Capitolo Quinto
SWEET NOVEMBER
(parte quarta)
Sapeva benissimo a cose
sarebbe andata incontro, ma questa volta conosceva il suo avversario. Da quella
domenica pomeriggio, non vagava più nella memoria di quell’amore rubato, adesso
lo voleva puro, sin dall’inizio perché aveva finalmente ammesso a se stessa che
di Nik, per quanto dicesse pubblicamente con gli amici stretti di non esserne
emotivamente coinvolta, ne era innamorata, anzi, che lo amava. Ma la domanda
principale che ci potrebbe porre, allora sarebbe: come si può pensare di “amare”
una persona solo per le forti sensazioni che ti dà e dato, senza contare a
quante volte ci ha strappato il cuore dal petto per i suoi sbagli, per i suoi
comportamenti infantili e le parole sarcastiche e pungenti che non meritiamo?
Al di là di queste domande, Monnie era così accecata da quelle forti sensazioni
vissute sin dall’inizio per e con Nik, che anche la rabbia, la gelosia e la
solitudine che derivava dalla sua continue assenza volontarie, le davano lo stimolo per non mollare e credere
fantomaticamente che fosse la persona
giusta. Ma si può scappare dalla persona giusta? Di sicuro , Monnie non lo era
per lui visti i suoi atteggiamenti distaccati, ma in realtà Nik sapeva bene perché
fuggiva. Non scappava da lei in quanto Monnie, scappava da lei perché la paura
di innamorarsi era vibrante sotto la sua pelle ad ogni loro incontro e lui non
voleva viverle più quelle emozioni anzi, le detestava quindi automaticamente
lui detestava Monnie. Il sesso è un buon compromesso tra l’amore e il freddo
distacco emotivo: la passione dell’atto erotico culmina con una serie di
movimenti meccanici, invece fare l’amore lo fai con il respiro, con il tocco,
con la voce, con l’amore.
Monnie conosceva ben poco Nik,
ma lo amava abbastanza da perdonargli il suo freddo distacco, convinta che all’amore
si rispondesse solo con l’amore, mentre lui usò l’indifferenza.
Dopo circa u paio di giorni
dalla domenica della scampagnata, Monnie iniziò ad accusare alcuni fastidi all’addome.
Dapprima non se ne preoccupò e cercò di regolarsi nella dieta e diminuì il vino
rosso, ma i dolori non scomparvero e cominciò a parlarne anche con Jovy, la
quale con un sogghigno le consigliò di farsi visitare da Nik, visto che era
molto più immediato poi perché comunque molto bravo nel suo lavoro. Tanti
interrogativi e ripensamenti, quando alla
fine l’unica cosa da fare era chiamarlo per fissare un appuntamento, da
paziente questa volta.
Poiché il coraggio di sentire
nuovamente la sua voce sbiascicare degli asettici “ ciao come stai” Monnie non l’aveva
più, decise di inviargli un sms, telegrafico e preciso senza alcuna emotività.
Qualche ora dopo, lui la richiamò e per telefono lei gli riassunse i suoi sintomi
così da spiegargli il motivo di tale incursione o forse voleva sincerarsi che
quella telefonata non fosse servita per altri scopi. Questa volta Monnie stava
male davvero, niente di grave, lui la
visitò scrupolosamente. Certo, l’imbarazzo tra i due era palpabile: entrambi se
la ridevano, Monnie soprattutto perché non appena lo guardava se ne innamorava
di più. La sua voce, il suo respiro, il suo modo i cui la guardava e quel suo
balbettare dolce che la faceva impazzire. Si, impazzire di un amore che non ci
sarebbe stato mai.
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