lunedì 12 gennaio 2015

Cap. 16 L'ultimo volo




 CAPITOLO SEDICESIMO
L'appuntamento
(parte terza)


Lei arrivò vicino allo studio medico, parcheggiò la macchina non troppo distante ed era già in orario, ma in fondo, si sa che i dottori ti fanno sempre aspettare..quindi arrivò alle 20 ma rimase qualche minuto in macchina e dopo un po’ scese e andò alla ricerca dello studio medico. Il caos della città era diminuito, ma i marciapiedi erano ancora attraversati dagli ultimi ritardatari, quelli che entrano e comprano prima che i negozi, soprattutto gli alimentari, chiudano le salacinesche. Monnie iniziò a dirigersi verso il numero 313, con gli occhi puntati in alto. Ma superando il negozio di ortofrutta alla sua sinistra era già arrivata al 317. Possibile? Fece, dunque, dietro fronte e a guardare bene 313 corrispondeva proprio ad uno dei due ingressi della bottega di frutta e verdura! Scoppiò a ridere come una bambina : si accorse che le ultime parole di Nik non erano state recepite al massimo e che quando lui parlava, lei aveva iniziato a fantasticare di nuovo! Ma non si preoccupò questa volta, anzi, ne rise di gusto e mandò un veloce sms a lui per sapere esattamente il numero civico dello studio. Le sembrò imbarazzante, ma alla fine era necessario! 
Quando lui la chiamò per dirle esattamente il numero lei si incamminò subito, con aria sbarazzina e rideva ancora tra sé e sé di come la vita la metteva sempre alla prova con lui. Così arrivò, premette il tasto del citofono e..stac, il portone si aprì, ma lei era ancora euforica dentro e fuori al telefono con la sua amica Jovy, a cui doveva raccontare tutto, quasi in diretta: prima che le emozioni venissero a galla era meglio razionalizzarle! Monnie stava per entrare nella sala che era vuota. Nick uscì dalla porta che dava sulla sala d’aspetto, dopo tre secondi , bello ed aitante come sempre, e lei ancora al telefono ancora per qualche secondo sino a quando lei disse, con tono sensuale: “Ok, ci sentiamo quando torni a casa. Va bene? Un bacio, sì,sì, a dopo”. Chiuse la telefonata. –Ciao Nick, io..- e lui – Ma chi era al telefono? Era il tuo fidanzato?- Monnie fu sopresa, non si aspettava una domanda così diretta ma subito, sorridendo, gli disse, rassicurandolo, : -Oh, no! Sono tornata single da poco!Non era il mio fidanzato!-.Lei continuò a sorridere, un po’ imbarazzata ma serena dentro, mentre lui la fece accomodare in sala e lui si scusò con lei di non farla entrare subito che stava completando una visita. Lei annuì e lui andò dentro l’ambulatorio. Monnie sorrise, rise, sorrise di nuovo, e pensava che tra loro due ci sarebbe stato sempre questo pizzicarsi dolcemente. E pensando a tutto quello che lei aveva passato e fatto per lui, ancora sorridendo, si guardò attorno e vide la sala dello studio: la disposizione delle sedie, il ventilatore a piantana, le pareti azzurre, gli attestati di un giovane medico, quello che lei avrebbe voluto fosse solo suo, ma non predestinato. 
Ma non ebbe in tempo di dilungarsi nelle sue fantasie che entrò in sala una donna, più o meno della stessa età di Monnie, dagli occhi verdi, che si sedette vicino a lei ed iniziarono un po’ a parlare del più e del meno. Monnie la scrutò attentamente e pensò, chissà quante donne e ragazze più belle di lei lui avrà avuto o potrà avere senza che lei possa essere “gelosa”, ma prima che il suo smagliante sorriso si smarrisse, Nik aprì di scatto la porta dello studio e accompagnò alla porta di ingresso due ragazzi dandogli le ultime indicazioni mediche. Poi si girò e si rivolse a Monnie: il suo turno era arrivato. Dopo i convenevoli, lui le fece vedere il suo regno, il suo studio e le altre   stanze, soddisfatto di ciò che era finalmente suo, e lei ne era contenta e non riusciva a smettere  di sorridere e sentirsene lusingata: si sentiva una paziente speciale! Quando lei lo guardava e lo ascoltava parlare, lei riviveva gli ultimi sei mesi passati lontani da lui, o meglio, dal pensiero di lui e le sembrava davvero strano parlagli da “amica”. Quanto amore ha dovuto mai buttar al vento per essergli finalmente amica? 
Dopo la visita, Nik le consigliò un ulteriore controllo a distanza di una settimana, niente di grave, solo che voleva essere più certo della diagnosi. Monnie non si preoccupò, lei si fidava della sua  professionalità: se lui le avesse promesso la luna lei ci avrebbe creduto...sempre. Quindi si sedettero, come dottore e paziente, alla scrivania e lui iniziò a guardare l’agenda degli appuntamenti e continuarono a parlare, di pezzi di vita fatta separati l’un con l’altro, di aneddoti simpatici solo per guardarsi negli occhi e sorridere, nonostante tutto. Lui le stava scrivendo il memo quando Monnie sentì il telefono squillare. Era Jovy, l’amica del cuore, ma Monnie sfruttò la sua ultima carta per giocare un po’con lui  e, non pronunciando né il nome né facendo capire che si trattava di una donna, parlò al telefono con voce suadente e sensuale. Sorpreso nuovamente, lui stavolta cercò di interrompere quella telefonata con i suoi – Ma chi è al telefono?- per ben due, tre  volte, con gli occhi di chi sa che ha perso il primo posto, magari solo per senso del possesso che adesso Nik non aveva più su Monnie: lei poteva appartenere anche ad un altro che non fosse lui.  Lui la guardava mentre parlava al telefono, nervoso e curioso com’era, desiderò per un attimo essere quella voce nel telefono: una strana sensazione avvertiva nello stomaco,  che non riusciva a capire. Tutto ciò che aveva rifiutato era ancora lì, senza più ferite sanguinanti o melassa nelle parole: davanti a lui una era seduta donna forte che, nonostante tutto, nonostante tutto il dolore, che lui ignorava fosse esistito, era ancora all’in piedi , ancora più bella e più solare  di quando si conobbero, un anno e mezzo prima, in quella sera di Marzo. Gli  occhi di Monnie non erano umidi di pianto, non più, e la sua voce era tornata sicura. Il suo travaglio interiore aveva cessato di esistere.

Nessun commento:

Posta un commento