martedì 6 maggio 2014

L'ultimo volo Cap.13

Capitolo Tredicesimo
UNA BRAVA RAGAZZA
(parte terza)

“Aspetta… fermiamoci un attimo, è meglio non complicare subito le cose.” Così Monnie fermò la passione di Tanimen, non perché non volesse o non si sentisse pronta, ma un mese era ancora poco per capire se da quella storiella leggera potesse nascere qualcosa di più, perché questa volta i presupposti c’erano tutti, solo che non c’era lui. Ovvero, le sue buoni intenzioni. Tanimen, dagli occhi verdi oro come l’acqua di mare cristallina su cui brilla il sole a mezzogiorno, allora si rivestì in silenzio, o meglio,  con un mezzo sorriso apparentemente tranquillo e alla porta di ingresso baciò rapidamente le labbra infuocate ma determinate di Monnie e buonanotte fu. Almeno per lei. Quella notte era davvero speciale, poiché un anno prima lei era tra le braccia di Nik, aveva le sue labbra sulle sue, e la persona che era diventata fino ad allora era anche merito a quella prima loro notte d’amore insieme. Quella notte rimase quindi immacolata al suo ricordo.
Coincidenze, chissà, ma questa volta sentiva di aver fatto la cosa giusta e finalmente stava guidando quella “relazione” per come avrebbe voluto, perché a lui ci teneva, sentiva qualcosa davvero, anche se non era ancora viscerale come fu per Nik. Prendere tempo per conoscerlo meglio, questa era la sua nuova filosofia.  Passarono due giorni e di Taninem nessuna traccia o segno, ma   Monnie non  notò la sua immotivata freddezza. Il Caso volle che in quei giorni lui dovesse sostenere un ultimo esame all’università, quindi Monnie non si crucciò di quel silenzio: voleva essere meno ansiosa del solito senza crearsi paranoie inutili e senza creargli pressioni controproducenti. Nel frattempo si rese conto che la mancanza di Tanimen sembrava vincere sulla sensazione di vuoto che adesso aveva di Nik: strano, ma era davvero quello che provava e ciò lo confidò anche a Jovy, che sapeva tutti i particolari della vita di Monnie, meglio di una sorella che lei non aveva mai avuto.
Il terzo giorno “resuscitò” , anche lui, una telefonata ed era lo stesso ragazzo di sempre. Il silenzio di Taninem era stato interrotto e così avrebbero avuto l’occasione di rivedersi e stare insieme, anche solo per una mezz’ora, dopo quella famosa notte. Monnie tornò a casa nel tardo pomeriggio da un corso di aggiornamento per il suo lavoro, si preparò dunque in fretta ascoltando un po’ di musica, e con un sorriso sereno aspettava lo squillo di Taninem che significava che era arrivato sotto casa sua.
Il segnale lo ricevette, Seth era fuori in balcone che parlava al telefono, lei uscì salutando. Contenta di vederlo di nuovo, uscita dal cancelletto lo trovò non molto lontano, tranquillo, con lo sguardo un po’ severo, forse, ma Monnie non se ne accorse. Lei si avvicinò, lui la baciò sulle labbra per salutarla, lei tremava un po’. Alcune parole sull’esame , poi sul corso di Monnie e improvvisamente un  secco ed asciutto  “Ti devo parlare”. Parlare? Di che, pensò Monnie? In fondo erano lì, faccia a faccia. L’ingegnere dalla barba speziata (definizione che si meritò in base al color castano-rossiccio e dai riflessi dorati  di quest’ultima) cambiò il tono dalla voce e iniziò un monologo analitico, da vero programmatore. Razionale, distaccato, con poca voglia di scherzare. Monnie iniziò a tremare, ma questa volta il brivido non era di eccitazione quanto di smarrimento, lo guardava atterrita, incredula, cercava di ascoltarlo, e lo fece, ma dentro di sé riviveva momenti, parole, qualcosa di già vissuto. “Tu sei una brava ragazza, e non ti meriti ….”. 

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