CAPITOLO QUINDICESIMO
Odio l’estate
In
quei rari momenti di benessere interiore, era inevitabile lo scatenarsi della
tempesta, ed ormai Monnie se lo aspettava, anche se non aveva considerato mai
che ciò che le sarebbe accaduto, avrebbe ferito il suo orgoglio più che il suo
amore. Il mese di Luglio si era concluso tra i baci passionali di un giovane
tenente dell’esercito in licenza dalle parte di Monnie, per il quale però ella
non provava nulla, nemmeno una attrazione fisica, anche se non le dispiaceva il
fatto che il suo corpo richiamasse l’idea di un eros così bruciante . Ma il sesso lo preferiva fare ancora una volta con
Vemis, perché era misto ad amore ed affetto e poi non faceva male: anima e
corpo accoglievano insieme e non c’era tensione alcuna, così come capitò con
Nik. Di quest’ultimo, nessuna traccia dopo l’incontro fortuito di quella sera
al nightclub sulla costa. Monnie sembrava esserne più distaccata, finalmente
non tremava più nel vederlo e si sentiva sicura che tra loro non ci sarebbero
più state emozioni. In un clima di mare, amicizie e voglia di divertirsi Monnie
continuava a insabbiare i ricordi e i pensieri negativi della storia strappata
con Taninem, cercando di proiettarsi avanti e su quello che ancora avrebbe
potuto vivere in quell’estate.
Agosto
iniziò male e finì peggio, emotivamente parlando. Tutto accadde quando qualcosa tra lei e Vemis si incrinò di
nuovo, non per volere beffardo di situazioni complicate ma a causa di una
sottospecie di donna che si insinuò tra loro, alimentando dubbi, gelosie e
tradimenti. Il tradimento non si capì mai se fu vero o fittizio, ma la fiducia
e la stima che Monnie aveva riposto in Vemis crollarono precipitosamente. La
rabbia, la solitudine, la forte reazione che
lei ebbe le seccò il cuore e l’anima e, per quanto i giorni migliori di
estate stessero per finire, Monnie sentiva e ancora desiderava che l’estate
vera cominciasse perché improvvisamente si ritrovò sola.
I
primi quindici giorni di Agosto passarono silenti.
Il
lavoro era l’unico appiglio a cui ancora poteva reggersi e così quelle colleghe
con cui si poteva parlare di tutto ed un po’, capendo che in fondo, c’erano
così altre situazioni ben peggiori di quelle di Monnie, anche se il suo
peregrinare interiore le faceva male davvero. A volte anche la speranza moriva.
Capitò anche di incontrare casualmente anche
Taninem. Occhi negli occhi, un po’ imbarazzati, ma sereni, perché Monnie non aveva digerito ancora la fine di quella storia così assurda, perché con lui ci stava bene
davvero, quasi da volerne essere dipendente, ma la razionalità della verità del
cinico ingegnere era così lineare che, oramai, le sensazioni negative provate
per la fine di quella “storia” iniziavano a fare meno male. In quella occasione
il cuore le battè ancora, ma poi passò e tutto si tramutò in
silenzio.