venerdì 31 gennaio 2014

L'ultimo volo Cap.10

CAPITOLO  DECIMO

 NON SONO SOLO PAROLE

Nonostante tutti i suoi sforzi, non ci riuscì mai a parlare direttamente con Nik. In compenso, una sera Monnie, dopo una serata trascorsa a gironzolare tra locali più chic della città, si svestì dei suoi ornamenti, indossò la sua camicia da notte color avorio in pizzo, distesa sul suo letto accese il computer portabile. Il sonno non le giungeva facilmente e così, ispirata da alcune canzoni melodiche che le facevano da colonna sonora , iniziò a scrivere alcune frasi sul suo notebook. Dopo un’oretta circa, chiuse gli occhi, digitò il suo nome e concluse: non più frasi ma una lettera intensa, fatta di emozioni, di amore e di triste malinconia per quell’uomo a cui aveva celato tutto, o meglio, aveva cercato di celare la sua anima. Un segreto adesso svelato in caratteri digitali, un po’ amorfo ma intriso di disperazione, la disperazione di una donna che ha amato invano l’anima sterile di Nik.
“In tutti questi mesi ho sempre cercato un modo, un giusto comportamento per esprimere ciò che ho sentito e provato dentro, senza però mai trovare una  soluzione. A  volte , ritenevo che la soluzione migliore fosse quella di ignorare ciò che mi stava capitando, altre volte invece  pensavo che sarebbe stato meglio affrontare di petto tutte le mie paure, i miei desideri, le mie emozioni e potertene parlare così di persona, guardandoti negli occhi, ma mi sono resa conto che non è mai stata una buona idea, visto che non ci sono riuscita, e nemmeno tu me ne hai dato occasione, poichè fuggivi da me , senza, apparentemente, un motivo o una ragione ben precisa e ancora ora vorrei sapere. Quindi, scriverti è rimasta l’ultima delle mie possibilità! Guardando indietro, mi rendo conto che avrei dovuto farlo subito, senza perdere tempo, ed invece mi sono persa dietro le mie elucubrazioni mentali, perché , ammetto , ho avuto paura: paura di capire che mi ero innamorata, paura delle mie stesse emozioni, paura di svelarmi e di essere così vulnerabile e ferita. Sembra strano a dirlo, ma non avevo  provato niente di simile, non mi era mai capitato di sentirmi presa così totalmente come mi è accaduto con te. E così “spaventata” ho lasciato che i giorni passassero, che i mesi si susseguissero cercando di convincermi che per te provavo solo una semplice e passeggera infatuazione…ma in realtà non è stato così. Ciò che poi è successo tra noi, per me non è stato uno sbaglio o un errore di valutazione, né  una svista o altro..per me è stato ciò di cui avevo bisogno da te, perché non riuscivo più a sopportare conversazioni vuote e laconiche fra me e te. E sai bene che sono   stata disposta ad infrangere le mie regole, i miei schemi in  materia di sesso, ma l’ho fatto per ciò che si chiama “amore”., perché  sei stato la mia pazzia più grande. Così ad Agosto sono partita, scappando da qui, sperando che ciò mi avrebbe aiutato a dimenticare, e con una nuova relazione appena nata, ma è stato al  mio ritorno che ho finalmente capito che i miei sentimenti per quella persona non erano forti come quelli che provavo per te. E’ stato allora che ho ammesso a me stessa che tutto ciò che avevo detto, provato, fatto,  è successo perché mi ero semplicemente innamorata..e di te! Era così ovvio. E così ho ripreso la mia vita,  ho cercato di dargli un senso anche se sapevo che ormai tutto era cambiato in te e in me ed ho eliminato ciò che mi faceva stare male.
Durante questi ultimi mesi avrei voluto vederti e  dirti questo, senza forzare  gli eventi, per non  recriminare sul passato,  per non giustificarmi(ci) su ciò che è stato, senza rabbia o altro…più che altro volevo essere sincera e dirti tutto ciò che mi bloccava l’anima e la voce, per poter essere me stessa ogni volta che ci si incontra e non apparire glaciale, come la “Sig.na Rottemeir”( ti ricordi?). E soprattutto, per non avere più paura  di guardarti e magari essere più libera, quindi, caso chiuso. Spero soltanto che tu sia arrivato a leggere queste righe, perché in questo “tira e molla” di emozioni, adesso sai tutto ed io lo so.”


Consapevole che anche con queste parole sono avrebbe mai ottenuto una reazione, Monnie rese partecipe Nik dei suoi sentimenti in maniera chiara ed inequivocabile. Fatto. Nessun rimpianto. Adesso la primavera poteva anche iniziare. Ed infatti non tardò quella sera di fine Febbraio , quando ella decise di prendere parte ad un’uscita di gruppo organizzata da una ragazza simpatica di una nuova associazione di volontariato a cui si era iscritta da qualche mese. Fu una serata tranquilla tra amici nuovi e vecchie conoscenze,  quando al tavolo dove tutti erano già seduti, arrivarono  due ragazzi che sulla ventina e si unirono alla tavolata negli gli unici posti rimasti disponibili accanto a  dove lei era seduta , ed ordinarono. Per non apparire la solita ragazza mutagnola e seriosa, Monnie cominciò ad intrattenere con gli ultimi due arrivati una piacevole conversazione durante la cena, scoprendo che uno di loro era un suo coetaneo, di nome Vemis, grafico pubblicitario in formazione mentre l’altro era ancora un giovanissimo studente universitario appena ventenne. Il feeling che si era appena creato con Vemis, la sconvolse, non era previsto, e subito in lei qualcosa si accese. Restò  però calma e serena: si era promessa a se stessa che nessun altra emozione l’avrebbe sopraffatta e così la serata trascorse tra risate ed argomentazioni leggere insieme ai suoi amici. Quando Monnie ritornò a casa, tutta l’euforia era scomparsa ma qualcosa dentro di lei cambiò e se rese contò guardando quel sorriso  immortalato in una foto scattata  in macchina con Annis.


sabato 18 gennaio 2014

L'ultimo volo Cap.9

Capitolo Nono
NESSUNA RISPOSTA
(parte terza)

Stare da sola era la scelta migliore, anche perché  era ancora dannatamente innamorata  del giovane medico. Per quanto orami non si vedessero da più di un mese, l’unico pensiero di Monnie era  quello di affrontare Nik una volta per tutte,  parlandogli, avendo capito che il tempo aveva già raffreddato i suoi  fiochi sentimenti ,  e desiderava avere solo un’occasione, una soltanto, per essere finalmente sincera con lui, senza sorrisi falsi e senza l’instaurarsi di quella tensione erotica che si palpava con mano ad ogni loro incontro .
Una notte Monniè lo sognò : nudo , steso sul letto aspettava una donna ma a qual tratto uscì da una porta Monnie, che si diresse verso di lui ed entrambi iniziarono ad parlare abbracciandosi. Inoltre, nel sogno, lei gli chiese quando mai lui si sarebbe sposato e lui le rispose “ Quando compirò trentasette anni ”  e poi si abbracciarono più volte come due amici; ancora nel suo viaggio onirico,  lei bramava di baciarlo, di toccarlo e di amarlo ma, pur tenendolo tra le braccia, sapeva di non essere la donna che lui aspettava e per questo un po’ ne soffriva. Al risveglio, Monnie non capì subito il senso di quel sogno, poiché  in tutti quei mesi non lo aveva mai sognato, neanche quando lo strazio d’amore era molto intenso come durante l’estate precedente, ma tale evento, così imprevedibile quanto chiarificatore, era troppo “vero” nella sua mente,  tanto che scrisse su un bloc-notes “Ho creduto nell’ amore che mi consuma e che mi spacca il cuore. Ma ciò che è troppo forte da una parte, è troppo debole dall’ altra…perciò grazie per essermi venuto in sogno ed abbracciata per l’ultima volta”.

Avrebbe voluto mandargli un messaggio con quelle parole, ma avrebbe risposto? 
Si sarebbe ancora rifugiato nel suo silenzio? 
Sarebbe ancora una volta fuggito dai sentimenti che provava per lei, ignorando ogni richiesta di comprensione ? 

Ma mentre succedeva tutto questo, in parallelo Nik si apprestava a migliorare la sua vita, gestire la sua carriera di medico ed ogni coinvolgimento affettivo era bandito dalla sua vita, avendo scelto oculatamente quali fossero le sue priorità, invece per Monnie l’unica priorità era lui, l’unica per cui   valesse la pena di soffrire ancora, nonostante tutto.
Nonostante tutti i suoi sforzi, non ci riuscì mai a parlare direttamente con Nik. In compenso, una sera Monnie, dopo una serata trascorsa a gironzolare tra locali più chic della città, si svestì dei suoi ornamenti, indossò la sua camicia da notte color avorio in pizzo, distesa sul suo letto accese il computer portabile. Il sonno non le giungeva facilmente e così, ispirata da alcune canzoni melodiche che le facevano da colonna sonora , iniziò a scrivere alcune frasi sul suo notebook. Dopo un’oretta circa, chiuse gli occhi, digitò il suo nome e concluse: non più frasi ma una lettera intensa, fatta di emozioni, di amore e di triste malinconia per quell’uomo a cui aveva celato tutto, o meglio, aveva cercato di celare la sua anima. Un segreto adesso svelato in caratteri digitali, un po’ amorfo ma intriso di disperazione, la disperazione di una donna che ha amato invano l’anima sterile di Nik.

martedì 7 gennaio 2014

L'ultimo volo Cap.9

Capitolo Nono
NESSUNA RISPOSTA
(parte seconda)


Gennaio non fu certo più facile del gelido Febbraio che  ne seguì. Monnie aveva sempre la sensazione di essere sola, circondata da molti cari amici, con più tempo libero da dedicare a se stessa, vista la stasi lavorativa, e  si convinceva che la soluzione ideale  per guarire dalla malinconia  fosse quella di iniziare ad accettare l’ invito di qualche ragazzo, giusto per dimenticarsi della sconfitta subita dalla storia con Nik. Dopo essere uscita più volte con un giovane avvocato ventinovenne, Monnie decise di troncare la frequentazione, non perché lui non fosse un giovane serio e rispettabile, semplicemente si rese conto di andare contro la sua stessa volontà e non voleva correre il rischio di affezionarsi di un’altra persona che avrebbe inevitabilmente lasciato, come successe con Fabien qualche mese prima. Andrew , l’avvocato, era un ragazzo fatto uomo troppo presto: laureato in giurisprudenza, aveva deciso di intraprendere la carriera del padre e di gestire insieme al lui l’azienda edile di famiglia, occupandosi del ramo amministrativo. Alto, slanciato, con gli occhiali rettangolari sul suo viso ovale ma con un qualcosa di spigoloso nei tratti, seppur dal sorriso gentile e dai modi da perfetto gentiluomo. Proprio quest’ultimo aspetto aveva colpito Monnie, ma non in positivo: le sembrava così artefatta quella gentilezza e quella pacatezza che  quasi non credeva alla spontaneità di  tali comportamenti e ciò le metteva ansia ed angoscia perché conversare con lui diventava pesante per la ricercatezza del suo eloquio formale e poi, il suo modo di vestire, sempre impettito di giacca e cravatta perfettamente ordinata, lo faceva apparire più vecchio della sua giovane età, lasciando trasparire in lui una eccessiva serietà, che metteva paura nelle aspettative di Monnie, facendola sentire inadeguata.  Per questa ragione Monnie decise di essere chiara con lui, spiegandogli che, per quanto lui fosse un ragazzo maturo, un uomo d’altri tempi oramai, lei non era ancora pronta ad una tale richiesta di rapporto  serio a due, conoscendosi ancora da poco tempo, le sembrava tutto così affrettato…Andrew, da vero signore, incassò il dolce colpo manifestando un certo stupore ma accettò la scelta di Monnie , così decisero di rimanere buoni amici, senza rancori. Almeno per lei.
Ma come poteva intraprendere una relazione seria con un uomo che in fondo non amava e  da cui, in realtà, lei non percepiva di essere realmente amata? Il rampante professionista era sicuramente affascinato dalla personalità poliedrica e frizzante di Monnie, ma il suo atteggiamento di ricercatezza della perfezione  aveva spaventato la povera anima inquieta della bella maestra d’asilo, che cercava un sostegno, una persona semplice e complice , che la supportasse a rialzarsi dalla brutta esperienza, dapprima quella di  James e successivamente quella di  Nik. 

venerdì 3 gennaio 2014

L'ultimo volo Cap. 9

Capitolo Nono
NESSUNA RISPOSTA
(parte prima)

I mesi di Gennaio e Febbraio del nuovo anno non furono molto stimolanti per il suo  lavoro che vide una brusca caduta, in quanto la sua opera di collaborazione nell’asilo in cui lavorava da diversi anni era giunta oramai agli sgoccioli e molto probabilmente non ci sarebbe stato un rinnovo contrattuale. Per questo motivo, ultimamente l’umore di Monnie era piuttosto altalenante: alcuni giorni era piena di speranze, altri invece sprofondava nel pessimismo peggiore. Jovy cercava di confortarla come poteva: passavo più tempo insieme e per questo le giornate trascorrevano più leggere. Anche gli altri amici sostenevano Monnie, con molta cautela e tatto, ma la probabile perdita del lavoro non era l’unico evento che  la preoccupava. Altre volte Monnie aveva avuto situazioni lavorative precarie, ma i suoi turbamenti d’umore erano dovuti anche alle ultime vicende sentimentali sperimentate negli ultimi due mesi.

A Gennaio incontrò un paio di volte Nik insieme ai suoi amici. Eventi non programmati, feste di amici in comune, come se fosse  stato il destino a metterli davanti, per quanto oramai non sarebbero più cercati. Ciò che accadde in quelle situazioni fu lo stesso copione di sempre: in  entrambe le occasioni, si scambiarono solo saluti formali, poche parole di cortesia, come se fossero due conoscenti ed invece si erano amati. In particolare, una sera a casa di un amico, molti tra gli amici stretti di Nik e di Monnie erano presenti e c’era anche un’altra figura. Nik flirtava spudoratamente con una ragazza, poco più che ventenne, una ragazza dai lunghi capelli castani e lo sguardo ammiccante di chi conosce bene l’arte della seduzione mentre Monnie era diventata una spettatrice. attonita del loro guardarsi, parlarsi ed abbracciarsi, Sapeva di non poteva intervenire, non poteva parlare, riusciva a malapena a respirare e stringendosi le mani come in un pugno, poteva solo abbassare lo sguardo quando incrociava lo sguardo compiaciuto di Nik  e volgerlo altrove, con una forte tristezza nel cuore. Quella sera fu veramente devastante per lei: stamparsi in faccia una finta allegria, morire dentro, ostentare sicurezza  e avere la consapevolezza di essere stata sconfitta. Molte volte in realtà lui la cercò con gli occhi e molte volte lui la cercò davvero, sembrava che si stessero rincorrendo ma  nessuno, a parte i loro cuori ed i loro ricordi, conosceva il loro passato, i loro baci e le parole spese per alimentare una relazione che non si concretizzò mai. E quando ormai la serata volgeva al termine, Monnie fece per caso conoscenza con quella ammaliante ragazza che quella sera  le aveva sottratto tutte le speranze, e  che ebbe persino l’ardire di chiederle come conosceva Nik Cowell. Per qualche secondo , stupefatta , le rispose che si conoscevano da tempo, da quasi un anno tramite un altro amico in comune. Silenzio. Monnie allora le riformulò la stessa domanda con intrepida curiosità di come e da quanto tempo avevano iniziato ad essere così “intimi” , almeno in apparenza. Così Monnie registrò ogni sua parola, ma tenne per sé ogni commento e precisazione:  nessuno, in quella stanza, avrebbe mai saputo di cosa si fosse creato e disfatto tra loro due. 

giovedì 2 gennaio 2014

L'ultimo volo Cap.8

Capitolo Ottavo 
DENTRO AI MIEI OCCHI
(parte seconda)

La prima volta che fece l’amore con Nik, quando le parole e le intenzioni bollenti scorrevano dentro quei messaggi rubati, fu davvero straordinario. Nell’attesa, prima che lui arrivasse, Monnie aveva ancora addosso i suoi leggings neri, la maglietta carina a strisce beige e nere con il fiore arancio, ma non si sentiva sensuale abbastanza. Iniziò a spogliarsi per casa , in bagno si lavò nei punti cruciali, si profumò leggermente e ritornò in stanza e scelse un completino intimo, il più carino, in verità, quello che piaceva tanto a James, anzi, forse l’unico, visto che James, negli ultimi anni, non vedeva più Monnie in quel senso. In realtà lui non la guardava più. Color pesca, delicati pizzi, velate trasparenze su quel corpo che non conosceva più l’amore da quasi un anno e poi il tempo che scorreva e lui sarebbe arrivato a momenti. Si rivestì in fretta, nascondendo la sua sensualità negli abiti da brava ragazza che aveva appena indossato quella sera. Poi il rumore di una macchina che si ferma, perché è estate, il silenzio della notte, le finestre sono aperte e ogni minimo suono era preludio d’amore. Corse in cucina, si affacciò con discrezione dal balcone e lo vide uscire dalla sua piccola utilitaria bianca. Era lui, era lì e lei aveva tanta paura dell’amore. Lui salì sopra, al portone lei lo fece entrare, con un’espressione da ingenua, la stessa che conservò per tutti gli incontri fugaci che si susseguirono. Una parola al balcone, conversazioni importanti, argomenti impegnati, poi si ritrovarono in camera da letto, quella di Monnie, in quell’abbraccio di Nik, quei baci sul collo, quel suo movimento sensuale e Monnie che corse a spegnere la luce forte del lampadario principale e a chiudere la porte. Non c’era nessuno a casa, non sarebbe arrivato nessuno ma chiudere la porta equivaleva inconsciamente a chiudere con la realtà del mondo ed abbandonarsi in un sogno, almeno per una sera, nel buio non c’è peccato. Quei baci, un po’ acerbi a dire il vero, e le sue mani che sapevano cosa toccare e una voglia d’amore che Monnie non aveva provato mai. Lui la toccava, la stimolava come nessuno mai, la spogliava con passione nel chiaro-scuro della luce della notte e l’afa di giugno e il respiro ansimante di ha voglia di baci. Anche le mani di Monnie, dapprima un po’ esitanti, incerte, cercavano il suo corpo, lo spogliarono della sua polo a righe bianche e blu, anche lui vestito da “bravo ragazzo”, ma lei, lei moriva per le sue labbra! Quanti baci, quante pause, quante speranze. Pochi minuti, forse solo secondi, e lei non aveva più la maglietta né la canotta, con la violenza dell’amore era già nuda e la sua pelle si amalgamava bene con quella di Nik. Entrambi distesi sul letto, lui le sfilò i leggings e lei i jeans. Monnie era già in paradiso: sentiva, sentiva, sentiva. Il suo corpo e la sua anima sentivano la vita ancora e lei non era più morta. In fondo, come spiegare a Nik che lui le aveva ridato la vita? Che senza di lui lei non avrebbe amato più nessuno? Perché amare lui significava molto più di una notte di sesso soddisfacente.
Non sapeva se era l’eccitazione a renderla disinibita, ma tutto le sembrava naturale.: le mani, le carezze, quei baci appassionati, gli sguardi profondi. La  voce di Nik  era grave e penetrante  dentro la sua anima, i respiri affannosi e i gemiti erano delicati…Il calore sprigionato dall’amore era davvero considerevole: Monnie lo sentiva tra le sue mani il sudore, la forza ed il profumo della pelle di Nik e nella penombra gli sguardi di entrambi, laceranti di amore,  non si risparmiavano, ma si incoraggiavano a continuare quella meravigliosa danza, così imprevista, così naturale, riempiendosi continuamente la bocca di baci e di parole strozzate dal piacere.
Monnie sapeva bene che non aveva mai provato qualcosa del genere durante i sei anni di relazione passata con James. Forse, il ricordo sbiadito di una passione simile poteva essere riconducibile alla prima volta e la seconda volta che Monnie fece l’amore con lui, dopo di che non si ricordo più nulla.
Quanto amore aveva sentito quel letto, quanto calore avevano assorbito quelle lenzuola, e quali immagini erano rimaste incollate invisibili nelle pareti della stanza. Solamente Monnie riusciva a vederle, anche ad occhi chiusi.