Capitolo Tredicesimo
UNA BRAVA RAGAZZA
(parte terza)
“Aspetta…
fermiamoci un attimo, è meglio non complicare subito le cose.” Così Monnie
fermò la passione di Tanimen, non perché non volesse o non si sentisse pronta,
ma un mese era ancora poco per capire se da quella storiella leggera potesse nascere
qualcosa di più, perché questa volta i presupposti c’erano tutti, solo che non
c’era lui. Ovvero, le sue buoni intenzioni. Tanimen, dagli occhi verdi oro come
l’acqua di mare cristallina su cui brilla il sole a mezzogiorno, allora si
rivestì in silenzio, o meglio, con un
mezzo sorriso apparentemente tranquillo e alla porta di ingresso baciò
rapidamente le labbra infuocate ma determinate di Monnie e buonanotte fu.
Almeno per lei. Quella notte era davvero speciale, poiché un anno prima lei era
tra le braccia di Nik, aveva le sue labbra sulle sue, e la persona che era
diventata fino ad allora era anche merito a quella prima loro notte d’amore
insieme. Quella notte rimase quindi immacolata al suo ricordo.
Coincidenze,
chissà, ma questa volta sentiva di aver fatto la cosa giusta e finalmente stava
guidando quella “relazione” per come avrebbe voluto, perché a lui ci teneva,
sentiva qualcosa davvero, anche se non era ancora viscerale come fu per Nik.
Prendere tempo per conoscerlo meglio, questa era la sua nuova filosofia. Passarono due giorni e di Taninem nessuna
traccia o segno, ma Monnie non notò la sua immotivata freddezza. Il Caso
volle che in quei giorni lui dovesse sostenere un ultimo esame all’università,
quindi Monnie non si crucciò di quel silenzio: voleva essere meno ansiosa del
solito senza crearsi paranoie inutili e senza creargli pressioni
controproducenti. Nel frattempo si rese conto che la mancanza di Tanimen
sembrava vincere sulla sensazione di vuoto che adesso aveva di Nik: strano, ma
era davvero quello che provava e ciò lo confidò anche a Jovy, che sapeva tutti
i particolari della vita di Monnie, meglio di una sorella che lei non aveva mai
avuto.
Il
terzo giorno “resuscitò” , anche lui, una telefonata ed era lo stesso ragazzo
di sempre. Il silenzio di Taninem era stato interrotto e così avrebbero avuto
l’occasione di rivedersi e stare insieme, anche solo per una mezz’ora, dopo
quella famosa notte. Monnie tornò a casa nel tardo pomeriggio da un corso di
aggiornamento per il suo lavoro, si preparò dunque in fretta ascoltando un po’
di musica, e con un sorriso sereno aspettava lo squillo di Taninem che
significava che era arrivato sotto casa sua.
Il
segnale lo ricevette, Seth era fuori in balcone che parlava al telefono, lei uscì
salutando. Contenta di vederlo di nuovo, uscita dal cancelletto lo trovò non
molto lontano, tranquillo, con lo sguardo un po’ severo, forse, ma Monnie non
se ne accorse. Lei si avvicinò, lui la baciò sulle labbra per salutarla, lei
tremava un po’. Alcune parole sull’esame , poi sul corso di Monnie e
improvvisamente un secco ed
asciutto “Ti devo parlare”. Parlare? Di
che, pensò Monnie? In fondo erano lì, faccia a faccia. L’ingegnere dalla barba
speziata (definizione che si meritò in base al color castano-rossiccio e dai
riflessi dorati di quest’ultima) cambiò
il tono dalla voce e iniziò un monologo analitico, da vero programmatore.
Razionale, distaccato, con poca voglia di scherzare. Monnie iniziò a tremare,
ma questa volta il brivido non era di eccitazione quanto di smarrimento, lo
guardava atterrita, incredula, cercava di ascoltarlo, e lo fece, ma dentro di
sé riviveva momenti, parole, qualcosa di già vissuto. “Tu sei una brava
ragazza, e non ti meriti ….”.
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