lunedì 15 dicembre 2014

L'ultimo volo Cap.16



CAPITOLO SEDICESIMO
 
L'appuntamento
( parte prima)

Ormai era fatta: il telefono era in mano, il numero era stato composto, il nodo alla gola si stava formando e il cuore iniziava a battere più forte ad ogni tu-tu-tu che avrebbe anticipato la sua voce. Ma, stranamente, non era come le altre volte: Monnie si reggeva ancora in piedi, anzi, camminava per il corridoio con una piacevole sensazione di serenità, non aveva il solito tremore alle gambe, non sudava freddo, quella sensazione di morire soffocata  non c’era più, non  aveva la bocca asciutta e non si sarebbe sciolta come sempre al suono della sua voce. In fondo, la sua era solo una voce maschile, la voce di un giovane uomo che lei ha disperatamente amato ma pur sempre un essere vivente e non un dio dell’Olimpo!
Così, serena, e quasi incredula di doverlo chiamare per un reale motivo e non per parlare dei suoi sentimenti, prese dalla borsa la sua agenda degli appuntamenti di lavoro, prese la penna e lui rispose. “ Pronto, ciao, come va?” - non più silenzi o voci strozzate ma un caldo “Ciao Nik”  uscì dalla sua bocca e così fu pronta per parlagli, spiegargli il perché di quella telefonata ed essere calma ed amorevole con lui come non lo era stata mai: non gli doveva rimproveragli più nulla, ne cercare di riavvicinarlo, in fondo era anche il suo medico, un medico professionalmente valido. – Ci vediamo lunedì sera, alle 20, così io mi libero di tutti i miei pazienti e ti visito e vediamo dove sta il problema.- disse Nik, molto gentile e premuroso. –Si, per me va più che bene- disse Monnie che stava appuntando tutto sulla sua “famosa” agenda blu - così non ho problemi con il lavoro. Quindi è confermato per lunedì della prossima settimana, alle 20.00,ok?-. -Ok- rispose lui. E lei aggiunse subito dopo: - Dove di si trova il tuo studio?- . Lui sembrò contento, forse inorgoglito di quella così semplice domanda, poiché quello studio rappresentava così tanto per lui: una realizzazione personale, dopo anni sui libri all’università, la specializzazione, i primi incarichi presso altri medici, mentre adesso aveva la sua indipendenza lavorativa, si sentiva che iniziava adesso la sua carriera professionale anche attraverso la vista di quelle sedie vuote in sala d’aspetto, consapevole che presto tante persone ci sarebbero sedute ed aspettato lui e solo lui! –Oh sì, certo! Tu non ci sei stata ancora! Allora, lo studio si trova in Wooden Street 310. Sai dove si trova la zona, non è vero?- e Monnie rispose che la zona la conosceva bene e che non avrebbe avuto problemi a trovare lo studio, ma chiese a Nik solo di ripetere il numero civico. Negli ultimi minuti di conversazione lei stava iniziando a divagare nei suoi pensieri ma volle accertarsi di aver scritto correttamente l’indirizzo e poi si salutarono come fanno due vecchi amici: semplici parole di saluto, tono caldo della voce, e un sorriso gentile stampato sulle labbra di entrambi, come a decretare la fine di una lunga guerra, un dolce armistizio senza rimpianti.

sabato 22 novembre 2014

L'ultimo volo Cap.15



CAPITOLO QUINDICESIMO
Odio l’estate

In quei rari momenti di benessere interiore, era inevitabile lo scatenarsi della tempesta, ed ormai Monnie se lo aspettava, anche se non aveva considerato mai che ciò che le sarebbe accaduto,  avrebbe ferito il suo orgoglio più che il suo amore. Il mese di Luglio si era concluso tra i baci passionali di un giovane tenente dell’esercito in licenza dalle parte di Monnie, per il quale però ella non provava nulla, nemmeno una attrazione fisica, anche se non le dispiaceva il fatto che il suo corpo richiamasse l’idea di un eros così bruciante . Ma il sesso lo preferiva fare ancora una volta con Vemis, perché era misto ad amore ed affetto e poi non faceva male: anima e corpo accoglievano insieme e non c’era tensione alcuna, così come capitò con Nik. Di quest’ultimo, nessuna traccia dopo l’incontro fortuito di quella sera al nightclub sulla costa. Monnie sembrava esserne più distaccata, finalmente non tremava più nel vederlo e si sentiva sicura che tra loro non ci sarebbero più state emozioni. In un clima di mare, amicizie e voglia di divertirsi Monnie continuava a insabbiare i ricordi e i pensieri negativi della storia strappata con Taninem, cercando di proiettarsi avanti e su quello che ancora avrebbe potuto vivere in quell’estate.
Agosto iniziò male e finì peggio, emotivamente parlando. Tutto accadde  quando qualcosa tra lei e Vemis si incrinò di nuovo, non per volere beffardo di situazioni complicate ma a causa di una sottospecie di donna che si insinuò tra loro, alimentando dubbi, gelosie e tradimenti. Il tradimento non si capì mai se fu vero o fittizio, ma la fiducia e la stima che Monnie aveva riposto in Vemis crollarono precipitosamente. La rabbia, la solitudine, la forte reazione che  lei ebbe le seccò il cuore e l’anima e, per quanto i giorni migliori di estate stessero per finire, Monnie sentiva e ancora desiderava che l’estate vera cominciasse perché improvvisamente si ritrovò sola.
I primi quindici giorni di Agosto passarono silenti.
Il lavoro era l’unico appiglio a cui ancora poteva reggersi e così quelle colleghe con cui si poteva parlare di tutto ed un po’, capendo che in fondo, c’erano così altre situazioni ben peggiori di quelle di Monnie, anche se il suo peregrinare interiore le faceva male davvero. A volte anche la speranza moriva.
Capitò  anche di incontrare casualmente anche Taninem. Occhi negli occhi, un po’ imbarazzati, ma sereni,  perché Monnie non  aveva digerito ancora la fine di quella storia così assurda, perché con lui ci stava bene davvero, quasi da volerne essere dipendente, ma la razionalità della verità del cinico ingegnere era così lineare che, oramai, le sensazioni negative provate per la fine di quella “storia” iniziavano a fare meno male. In quella occasione il cuore le battè ancora, ma poi passò e tutto si tramutò in silenzio.

sabato 5 luglio 2014

L'ultimo volo Cap.14

Capitolo Quattordicesimo
SAPORE DI ESTATE
(parte seconda)

Non voleva parlare, non voleva pensare solo sentirsi amata, coccolata dalle uniche braccia che avesse sentito più sincere negli ultimi mesi. Inoltre sapeva già di aver azzardato molto, perché al dolore non si risponde con il finto amore, ma il senso di smarrimento era molto forte che lei non capì più nulla. Così, ricominciò a rivedere Vemis, a sentirsi come prima di incontrare  Taninem, come se non si fossero mai lasciati per tutti quei giorni e l’attrazione  provava per lui non era finita. L’amore, il sesso, l’amicizia, il mare, il sole e le amiche, ma nei pensieri di Monnie, quelli veri, c’era ancora Taninem e tanto vuoto, tanta delusione, e soprattutto un silenzio da parte sua. Non più una parola, ne un segno, tanta rabbia ed amarezza. La dolce maestrina continuava la sua attività lavorativa  durante tutta l’estate ed fu proprio quel “dimenticarsi” per almeno sei ore della sua vita e concentrandosi su quelle degli altri che le permise di non andare completamente in tilt. Sembrava che di Nik avesse perso l’interesse, sebbene capitò di incrociarlo in qualche sera d’estate, in lei c’erano ancora i suoi ricordi ma essi iniziavano a diventare scarichi di quella forte intensità emotiva che li aveva caratterizzati prima di conoscere Taninem. In fondo, seppur sfiorandosi talvolta, nessun contatto vero si ebbe più tra loro, mentre le mani di Monnie sentivano ancora il calore delle mani dell’ingegnere cinico. Le emozioni erano diventate troppe e troppo forti per essere gestite nuovamente in un modo razionale che lei non comprendeva, in un momento in cui tutto procedeva verso una giusta direzione con una velocità esagerata, troppo veloce per una storia davvero solida. Un altro luglio stava così per terminare quando capitò che una domenica assolata vide Monnie , Vemis , Taninem e Nik protagonisti tutti insieme.

Ancora una volta tutto accadde il 21 luglio, ma Monnie, all’alba di quel nuovo giorno, non fece caso a questa strana coincidenza. Era una domenica calda, una giornata speciale dopo una settimana di intenso lavoro gratificava il cuore e lo spirito e il programma giornaliero  prevedeva una giornata a mare insieme alle amiche di sempre, con Annis da una parte , che la rassicurava e le dava la vitalità necessaria per non lasciarsi sopraffare dalle emozioni negative, e Vemis dall’altra parte per farla sentire amata, ad ogni sguardo e ad ogni tocco. Tutto sembrava perfetto, tranquillo quando in spiaggia, tra tante persone, Annis riconobbe la sagoma di Taninem e dell’altro amico suo. Così si incontrarono, senza che nessuno di loro si cercasse davvero: il destino, il caso, la fatalità,  e i loro occhi che parlarono più di quello che le loro labbra immobili riuscirono a pronunciare. Pietrificati, si scambiarono alcune parole di circostanza ed anche se in evidente imbarazzo, Monnie cercava di condurre una conversazione amichevole anche se a tradirla era la voce , a volte, tremante e il cuore che le scoppiava in petto. Taninem, in cuor suo, sapeva bene quale vuoto avesse provato nell’animo di Monnie, aveva imparato a leggere in poco tempo , dentro ai suoi occhi, le sue sensazioni e poteva quasi immaginare i suoi pensieri solo guardandola. Sebbene i loro destini si erano incrociati in via del tutto occasionale, entrambi si sentivano come legati da un sottile filo di vita che li aveva avvicinati per gioco ed allontanati per una ragione, che si sarebbe potuta chiamare affetto, emozione, sentimento, forse..amore. Quella giornata di mare non si guastò perché Vemis riempì il suo vuoto affettivo e la sua presenza diede prova della gelosia di Taninem nei confronti del designer, tanto amico di Monnie. 

sabato 14 giugno 2014

L'ultimo volo Cap. 14

Capitolo Quattordicesimo
SAPORE DI ESTATE
(parte prima)

Il sale sulla ferita aperta disinfetta,  ma brucia. La ferita di Monnie bruciava vivamente ed il sale delle sue lacrime incrementava quella sofferenza, talmente accecante da farle commettere azioni che non avrebbe mai dovuto compiere.  Il destino e Saturno contro l’avevano messa nuovamente alla prova, in un periodo come quello dell’estate in cui la vita dovrebbe apparire più leggera, ed invece, per Monnie era appena iniziata una stagione da dimenticare.

Quel tardo pomeriggio di solstizio d’estate in cui Taninem lasciò Monnie,  quando era distesa a guardare allibita il soffitto, prima di telefonare a Jovy, chiamò insistentemente  Vemis, che, in un modo o nell’altro la amava ancora. Quella sera stessa lui rispose al suo bisogno di presenza e si incontrarono, dopo essere stata insieme a Jovy e da un’altra coppia di amici simpatici a trascorrere un paio d’ore in un cinema all’aperto.  Monnie era davvero fuori di sé nella sua calma apparente e aveva necessariamente bisogno di un’emozione forte, forte per contrastare il profondo dolore che sentiva dentro, che non riusciva a razionalizzare. Le uniche parole che le erano rimaste impresse erano quelle gelide di Taninem, anche mentre baciava le labbra di Vemis e  cercava di farci nuovamente l’amore. Adesso Vemis era lì con lei da dove era sparito,  ma Monnie sapeva di avere bisogno di non sentirsi sola per non esplodere dentro quel mare di indifferenza che si sentiva addosso. 

giovedì 15 maggio 2014

L'ultimo volo Cap.13

Capitolo Tredicesimo
UNA BRAVA RAGAZZA
(parte quarta)

Cosa? Cosa aveva sentito Monnie? “Sei una brava ragazza”? Lui continuava a parlare, lei era impietrita, cercando solo di celare lo smarrimento. Disse ironicamente, per alleviare la tensione che si era creata “Vabbè, ormai che siamo qui, andiamo a mangiare qualcosa insieme!”. Serio, razionale, analitico. “Forse non hai capito. E’ meglio che non ci sentiamo, né ci  vediamo più.”
Poche parole ci circostanza. Un “buona fortuna” uscito fleblile dalle labbra sconvolte di Monnie. Salì a casa, attonita e senza voce, si buttò nel letto. Non sapeva cosa fare: talmente era lo shock che era in uno stato confusionale mai vissuto. Sicuramente non voleva rimanere a casa tutta fresca e profumata come era, quindi chiamò Jovy. Lei era appena uscita fuori con i loro amici ma le supplicò di tornare indietro e di uscire: “Taninem  mi ha mollata”. Possibile? Stavano insieme?  Jovy arrivò subito, Monnie erà già fuori ad aspettarla, con lo sguardo perso nel vuoto, salì in macchina ed iniziò a singhiozzare.
N.B. Breve definizione di brava ragazza.
Brava: rispettosa, gentile, educata , una persona che crede in qualcosa, che ha ancora qualcosa in cui credere. Intelligente , acculturata, ragionevole , e se necessario, emotiva ed  istintiva. Ragazza: essere umano di sesso femminile, rossetto e cipria, capelli lunghi e sempre profumata. Indossa prevalentemente gonne e tacchi di dimensioni variabili, ama i colori e dona la vita, futura cuoca e madre di famiglia, ottima amministratrice  della casa.
Ma questa non è la giusta definizione.
Dicasi “brava ragazza” colei che, durante una frequentazione con un ragazzo, è una “difficile” da portare a letto, una “noiosa”. Ogni tentativo di sedurla per raggiungere l’obiettivo maestro risulta vano dopo un tot di tempo variabile (circa un mese), diventa una perdita di tempo e, non appena si avvistano i primi segnali di innamoramento da parte della ragazza ( perché, ammetto, le ragazze possono provare sentimenti oltre che istinti animali), ecco che ci si tira fuori dalla situazione imbarazzante, con la vecchia scusa “non può continuare con te, non te lo meriti  perché sei una brava ragazza.”  

Si capisce subito se la ragazza è “brava” oppure no. Ma Monnie non credeva che esistesse una “cattiva ragazza”  perché , se ci si concede una sera, non lo si fa per cattiveria, ma per tutta una serie di motivazioni e ragioni  che non sono l’amore, ma non per questo non degne di rispetto e silenzio. Monnie non si sentiva una cattiva ragazza né pensava di esserlo mai stata in passato, e quell’appellativo di Taninem le fece perdere il controllo e le bruciava come un ferita aperta. Per lei, essere una brava ragazza significava essere una donna  in divenire e non più una adolescente in preda alle variazioni ormonali. 

martedì 6 maggio 2014

L'ultimo volo Cap.13

Capitolo Tredicesimo
UNA BRAVA RAGAZZA
(parte terza)

“Aspetta… fermiamoci un attimo, è meglio non complicare subito le cose.” Così Monnie fermò la passione di Tanimen, non perché non volesse o non si sentisse pronta, ma un mese era ancora poco per capire se da quella storiella leggera potesse nascere qualcosa di più, perché questa volta i presupposti c’erano tutti, solo che non c’era lui. Ovvero, le sue buoni intenzioni. Tanimen, dagli occhi verdi oro come l’acqua di mare cristallina su cui brilla il sole a mezzogiorno, allora si rivestì in silenzio, o meglio,  con un mezzo sorriso apparentemente tranquillo e alla porta di ingresso baciò rapidamente le labbra infuocate ma determinate di Monnie e buonanotte fu. Almeno per lei. Quella notte era davvero speciale, poiché un anno prima lei era tra le braccia di Nik, aveva le sue labbra sulle sue, e la persona che era diventata fino ad allora era anche merito a quella prima loro notte d’amore insieme. Quella notte rimase quindi immacolata al suo ricordo.
Coincidenze, chissà, ma questa volta sentiva di aver fatto la cosa giusta e finalmente stava guidando quella “relazione” per come avrebbe voluto, perché a lui ci teneva, sentiva qualcosa davvero, anche se non era ancora viscerale come fu per Nik. Prendere tempo per conoscerlo meglio, questa era la sua nuova filosofia.  Passarono due giorni e di Taninem nessuna traccia o segno, ma   Monnie non  notò la sua immotivata freddezza. Il Caso volle che in quei giorni lui dovesse sostenere un ultimo esame all’università, quindi Monnie non si crucciò di quel silenzio: voleva essere meno ansiosa del solito senza crearsi paranoie inutili e senza creargli pressioni controproducenti. Nel frattempo si rese conto che la mancanza di Tanimen sembrava vincere sulla sensazione di vuoto che adesso aveva di Nik: strano, ma era davvero quello che provava e ciò lo confidò anche a Jovy, che sapeva tutti i particolari della vita di Monnie, meglio di una sorella che lei non aveva mai avuto.
Il terzo giorno “resuscitò” , anche lui, una telefonata ed era lo stesso ragazzo di sempre. Il silenzio di Taninem era stato interrotto e così avrebbero avuto l’occasione di rivedersi e stare insieme, anche solo per una mezz’ora, dopo quella famosa notte. Monnie tornò a casa nel tardo pomeriggio da un corso di aggiornamento per il suo lavoro, si preparò dunque in fretta ascoltando un po’ di musica, e con un sorriso sereno aspettava lo squillo di Taninem che significava che era arrivato sotto casa sua.
Il segnale lo ricevette, Seth era fuori in balcone che parlava al telefono, lei uscì salutando. Contenta di vederlo di nuovo, uscita dal cancelletto lo trovò non molto lontano, tranquillo, con lo sguardo un po’ severo, forse, ma Monnie non se ne accorse. Lei si avvicinò, lui la baciò sulle labbra per salutarla, lei tremava un po’. Alcune parole sull’esame , poi sul corso di Monnie e improvvisamente un  secco ed asciutto  “Ti devo parlare”. Parlare? Di che, pensò Monnie? In fondo erano lì, faccia a faccia. L’ingegnere dalla barba speziata (definizione che si meritò in base al color castano-rossiccio e dai riflessi dorati  di quest’ultima) cambiò il tono dalla voce e iniziò un monologo analitico, da vero programmatore. Razionale, distaccato, con poca voglia di scherzare. Monnie iniziò a tremare, ma questa volta il brivido non era di eccitazione quanto di smarrimento, lo guardava atterrita, incredula, cercava di ascoltarlo, e lo fece, ma dentro di sé riviveva momenti, parole, qualcosa di già vissuto. “Tu sei una brava ragazza, e non ti meriti ….”. 

giovedì 1 maggio 2014

L'ultimo volo Cap.13

Capitolo Tredicesimo
UNA BRAVA RAGAZZA
(parte seconda)

Inevitabile che alla fine della serata, dopo anche un giro folle in centro, mentre lei lo stava tranquillamente salutando, lui la baciò in un modo che lei voleva: l’attrazione mentale e fisica per l’ingegnere c’era, era tanta, ma l’unico contatto che si sentiva di concedergli erano solo le sue labbra. Così, da quella sera, si continuarono a vedere, a sentirsi, a scherzare, a baciarsi perché gli andava ad entrambi. Questa volta in Monnie aumentava la consapevolezza di non voler bruciare le tappe, di nutrire senza fretta quella conoscenza, concedendosi solo a quello scambio emotivo, già profondo per lei. In fondo erano “perfetti”: entrambi stavano bene e lei lo avvertiva, erano molto affini che non le sembrava vero, erano molto attratti l’uno dall’altro, e per circa una ventina giorni Nik era scomparso dai suoi pensieri. Cioè, non che lei avesse dimenticato, ma si rendeva conto che la loro situazione sarebbe dovuta essere come quella sua con Taninem e per questo allontanava il suo ricordo dalla sua testa. Successe poi che Nik le mandò un messaggio al telefono, ma lei rispose laconicamente: stava succedendo l’inevitabile, ovvero alcune corde mentali erano state toccate e il suo sentirsi a e a suo agio con un quasi semi-sconosciuto era un evento che non voleva sciupare. Voleva guardare avanti, senza più trascinarsi il passato e questo le sembrava dovuto. Risate, baci, carezze tranquille, e un senso di benessere distensivo.  La complicità con Taninem era diventata tale che per due volte lei lo fece salire da lei, ma non per amore, ma per amicizia. Niente sesso o altro, solo la voglia di stare bene e guardarsi qualche film in compagnia. Era una sensazione rilassante, dagli effetti benefici per l’anima,  quella di stare insieme, senza aver addosso la fretta del sesso. Il silenzio e il parlarsi durante la visione di un film le ricordava attimi di vita con James, quei momenti che avevano condiviso come amici, più che come fidanzati. Gli abbracci, di quelli che ti calmano, ed i baci sinceri che si scambiano le coppie già rodate, di quelli che ti fanno sentire la presenza, il calore della vita, senza per questo incendiarsi continuamente di passione. Quelli ci furono pure, ma non presero mai il sopravvento, anche se Monnie lo desiderava tanto e per Taninem era lo stesso, ed era tutto quasi perfetto. Quasi perfetto.

lunedì 21 aprile 2014

L'ultimo volo Cap.13

Capitolo Tredicesimo
UNA BRAVA RAGAZZA
(parte prima)


Certe emozioni non tornarono più. Aver fatto pace con il proprio passato predispone l’animo a nuove emozioni, situazioni ed imprevisti a cui non avremmo mai dato importanza. Ed invece capitò qualcosa di così assurdo che neanche Monnie sembrava capirne la ragione. In fondo, la ragione profonda la conosceva bene, ma preferiva mentire e mentirsi pur di continuare a vivere. Pochi giorni dopo il secondo appuntamento con Tanimen, nella sua vita era scattata qualcosa: la sua curiosità aveva preso il sopravvento e i ricordi di Nik e Vemis vennero messi nel cassetto del passato. Continuare a sentirsi con questo nuovo ragazzo che in breve tempo l’aveva fatta ridere, l’aveva messa a suo agio, ragazzo con il quale sembrava avere molti, troppi punti in comune e non solo in termine di sensazioni. Taninem, senza accorgersene,  aveva reso l’anima e la vita di Monnie colorata, serena. In breve tempo arrivò il terzo invito da parte sua,  ma non era più un evento causale: una cena, un’uscita di  sabato sera. Seppur scettica, Monnie desiderava davvero verificare cosa realmente fosse quell’interesse che lui le dimostrava e capire fino in fondo cosa avrebbe mai provato lei questa volta.
Era sabato sera, il primo giorno di un giugno umido e decisamente insolito, e non solo per la temperatura. Appuntamento alle 20.30, puntuale. L’uomo perfetto, troppo pignolo. In macchina una piacevole conversazione, poi si  è arrivati al ristorante e Monnie era insanamente felice. Prima che lui arrivasse sotto casa, mentre si profumava di sensualità, Seth la guardava muoversi e capì che questa volta Monnie si stava eccitando davvero per quella persona con cui si apprestava ad uscire, anche se lei, da un bel po’ di tempo, non era più riuscita a confidarsi con lui, vista la precedente esperienza con Lauren, ed era rimasta sempre rimasta vaga nel parlare della sua vita privata. Con Taninem non si poteva non annoiarsi: era simpatico, brillante e aveva capito come prenderla, con l’umorismo e una leggerezza non banale. Monnie lo guardava parlare, lo ascoltava parlare, ma ciò che la colpì maggiormente fu il movimento veloce della sua bocca e il suo sorriso particolare. Quegli occhi verdi che brillavano mentre si parlava e si scoprivano che erano davvero identici, o meglio molto affini. Monnie capì di star rischiando, rischiando i suoi sentimenti: iniziava a provare dentro sensazioni diffuse, controllabili ancora razionalmente, ma per quanto tempo sarebbe riuscita a celare i suoi pensieri più  intimi, le sue disillusioni con Nik, l’incoerenza dell’agire di Vemis, per poi abbassare le difese ed innamorarsi di lui?  All’uscita del ristorante , erano ancora lì a parlare e ridere, e decisero di farsi una passeggiata al lungomare. Il freddo inconsueto di giugno li vedeva coraggiosi nel sedersi su una panchina, con il mare nero e un deserto di luci vicino loro. Fu allora che Monnie ebbe il coraggio di dirgli: - Senti, ascolta Taninem, questa è la terza volta che usciamo insieme. Cosa vuoi da me? Cosa vorresti da me? Se pensi che io sia una di quelle con cui ci esci un po’ e poi ti porti a letto, beh io non sono così .- . 
Il ghiaccio tra loro. Qualche secondo imbarazzante e poi Taninem parlò rispondendo: - Io non lo so, siamo liberi. Ci stiamo conoscendo. Ci sentiamo se ci va, quando non ci va non  lo facciamo. - . Risposta ottimale per Monnie, che di legarsi non voleva proprio e non cercava adesso un altro rifugio per le sue ansie, né tanto mento voleva commettere l’errore di fare l’amore con lui, subito, senza stabilizzarsi emotivamente come invece scattò con Vemis, perché, anche se la passione tra i due era bruciante, sempre di errore si trattò, perché il sesso avvicina due corpi, non due anime. L’unico “errore” che non sentiva, erano le nottate trascorse tra le braccia di Nik, per cui avrebbe dato l’anima, solo per respirare l’aria sua, perché con lui era bello anche parlare ed ascoltare la sua voce, interessarsi alle sue parole oltre che delle sue labbra.

giovedì 17 aprile 2014

L'ultimo volo Cap.12

Capitolo Dodicesimo
UN'ALTRA BOCCA DA BACIARE
(parte seconda)

– Ma questa sera sembri Jane!- disse lui con il suo sorriso disarmante e la battuta pungente che rese perplessa Monnie. In risposta, con il suo sorriso innamorato, chiese a Nik di ripetere, dato il frastuono della  musica della festa, poiché non aveva capito bene il senso di quella battuta. Nik , che era in compagnia di un suo amico, ripeté quella battuta un paio di volte ma Monnie non riusciva proprio a capire il senso di quel suo esclamare. Alla fine lui aggiunse : - Dai, Jane, quella di Tarzan, della giungla. Sei vestita come Jane. Come per dire una “bella gnocca”…-  e dopo iniziò a ridere compostamente. Pochi secondi e Monnie  capì il senso, ma, essendo stata ferita come persona, paragonata  solo come “una donna molto sensuale e molto intraprendente”, reagì sarcasticamente rispondendo a Nik : -Ahhhh, quindi io Jane, ma tu Cita! Ahahahahahah” e scoppiò a ridere, fragorosamente, per metterlo in imbarazzo davanti al suo amico, paragonandolo a uno scimmione. E ci riuscì. Il tentativo di risultare simpatico con quella battuta era fallito poiché all’imbarazzo di Monnie si ripose con altro velenoso imbarazzo. Possibile che era così incapace anche lui di gestire le sue emozioni, allontanando il suo passato? Quanta sensuale indifferenza sprigionavano le sue parole e i suoi gesti nei confronti di Monnie! E quando la discussione stata iniziando  diventare una gara battute sarcastiche, dense di cinismo e cattiveria gratuita, Monnie si allontanò e per il resto della serata non lo cercò più.

Un maggio così poco primaverile avvolse i suoi giorni, ed oltre al lavoro,  che per fortuna le garantiva una minima certezza durante tutte le sue peripezie del cuore,      era impegnata ad organizzare uscite con amici appassionati di  fotografia come lei. Una piccola parentesi ancora con Vemis, ancora altri baci e un pomeriggio di sano sesso ristoratore, come se non si fossero “mai” lasciati. Si comportavano come una coppia capricciosa: si lasciavano, si riprendevano, avevano voglia di coccolarsi e di amarsi, anche se di “amore” Monnie sentiva di provarlo solo per Nik. Si strusciavano, si abbracciavano e si lasciarono. Questa volta Monnie fu decisa e da quella sera non tornò più indietro: non sarebbe più stata disposta a vivere quel rapporto a metà, neanche più occasionalmente come avevano appena fatto. Erano due anime in pena, entrambi smarriti e delusi da relazioni precedenti, incapaci di fermarsi in un perenne altalenare di emozioni e  con la fame e la seta di conferme, in quel loro continuo mutamento. 

Ogni volta che Monnie prendeva una decisone così radicale, il senso di vuoto le attanava il cuore, lo stomaco e i pensieri. Maggio era già arrivato ma il suo tepore sembrava lontano. Pochi giorni dopo aver lasciato Vemis, complice la sua amicizia con Annie, un certo Taninem entrò in punta di piedi nella vita di Monnie.  
Trentenne, alto, magro, occhi verdi e barbetta incolta speziata, dalla voce calda e dall’ atteggiamento divertente, con la battuta pronta e un cinismo disarmante ma non pesante. Il ritratto del perfetto bambino che vive nel limbo tra la coscienza di essere grande e l’incapacità a comportarsi come tale. Appena rientrato in Italia dopo alcuni mesi passati all’estero per lavoro, per uno stage in marketing poiché laureato in ingegneria gestionale, Taninem, tanto amico della estroversa Annie, iniziò a sentirsi e a voler conoscere Monnie, che in quel momento, l’ultima cosa a cui pensava, era quella di innamorarsi ancora. Taninem era scherzoso, solare, non metteva fretta, Monnie, oltretutto, raffreddava i suoi bollenti spiriti, perché in fondo non è che poi le interessasse questo tipo, più che altro considerava il lato positivo delle cose: la faceva star bene sentirsi ricercata, desiderata, le metteva buon umore e non pensava più né a Vemis né a Nik. Quest’ultimo, ebbene sì, lo rincontrò ancora una sera in cui lei era un po’ brilla, ma tanto lucida da parlagli ancora e flirtare spudoratamente con un suo amico che le faceva una corte serrata. A quel punto Nik divenne geloso, cercava di riconquistare punti, la “donna” era solo sua, un po’ ridere ma chissà in fondo quale verità. Ma non ci sarebbero mai stati dubbi se lui avesse voluto: Monnie era a lui devota, avrebbe amato solo lui per tutta la vita e avrebbe voluto avere una vita insieme, una famiglia,  dei figli, una vita nomale, prevedibile senza il luccicare di feste e champagne scaduto. Nessun avrebbe mai più si sarebbe permesso di sfiorarla, con le mani e con i pensieri se lui le avesse solo detto un misero “forse”. Ma il suo carattere è contraddittorio, di chi vorrebbe amare e lasciarsi amare ed invece respinge per la paura di soffrire ancora, paura di esser abbandonato ancora. Monnie non l’avrebbe mai lasciato, ne era terribilmente sicura, e nei suoi pensieri, in realtà, non era mai sparito.
Per quale motivo lui ancora non si fidava di lei? 
Questa piccola parentesi si verificò la sera prima che Monnie si decise di incontrare Taninem di persona, in una domenica pomeriggio di metà maggio in cui si iniziava a respirare un po’ di primavera. Quell’incontro fu tranquillo per Monnie che aveva negli occhi gli occhi malinconici e adorabili di Nik stampati dentro, e mentre guardava quel giovane ragazzo, cercava di capire se sarebbe dovuta uscirci di nuovo, se si sarebbe mai innamorata di lui e se sarebbe mai stato all’altezza dell’amore che provava per Nik. Incontrarsi, per vedersi, conoscersi, per sapere se lei “ci sta”, e dimenticare la vera ragione per cui il mondo si muove: l’amore. Ma quello, quello vero Monnie sentiva di provarlo solo per Nik.

Nei giorni che seguirono, Monnie era ancora vittima della felicità di aver rivisto il suo medico personale, quindi non si interessò minimamente all’ingegnere dal sogghigno simpatico, che intanto sembrava sempre più interessato a parlare, a scherzare, a conoscere la maestrina e la cercava in un modo discreto ed efficace, fino a quando ella si decise, dopo una decina di giorni dal primo appuntamento, a uscirci un’altra volta, sempre in qualità di “amica”, per una cena veloce e tante chiacchere. La sua sospettosità nei confronti di Tanimen stava per cedere, parola dopo parola si ritrovava nelle sue parole, nelle sue esperienze, e più lo guardava e più vedeva in lui il compromesso tra James e Nik, sia per somiglianza fisica ai due sia per alcuni aspetti della loro vita. Quella sera, la riaccompagnò, si salutarono, lei sentì qualcosa dentro di sé, scese veloce dalla macchina e entrò dentro il grande portone del palazzo di casa. Cosa era successo? Quale sensazione strana aveva adesso avvertito Monnie? Cosa era quella sensazione di voler baciare le labbra di Tanimen? Come aveva potuto dimenticare presto la sofferenza per aver allontanato Vemis? Quella stessa sera, Monnie si stese sul suo grande letto, le luci erano spente ma le luci dei lampioni della strada filtravano e rendevano chiara la penombra, come nella mente. Gli occhi sbarrati a guardare il soffitto, ancora qualche messaggio a Tanimen, per ricordargli della bella  e divertente serata passata insieme. Sorrisi, il cuore che si sentiva di più,  una strana sensazione di benessere, di pace e serenità e la voglia di quel bacio per capire se la passione si sarebbe accesa di nuovo. Una nuova idea, un nuovo sogno stava per sopperire la triste realtà di solitudine di Monnie.

mercoledì 2 aprile 2014

Non è vero mai di Bianca Atzei e Alex Britti

 Qualunque cosa le capiti, il suo pensiero della notte, prima di addormentarsi, è rivolto a quegli, a quello sguardo che le ha ridato la vita. Quella interiore. Così Monnie avrebbe dedicato questa canzone per il suo medico. Ancora oggi. Non è vero mai...

domenica 23 marzo 2014

L'ultimo volo Cap.12

Capitolo Dodicesimo
UN’ALTRA BOCCA DA BACIARE
(parte prima)

Ogni volta che l’idea dell’amore scivolava dalle mani di Monnie, capitava sempre di incontrare nuovamente Nik, e non solo nei sogni o in eventuali sosia, ma anche dal vivo. Sapendo che il rapporto con Vemis era iniziato troppo presto e così presto si sarebbe bruciato, l’unica certezza che conservava nel cuore era il pensiero dell’unica persona per cui aveva provato quelle emozioni,  sensazioni e sentimenti. Durante il mese trascorso a desiderare il designer , Monnie aveva accantonato i suoi pensieri, aveva smesso di fare paragoni e quando lo baciava sentiva davvero le sue labbra, non fantasticando più sulle belle labbra disegnate del suo giovane e affascinante medico personale. Questo rappresentava una piccola vittoria, nella speranza di superare quell’indomabile pensiero di stare vicino a lui.
Entrambi, però, si “scontrarono” nuovamente durante un party di primavera. Nonostante l’amaro per essersi allontanata da Vemis, Monnie, era raggiante e per l’occasione aveva deciso di indossare un abito particolare, estroso come lei per sentirsi più bella, per sentirsi desiderata, per sentirsi amata. Era riuscita a convincere a Jovy ed Agosh, Andrius ed altri amici a partecipare a quella serata, e c’erano anche le altre sue amiche, quelle che mesi dopo l’avrebbero sorretta e sostenuta dopo l’inevitabile fregatura del cuore che seguì durante i mesi estivi. Intanto Monnie non sapeva niente del futuro , sapeva solo che quella sera ci sarebbe potuto essere anche Nik, e questo le bastava per essere eccitata senza volerlo ammettere, perché, in fondo, era curiosa di capire cosa avrebbe provato il suo corpo ed il suo cuore alla sua vista, dopo aver “amato” qualcuno che non era lui.
Si ritrovarono a salutarsi quasi per caso: Jovy era passata avanti con alcuni cocktail in mano, aveva salutato Nik e Monnie dietro di lei. 
Uno suo sguardo fulminio, Monnie, traballante sui tacchi alti per l’emozione, cercava di darsi tono, fece poi un bel respiro e salutò Nik, come un conoscente qualunque. 

venerdì 14 marzo 2014

L'ultimo volo Cap.11

Capitolo Undicesimo
COME OGNI PRIMAVERA
(parte terza)

Lo scompiglio interiore che ella sentiva dentro di sé  trovò fondamento non appena capì che quel rapporto instabile minava la sua felicità quando non lui non era lì con lei e la sua assenza, come amico-amante-compagno le pesava. E poiché non era disposta a soffrire ancora, Monnie decise di allontanare Vemis: era solo il 30 Aprile e quella storia che sembrava averle dato speranza era chiusa, quasi archiviata e non voleva più trascinarsi ricordi melodrammatici. Tutto si era chiusa ma un party festaiolo aspettava solo lei. Quella stessa sera era ritornata radiosa, brillante, con i propositi migliori per dimenticare il sottile dispiacere di aver allontanato la sua ultima fonte di felicità, per affrontare probabilmente, ancora una volta,  gli occhi dell’amore perduto, ovvero Nik.

L’ultima volta, il loro ultimo incontro,  si verificò due giorni dopo che Monnie gli inviò quella email colma di dolore, di amore. L’imbarazzo che si creò in quell’occasione tra i due fu sottile: lo sguardo di Nik in quell’occasione si fece modesto, umile, quasi “amorevole”. Niente compassione, quella no, perché lui, a suo modo, l’aveva amata anche durante quel suo “tira e molla di emozioni” e sapeva bene di quanto dolore e tormento le aveva procurato nel suo cuore smarrito da tante peripezie. Un cuore stanco di battere forte, fortissimo, ancora più forte, sempre più forte, per poi incepparsi, arrancare, bloccarsi, sfinirsi per la sua  incertezza emotiva. Due parole cordiali e lo sguardo mortificato di Monnie che non si aspettava di incontrarlo così presto, anzi prestissimo! Sguardo basso, voce strozzata, cuore impazzito, le gambe che iniziarono a tremare. Come non poteva accorgersene? Anche uno stolto avrebbe notato quanta velata tristezza c’era negli occhi blu di Monnie, ogni volta che lui si spostava tra i tanti, mentre parlava con le altre ragazze, tutte al di fuori di lei. Ma questa volta Monnie lo sapeva, era preparata alla sua indifferenza, ma le faceva male lo stesso,  e di più , se pensava che due giorni prima gli aveva inviato quella profonda email. Stette lontana dal lui, solo “avvicinamenti” moderati visto che tutti conoscono tutti e si doveva far finta di non essersi mai conosciuti, né amati né odiati. Adesso Monnie cercava di farsene una ragione, aveva appena conosciuto Vemis, ma il suo trasporto per Nik era un sentimento raro, una fissazione che non trovava risposta se non una continua alimentazione nei suoi sguardi fugaci. Quella giornata trascorreva tranquilla, lei ed i suoi amici e l’ammaliante ragazza dai lunghi capelli, la giovane seduttrice che aveva conosciuto a Gennaio, che Monnie scoprì essere una amica del gruppo di Piek e quindi anche lei avrebbe frequentato quel giro di amicizie. Un po’ perplessa, un po’ preoccupata, ma doveva accettare qualunque situazione gli venisse presentata perché non poteva intervenire e non l’avrebbe più fatto, in fondo aveva già scoperto le sue carte ed aveva già giocato il suo asso di cuori. Inoltre Monnie aveva con sé la sua macchina fotografica e la sua voglia di intrappolare il mondo dentro quelle immagini,  e lì c’erano i suoi amici: per alcune  ore avrebbe potuto sopravvivere! In quella particolare occasione, le associazioni di cui Monnie e Nik facevano parte avrebbero dovuto anche rimanere la sera per la serata di gala, ma sicuramente Monnie non sarebbe rimasta, mentre quella giovane decise di pernottare nello stesso albergo della conferenza. Cosa avrebbe fatto Nik? Intanto lui era propenso a dare corda alla “femme fatale”, lei lo guardava da lontano con il cuore in mille pezzi, ma esteriormente nulla sembrava scalfirla. Tante foto, alcune di circostanza, altre per amore,  ed ecco che in alcune era vicina alla sua fantomatica rivale, ad essere quasi in imbarazzo, ed altre in cui c’era lui, quella luce negli occhi e le mani che tremavano, ed una in cui c’era anche lei, casualmente vicina a quel sorriso e quella sua mano grande che l’abbracciava. Quante emozioni per quei pochi secondi che sembravo davvero interminabili, in cui Monnie era talmente emozionata che non sapeva più sorridere, faceva fatica a trattenere un sorriso spontaneo e tremava sperando che nessuno,  e persino lui,  non se ne accorgesse mentre lui la toccava con passione quel suo fianco. Ma per quanto ci provasse era sempre più innamorata! Come erano entrambi stupidi, follemente stupidi: chi nel negare l’evidenza dei propri sentimenti, chi nell’ allontanarli per paura di soffrire e di essere abbandonato nuovamente.

giovedì 6 marzo 2014

L'ultimo volo Cap.11

Capitolo Undicesimo
COME OGNI PRIMAVERA
(parte seconda)

Il bacio tra i due bruciava l’anima entrambi di un qualcosa che Monnie non aveva sentito da tempo se non per Nik e Vemis le trasmetteva le stesse sensazioni. Il cuore le batteva ancora, tremava ancora, i suoi occhi luccicavano di stupore e nel suo profondo, nel profondo sentiva un anelito nuovo, di qualcosa di simile che lei pensò “amore”. Con Vemis fu un susseguirsi di eventi emozionalmente forti, talmente forti che decise di farci l’amore con lui, che quasi non conosceva, ma era arrivato subito dentro al suo cuore e dentro al suo letto.
La prima volta accadde in una domenica pomeriggio di un aprile ventoso e nuvoloso, ma dalla camera non uscirono per circa quattro ore di amore. Lo fecero due volte, in un modo che neanche lei capì mai, sembravano fatti per strusciarsi, abbracciarsi  e amarsi. Ecco, aveva percepito proprio questo, aveva sentito di amarlo, ed era stata “amata”,  anche se in fondo sapeva che non sarebbe stata  una storia normale. Ciò che la legava a Vemis era passione e leggerezza  allo stesso tempo e al contempo lo sentiva amico, ma la fretta è una pessima consigliera, e la fiamma della passione dura poco,  così si allontanarono per desiderio di entrambi in quanto all’amore Vemis non era capace di costruirne una relazione emotivamente stabile come cercava lei. In realtà non si erano mai lasciati, si continuavano a sentirsi, tra un impegno e l’altro i baci erano sempre dolcissimi: erano come rimasti intrappolati dalle loro stesse emozioni e non riuscivano a concretizzare le loro stesse sensazioni. Un dolce amaro in più per Monnie, che aveva bisogno di un po’ di pace, serenità emotiva, ed invece si ritrovava ancora sola, implicata in una relazione non facile da gestire a livello sentimentale, tutto per sfuggire a Nik e al suo ricordo. La sensazione che maggiormente sollevò Monnie, nel suo peregrinare interiore, fu quella di aver, almeno apparentemente, accantonato il ricordo e le emozioni del giovane medico: quando baciava e riceveva quei baci, lei sentiva e cercava Vemis e nessun altro, non era Nik, non era Fabien, non era James. Monnie stava forse dimenticando?

domenica 16 febbraio 2014

L'ultimo volo Cap.11

Capitolo Undicesimo
COME OGNI PRIMAVERA
(parte prima)

Come ogni primavera, Monnie  non sapeva a cosa sarebbe andata incontro. Intanto l’aria impetuosa di Marzo portava così nuova linfa alla sua vita: aveva riottenuto l’incarico di maestra nell’asilo in cui aveva lavorato sino a qualche mese  prima ed era così entusiasta di quel nuovo gruppo di amici che la facevano sentire nuovamente viva.  Archiviata la delusione profonda per Nik, Monnie era decisa di voltare pagina e aveva intenzione di vivere, nuovamente,  a pieno le prossime giornate di primavera, conservando un frammento di cuore al ricordo dell’amore che aveva provato per lui e cercando di fare tesoro dell’esperienza: avrebbe cercato di innamorarsi della vita, prendendo il buono ed il brutto insieme e avrebbe lo lasciato libero, libero di non cercarla più ed anche lei si sarebbe sentita più libera di vivere, senza di lui, qualsiasi altra emozione.


Il vento di Marzo portò nuove sensazioni, nuovi orizzonti ed una nuova amicizia tra Monnie e Vemis, nata per caso ed alimentata da una  sottile attrazione fisica che entrambi non sapevamo spiegare! Ciò che lei sentiva per questo giovane designer era proprio incomprensibile, ma rappresentava forse quella pazzia di cui aveva tanto bisogno: in meno di un mese dal loro primo incontro, erano già usciti insieme due volte! E per lei era normale non fingere, non cambiare la sua personalità e si sentiva libera di dire quello che voleva e vedeva in lui la stessa sincerità. Ridere, scherzare, sorridere spontaneamente e poi, quel modo così galante e gli sguardi ammiccanti di Vemis erano sapori dimenticati per Monnie. Poi passò una settimana, ma entrambi si cercavano tramite messaggi telefonici, telefonate allegre ed entrambi si sentivano terribilmente legati. Un altro appuntamento, questa volta ad Aprile però, in riva al mare, un dopo cena speciale. Complici l’atmosfera romantica, la sera piena di stelle, un vento freddo e tagliente e la voglia di un abbraccio caldo. Monnie si era concessa a quel bacio amichevole, ma le labbra di Vemis erano passionali, un sicuro porto per le sue labbra confuse, soprattutto che nelle prime settimane di Marzo era tornato Fabien. Bastarono quei pochi giorni per riconfermare a Monnie che per l’ortopedico lei non provava nulla, nessuna reazione, nessuna sensazione e neanche il sesso era appagante con lui, quanto sempre  doloroso.

venerdì 31 gennaio 2014

L'ultimo volo Cap.10

CAPITOLO  DECIMO

 NON SONO SOLO PAROLE

Nonostante tutti i suoi sforzi, non ci riuscì mai a parlare direttamente con Nik. In compenso, una sera Monnie, dopo una serata trascorsa a gironzolare tra locali più chic della città, si svestì dei suoi ornamenti, indossò la sua camicia da notte color avorio in pizzo, distesa sul suo letto accese il computer portabile. Il sonno non le giungeva facilmente e così, ispirata da alcune canzoni melodiche che le facevano da colonna sonora , iniziò a scrivere alcune frasi sul suo notebook. Dopo un’oretta circa, chiuse gli occhi, digitò il suo nome e concluse: non più frasi ma una lettera intensa, fatta di emozioni, di amore e di triste malinconia per quell’uomo a cui aveva celato tutto, o meglio, aveva cercato di celare la sua anima. Un segreto adesso svelato in caratteri digitali, un po’ amorfo ma intriso di disperazione, la disperazione di una donna che ha amato invano l’anima sterile di Nik.
“In tutti questi mesi ho sempre cercato un modo, un giusto comportamento per esprimere ciò che ho sentito e provato dentro, senza però mai trovare una  soluzione. A  volte , ritenevo che la soluzione migliore fosse quella di ignorare ciò che mi stava capitando, altre volte invece  pensavo che sarebbe stato meglio affrontare di petto tutte le mie paure, i miei desideri, le mie emozioni e potertene parlare così di persona, guardandoti negli occhi, ma mi sono resa conto che non è mai stata una buona idea, visto che non ci sono riuscita, e nemmeno tu me ne hai dato occasione, poichè fuggivi da me , senza, apparentemente, un motivo o una ragione ben precisa e ancora ora vorrei sapere. Quindi, scriverti è rimasta l’ultima delle mie possibilità! Guardando indietro, mi rendo conto che avrei dovuto farlo subito, senza perdere tempo, ed invece mi sono persa dietro le mie elucubrazioni mentali, perché , ammetto , ho avuto paura: paura di capire che mi ero innamorata, paura delle mie stesse emozioni, paura di svelarmi e di essere così vulnerabile e ferita. Sembra strano a dirlo, ma non avevo  provato niente di simile, non mi era mai capitato di sentirmi presa così totalmente come mi è accaduto con te. E così “spaventata” ho lasciato che i giorni passassero, che i mesi si susseguissero cercando di convincermi che per te provavo solo una semplice e passeggera infatuazione…ma in realtà non è stato così. Ciò che poi è successo tra noi, per me non è stato uno sbaglio o un errore di valutazione, né  una svista o altro..per me è stato ciò di cui avevo bisogno da te, perché non riuscivo più a sopportare conversazioni vuote e laconiche fra me e te. E sai bene che sono   stata disposta ad infrangere le mie regole, i miei schemi in  materia di sesso, ma l’ho fatto per ciò che si chiama “amore”., perché  sei stato la mia pazzia più grande. Così ad Agosto sono partita, scappando da qui, sperando che ciò mi avrebbe aiutato a dimenticare, e con una nuova relazione appena nata, ma è stato al  mio ritorno che ho finalmente capito che i miei sentimenti per quella persona non erano forti come quelli che provavo per te. E’ stato allora che ho ammesso a me stessa che tutto ciò che avevo detto, provato, fatto,  è successo perché mi ero semplicemente innamorata..e di te! Era così ovvio. E così ho ripreso la mia vita,  ho cercato di dargli un senso anche se sapevo che ormai tutto era cambiato in te e in me ed ho eliminato ciò che mi faceva stare male.
Durante questi ultimi mesi avrei voluto vederti e  dirti questo, senza forzare  gli eventi, per non  recriminare sul passato,  per non giustificarmi(ci) su ciò che è stato, senza rabbia o altro…più che altro volevo essere sincera e dirti tutto ciò che mi bloccava l’anima e la voce, per poter essere me stessa ogni volta che ci si incontra e non apparire glaciale, come la “Sig.na Rottemeir”( ti ricordi?). E soprattutto, per non avere più paura  di guardarti e magari essere più libera, quindi, caso chiuso. Spero soltanto che tu sia arrivato a leggere queste righe, perché in questo “tira e molla” di emozioni, adesso sai tutto ed io lo so.”


Consapevole che anche con queste parole sono avrebbe mai ottenuto una reazione, Monnie rese partecipe Nik dei suoi sentimenti in maniera chiara ed inequivocabile. Fatto. Nessun rimpianto. Adesso la primavera poteva anche iniziare. Ed infatti non tardò quella sera di fine Febbraio , quando ella decise di prendere parte ad un’uscita di gruppo organizzata da una ragazza simpatica di una nuova associazione di volontariato a cui si era iscritta da qualche mese. Fu una serata tranquilla tra amici nuovi e vecchie conoscenze,  quando al tavolo dove tutti erano già seduti, arrivarono  due ragazzi che sulla ventina e si unirono alla tavolata negli gli unici posti rimasti disponibili accanto a  dove lei era seduta , ed ordinarono. Per non apparire la solita ragazza mutagnola e seriosa, Monnie cominciò ad intrattenere con gli ultimi due arrivati una piacevole conversazione durante la cena, scoprendo che uno di loro era un suo coetaneo, di nome Vemis, grafico pubblicitario in formazione mentre l’altro era ancora un giovanissimo studente universitario appena ventenne. Il feeling che si era appena creato con Vemis, la sconvolse, non era previsto, e subito in lei qualcosa si accese. Restò  però calma e serena: si era promessa a se stessa che nessun altra emozione l’avrebbe sopraffatta e così la serata trascorse tra risate ed argomentazioni leggere insieme ai suoi amici. Quando Monnie ritornò a casa, tutta l’euforia era scomparsa ma qualcosa dentro di lei cambiò e se rese contò guardando quel sorriso  immortalato in una foto scattata  in macchina con Annis.