giovedì 2 gennaio 2014

L'ultimo volo Cap.8

Capitolo Ottavo 
DENTRO AI MIEI OCCHI
(parte seconda)

La prima volta che fece l’amore con Nik, quando le parole e le intenzioni bollenti scorrevano dentro quei messaggi rubati, fu davvero straordinario. Nell’attesa, prima che lui arrivasse, Monnie aveva ancora addosso i suoi leggings neri, la maglietta carina a strisce beige e nere con il fiore arancio, ma non si sentiva sensuale abbastanza. Iniziò a spogliarsi per casa , in bagno si lavò nei punti cruciali, si profumò leggermente e ritornò in stanza e scelse un completino intimo, il più carino, in verità, quello che piaceva tanto a James, anzi, forse l’unico, visto che James, negli ultimi anni, non vedeva più Monnie in quel senso. In realtà lui non la guardava più. Color pesca, delicati pizzi, velate trasparenze su quel corpo che non conosceva più l’amore da quasi un anno e poi il tempo che scorreva e lui sarebbe arrivato a momenti. Si rivestì in fretta, nascondendo la sua sensualità negli abiti da brava ragazza che aveva appena indossato quella sera. Poi il rumore di una macchina che si ferma, perché è estate, il silenzio della notte, le finestre sono aperte e ogni minimo suono era preludio d’amore. Corse in cucina, si affacciò con discrezione dal balcone e lo vide uscire dalla sua piccola utilitaria bianca. Era lui, era lì e lei aveva tanta paura dell’amore. Lui salì sopra, al portone lei lo fece entrare, con un’espressione da ingenua, la stessa che conservò per tutti gli incontri fugaci che si susseguirono. Una parola al balcone, conversazioni importanti, argomenti impegnati, poi si ritrovarono in camera da letto, quella di Monnie, in quell’abbraccio di Nik, quei baci sul collo, quel suo movimento sensuale e Monnie che corse a spegnere la luce forte del lampadario principale e a chiudere la porte. Non c’era nessuno a casa, non sarebbe arrivato nessuno ma chiudere la porta equivaleva inconsciamente a chiudere con la realtà del mondo ed abbandonarsi in un sogno, almeno per una sera, nel buio non c’è peccato. Quei baci, un po’ acerbi a dire il vero, e le sue mani che sapevano cosa toccare e una voglia d’amore che Monnie non aveva provato mai. Lui la toccava, la stimolava come nessuno mai, la spogliava con passione nel chiaro-scuro della luce della notte e l’afa di giugno e il respiro ansimante di ha voglia di baci. Anche le mani di Monnie, dapprima un po’ esitanti, incerte, cercavano il suo corpo, lo spogliarono della sua polo a righe bianche e blu, anche lui vestito da “bravo ragazzo”, ma lei, lei moriva per le sue labbra! Quanti baci, quante pause, quante speranze. Pochi minuti, forse solo secondi, e lei non aveva più la maglietta né la canotta, con la violenza dell’amore era già nuda e la sua pelle si amalgamava bene con quella di Nik. Entrambi distesi sul letto, lui le sfilò i leggings e lei i jeans. Monnie era già in paradiso: sentiva, sentiva, sentiva. Il suo corpo e la sua anima sentivano la vita ancora e lei non era più morta. In fondo, come spiegare a Nik che lui le aveva ridato la vita? Che senza di lui lei non avrebbe amato più nessuno? Perché amare lui significava molto più di una notte di sesso soddisfacente.
Non sapeva se era l’eccitazione a renderla disinibita, ma tutto le sembrava naturale.: le mani, le carezze, quei baci appassionati, gli sguardi profondi. La  voce di Nik  era grave e penetrante  dentro la sua anima, i respiri affannosi e i gemiti erano delicati…Il calore sprigionato dall’amore era davvero considerevole: Monnie lo sentiva tra le sue mani il sudore, la forza ed il profumo della pelle di Nik e nella penombra gli sguardi di entrambi, laceranti di amore,  non si risparmiavano, ma si incoraggiavano a continuare quella meravigliosa danza, così imprevista, così naturale, riempiendosi continuamente la bocca di baci e di parole strozzate dal piacere.
Monnie sapeva bene che non aveva mai provato qualcosa del genere durante i sei anni di relazione passata con James. Forse, il ricordo sbiadito di una passione simile poteva essere riconducibile alla prima volta e la seconda volta che Monnie fece l’amore con lui, dopo di che non si ricordo più nulla.
Quanto amore aveva sentito quel letto, quanto calore avevano assorbito quelle lenzuola, e quali immagini erano rimaste incollate invisibili nelle pareti della stanza. Solamente Monnie riusciva a vederle, anche ad occhi chiusi.



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