Capitolo Terzo
L'ULTIMO VOLO
(parte terza)
Non che lei avesse la presunzione di conoscere a fondo la personalità
di Nik, ma in quelle rare occasioni, aveva apprezzato la modestia e la pacatezza di quell’uomo, sia caratterialmente sia professionalmente. E raccontare a Monnie persino della sua collezione di monete antiche e non, di cui lui andava gelosamente fiero, e dei suoi
hobbies…I ricordi di Monnie si mischiavano tra le parole dolci e tranquille
scambiate in quelle notti a quelle
taglienti e pungenti dette o scritte, tramite messaggi telefonici, nei giorni
successivi e non riusciva a farne che un pentolone di amare menzogne travestite
da suadente sincerità. Lei andò in tilt. Credere alle parole buone fa
sempre meno male che accettare la sconfitta di essere stata “una tra le tante”,
mentre lui “l’unico tra gli altri”, quindi, alla fine di tutto, riprese a
respirare e, soprattutto, a sperare di non aver sbagliato, credendo in fondo alla
matassa di sentimenti contrastanti che le agitavano l’anima.
Anche
Monnie non era solita frequentare quegli ambienti così eleganti e pieni di
paillette senza anima, ma negli ultimi mesi le uniche persone con le quali
aveva ripreso i rapporti, le sue amiche e colleghe di lavoro, erano invece
frequentatrici di quei luoghi. Per lei era tutto nuovo, e talvolta, si sentiva
a disagio attorno a loro perché tutti erano così falsamente gentili ed
amichevoli, ma poi in realtà, così tremendamente soli, forse proprio come
Monnie. L’unico motivo che avesse per uscire e gironzolare per quei locali
notturni, era quello di incontralo tra i tanti con cui incrociava lo sguardo,
inconsapevole di come lui fosse in realtà!
La
serata procedeva tranquilla, si sorseggiava il primo drink alcolico, si
salutavano vecchi e nuovi amici ed intanto ci si confidava pettegolezzi di
amori disastrosi e cuori spezzati. La musica live di un gruppo rock faceva da
colonna sonora ad una serata piacevole, piena di aspettative, di speranze. Sognare era facile. Era più difficile scovare tra il buio e le luci
soffuse, tra tante persone, il volto e la sagoma di Nik, insieme al suo amico,
il gigante buono, Josep.
Gli occhi di Monnie si spalancarono, il
cuore scoppiò, i battiti li sentiva nelle labbra, non riusciva più a
sorseggiare quel long drink dal sapore dolce di vodka e fragola. I sensi le si
appannarono e si sentiva quasi svenire e con gli occhi aveva seguito lo
spostamento dei due ragazzi e vide dove loro si erano fermati a parlare, con
altre due ragazze. Panico e cuore impazzito. Monnie era fuori di sé. Con una scusa
banale, con le sue amiche, si spostò dalla pista centrale in cui la band
suonava “Radio baccano”, e lei le condusse nelle vicinanze dei due giovanotti,
che erano intenti nella conversazione con quelle due ragazze piacenti senza
nome. Una delle due amiche di Monnie,
Lauren, la tipa che celava, con le sue ardite domande, il suo interesse per
Nik, si avvicinò a Josep, con il quale era diventata nei mesi precedenti molto
amica, ed iniziarono a parlare e parlarsi. Monnie recitò un copione non suo:
facendo finta di ritrovarsi, per pura causalità, nelle loro vicinanze, si mostrò
sorridente e loquace mentre l’unica cosa che realmente avrebbe voluto fare era
quella di gridare la sua frustrazione, prendere Nik per mano, baciarlo, amarlo
ed odiarlo contemporaneamente. Quindi iniziò a conversare con Josep, con il
quale era molto più semplice entrare in confidenza e poi, ogni tanto, con finta
indifferenza, cercava di interloquire con Nik, mostrandosi serena. Solo in
apparenza. Fino a quando ebbe il coraggio di rivolgersi a Nik .
- Senti, che
dici? Parliamo un poco? Visto che sembra che tu fuggi, almeno sei qua. Posso
rubarti il tuo amico per qualche minuto?- chiese maliziosamente a Josep, sapendo che lui avrebbe annuito. Infatti così successe, ed anche Nik accettò,
tranquillamente. Si allontanarono, non troppo, lei si avvicinò alla ringhiera
della scaletta in cui si trovavano e lui di fronte a lei. Finalmente. Nik
indossava una polo bianca, una paio di jenas, sempre molto elegante nel portamento,
il viso da bravo ragazzo ed uno sguardo
magnetico a cui Monnie non sapeva resistere, ma doveva riuscire, si era
promessa di riuscire a leggere se nei suoi occhi e vedere se sarebbe stato
sincero o avrebbe mentito.
-Beh,
forse è meglio parlarne di persona. Cose è successo tra noi? Cosa siamo? Ed
anche se io lo so, vorrei che me lo dicessi tu.- iniziò Monnie, che si sforzava
di non tremare, né con la voce né con il corpo, mentre dentro era tutta
tempesta ed uragano. Lui si avvicinò a lei, la guardò ed iniziò a balbettare e
sbattendo veloce le palpebre le ripose : - Amici, siamo amici.- Lei lo guardò negli occhi e disse :- Ah,
amici. Vero, amici. Quindi tu vai a letto con tutte le tue amiche. Uhm. No, perché
io non ci vado a letto con i miei amici.- "Monnie adesso guardava altrove, verso il pavimento, verso il mare nero, o verso la folla che si agitava nei balli. Poi verso di lui con uno sguardo che chiedeva pietà, rispetto ed amore per essersi così esposta chiaramente. Ed lui continuò: - Ma tu cosa vuoi?- Ed anche i suoi occhi cercavano pietà.
–
Cosa voglio? Io?Cosa posso volere!Ascolta, tu lo sai che mi piaci davvero, e
che ti trovo una persona interessante. Quello che voglio è conoscerti meglio, uscire con te…-
Nik, spiazzato, rispose: - Io non voglio una
relazione, non voglio. Io voglio essere libero, fare quello che mi pare, non
sono pronto ad una relazione. Sono stato fidanzato cinque anni e adesso sto
bene!-
Monnie, che aveva saputo da Jovy qualche informazione
sull’unica storia importante di Nik, gli disse.- Di cosa hai paura? Hai paura di
essere mollato?- E lui si girò, cambiò il tono della voce e il suo sguardo si
caricò di un emozione che Monnie non riuscì a decifrare:
-No,ma quale! L’ho lasciata, perchè era troppo asfissiante. Ecco, voglio essere
libero, non voglio fidanzarmi. Guarda, non è per te, anzi tu sei molto bella,
ed appunto per questo, io evito di uscire perché poi…- Monnie si aspettava che
lui continuasse quel pensiero, ed invece si fermò, guardò verso il basso e …Così Monnie
gli disse ancora : - Io non voglio una relazione con te…Tu mi piaci vorrei solo
uscire con te per conoscerti meglio. Io non ti conosco, può essere che io non
ti piaccio o che tu non mi piaci, non lo sappiamo se non ci proviamo!Di che
cosa hai paura?- . Nuovamente Monnie supplicava gli occhi di Nik, in attesa di
una speranza, e si chiedeva perché ne vedeva una in fondo ai suoi occhi?
-
Si, ho paura. Non sono pronto, ma non per te, con nessuna…- . Silenzio. Pausa. Poi, cambiarono
discorso, ed accennarono al fatto che nell’associazione in cui faceva parte Nik vi
era anche un dei migliori amici di Monnie. Parlarono per pochi minuti
ancora. Risero entrambi a denti stretti: c’era una forte tensione che li teneva
così lontani a pochi centrimetri di distanza. Come avrebbero potuto parlarsi
ancora? Quanto amaro in quelle parole…e quanta sincerità nelle parole di Nik.
Tutto doveva finire lì, per Monnie. Si salutarono, lui normalmente mentre Monnie
rimuginava già tutte le sue parole…Lui sembrava adesso più rilassato. Lei
invece nascose tutta la sua tristezza in quella foto scattata dal fotografo del
locale, non appena lui la vide da sola : quale sorriso avrebbe mai celato il suo cuore spezzato?