros così bruciante . Ma il sesso lo preferiva fare ancora una volta con Vemis, perché era misto ad amore ed affetto e poi non faceva male: anima e corpo accoglievano insieme e non c’era tensione alcuna, così come capitò con Nik. Di quest’ultimo, nessuna traccia dopo l’incontro fortuito di quella sera al nightclub sulla costa. Monnie sembrava esserne più distaccata, finalmente non tremava più nel vederlo e si sentiva sicura che tra loro non ci sarebbero più state emozioni. In un clima di mare, amicizie e voglia di divertirsi Monnie continuava a insabbiare i ricordi e i pensieri negativi della storia strappata con Taninem, cercando di proiettarsi avanti e su quello che ancora avrebbe potuto vivere in quell’estate.
Agosto iniziò male e finì peggio, emotivamente parlando. Tutto accadde  quando qualcosa tra lei e Vemis si incrinò di nuovo, non per volere beffardo di situazioni complicate ma a causa di una sottospecie di donna che si insinuò tra loro, alimentando dubbi, gelosie e tradimenti. Il tradimento non si capì mai se fu vero o fittizio, ma la fiducia e la stima che Monnie aveva riposto in Vemis crollarono precipitosamente. La rabbia, la solitudine, la forte reazione che  lei ebbe le seccò il cuore e l’anima e, per quanto i giorni migliori di estate stessero per finire, Monnie sentiva e ancora desiderava che l’estate vera cominciasse perché improvvisamente si ritrovò sola.
I primi quindici giorni di Agosto passarono silenti.
Il lavoro era l’unico appiglio a cui ancora poteva reggersi e così quelle colleghe con cui si poteva parlare di tutto ed un po’, capendo che in fondo, c’erano così altre situazioni ben peggiori di quelle di Monnie, anche se il suo peregrinare interiore le faceva male davvero. A volte anche la speranza moriva.
Capitò  anche di incontrare casualmente anche Taninem. Occhi negli occhi, un po’ imbarazzati, ma sereni,  perché Monnie non  aveva digerito ancora la fine di quella storia così assurda, perché con lui ci stava bene davvero, quasi da volerne essere dipendente, ma la razionalità della verità del cinico ingegnere era così lineare che, oramai, le sensazioni negative provate per la fine di quella “storia” iniziavano a fare meno male. In quella occasione il cuore le battè ancora, ma poi passò e tutto si tramutò in silenzio.