CAPITOLO DECIMO
NON SONO SOLO PAROLE
Nonostante tutti i suoi sforzi, non ci riuscì mai a
parlare direttamente con Nik. In compenso, una sera Monnie, dopo una serata
trascorsa a gironzolare tra locali più chic della città, si svestì dei suoi
ornamenti, indossò la sua camicia da notte color avorio in pizzo, distesa sul
suo letto accese il computer portabile. Il sonno non le giungeva facilmente e
così, ispirata da alcune canzoni melodiche che le facevano da colonna sonora ,
iniziò a scrivere alcune frasi sul suo notebook. Dopo un’oretta circa, chiuse
gli occhi, digitò il suo nome e concluse: non più frasi ma una lettera intensa,
fatta di emozioni, di amore e di triste malinconia per quell’uomo a cui aveva
celato tutto, o meglio, aveva cercato di celare la sua anima. Un segreto adesso
svelato in caratteri digitali, un po’ amorfo ma intriso di disperazione, la
disperazione di una donna che ha amato invano l’anima sterile di Nik.
“In tutti questi mesi ho sempre cercato un modo, un
giusto comportamento per esprimere ciò che ho sentito e provato dentro, senza
però mai trovare una soluzione. A volte , ritenevo che la soluzione migliore
fosse quella di ignorare ciò che mi stava capitando, altre volte invece pensavo che sarebbe stato meglio affrontare
di petto tutte le mie paure, i miei desideri, le mie emozioni e potertene
parlare così di persona, guardandoti negli occhi, ma mi sono resa conto che non
è mai stata una buona idea, visto che non ci sono riuscita, e nemmeno tu me ne
hai dato occasione, poichè fuggivi da me , senza, apparentemente, un motivo o
una ragione ben precisa e ancora ora vorrei sapere. Quindi, scriverti è rimasta
l’ultima delle mie possibilità! Guardando indietro, mi rendo conto che avrei
dovuto farlo subito, senza perdere tempo, ed invece mi sono persa dietro le mie
elucubrazioni mentali, perché , ammetto , ho avuto paura: paura di capire che
mi ero innamorata, paura delle mie stesse emozioni, paura di svelarmi e di
essere così vulnerabile e ferita. Sembra strano a dirlo, ma non avevo provato niente di simile, non mi era mai
capitato di sentirmi presa così totalmente come mi è accaduto con te. E così
“spaventata” ho lasciato che i giorni passassero, che i mesi si susseguissero cercando
di convincermi che per te provavo solo una semplice e passeggera
infatuazione…ma in realtà non è stato così. Ciò che poi è successo tra noi, per
me non è stato uno sbaglio o un errore di valutazione, né una svista o altro..per me è stato ciò di cui
avevo bisogno da te, perché non riuscivo più a sopportare conversazioni vuote e
laconiche fra me e te. E sai bene che sono stata
disposta ad infrangere le mie regole, i miei schemi in materia di sesso, ma l’ho fatto per ciò che
si chiama “amore”., perché sei stato la
mia pazzia più grande. Così ad Agosto sono partita, scappando da qui, sperando
che ciò mi avrebbe aiutato a dimenticare, e con una nuova relazione appena
nata, ma è stato al mio ritorno che ho
finalmente capito che i miei sentimenti per quella persona non erano forti come
quelli che provavo per te. E’ stato allora che ho ammesso a me stessa che tutto
ciò che avevo detto, provato, fatto, è
successo perché mi ero semplicemente innamorata..e di te! Era così ovvio. E
così ho ripreso la mia vita, ho cercato
di dargli un senso anche se sapevo che ormai tutto era cambiato in te e in me
ed ho eliminato ciò che mi faceva stare male.
Durante questi ultimi mesi avrei voluto vederti e dirti questo, senza forzare gli eventi, per non recriminare sul passato, per non giustificarmi(ci) su ciò che è stato,
senza rabbia o altro…più che altro volevo essere sincera e dirti tutto ciò che
mi bloccava l’anima e la voce, per poter essere me stessa ogni volta che ci si
incontra e non apparire glaciale, come la “Sig.na Rottemeir”( ti ricordi?). E
soprattutto, per non avere più paura di
guardarti e magari essere più libera, quindi, caso chiuso. Spero soltanto che
tu sia arrivato a leggere queste righe, perché in questo “tira e molla” di
emozioni, adesso sai tutto ed io lo so.”
Consapevole che anche con queste parole sono avrebbe mai
ottenuto una reazione, Monnie rese partecipe Nik dei suoi sentimenti in maniera
chiara ed inequivocabile. Fatto. Nessun rimpianto. Adesso la primavera poteva
anche iniziare. Ed infatti non tardò quella sera di fine Febbraio , quando ella
decise di prendere parte ad un’uscita di gruppo organizzata da una ragazza
simpatica di una nuova associazione di volontariato a cui si era iscritta da
qualche mese. Fu una serata tranquilla tra amici nuovi e vecchie conoscenze, quando al tavolo dove tutti erano già seduti,
arrivarono due ragazzi che sulla ventina
e si unirono alla tavolata negli gli unici posti rimasti disponibili accanto
a dove lei era seduta , ed ordinarono. Per
non apparire la solita ragazza mutagnola e seriosa, Monnie cominciò ad
intrattenere con gli ultimi due arrivati una piacevole conversazione durante la
cena, scoprendo che uno di loro era un suo coetaneo, di nome Vemis, grafico
pubblicitario in formazione mentre l’altro era ancora un giovanissimo studente
universitario appena ventenne. Il feeling che si era appena creato con Vemis,
la sconvolse, non era previsto, e subito in lei qualcosa si accese. Restò però calma e serena: si era promessa a se
stessa che nessun altra emozione l’avrebbe sopraffatta e così la serata
trascorse tra risate ed argomentazioni leggere insieme ai suoi amici. Quando
Monnie ritornò a casa, tutta l’euforia era scomparsa ma qualcosa dentro di lei
cambiò e se rese contò guardando quel sorriso immortalato in una foto scattata in macchina con Annis.
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