Capitolo 2
EROS E THANATOS
(parte seconda)
Lei
spense la luce ed entrambi si cercarono, le loro mani iniziarono una danza,
dapprima un po’ fuori tempo, ma i baci
scaldarono quelle anime in cerca d’amore, ed anche se Monnie era consapevole
che quello era solo un assaggio dell’amore, lei scelse di viverlo perché con
Nik tutto era naturale, così come anche morire. E quando la passione cessò, si
ritrovarono nudi sul letto esausti dall’ amore profano appena consumato in
quella camera da letto, e la luce tenue, che filtrava all’ esterno dalla serranda della finestra aperta,
illuminava i contorni dei loro corpi stesi uno vicino all’ altro in un’atmosfera
rarefatta, irreale, perfetta per perdersi dentro. Respiri, silenzi. Monnie
allora si girò verso di lui, si aggrappò dolcemente al braccio sinistro di Nik
ed iniziò a ad accarezzarlo e le prime parole uscirorno piano, ancora piano ,
sottovoce. Ed così iniziarono a parlare, poi a ridere e scherzare, come amici
di vecchia data , e mentre accadeva tutto ciò, Monnie si avvicinava sempre di
più a lui, e con la mano arrivò al suo viso e delicatamente iniziò ad
accarezzargli la barba: improvvisamente, per qualche secondo lei esitò, chiese a Nick se poteva continuare ancora e lì si rese conto che non stava accarezzando
il viso di James . Un tuffo nel passato, una strana ma non piacevole sensazione
di ritornare ad un amore travagliato, in cui anche un gesto d’affetto diventava
poco spontaneo perché non richiesto . Pochi attimi di confusione e lei tornò su
Venere, con il suo uomo accanto a lei, ripetendo dentro alla sua testa “ non è
James” come a dire “lasciati andare, vivi questi attimi con la persona che ami
adesso, che ti ha fatto ritornare emotivamente in vita” e non sembrava vero a Monnie di condividere così
tanta intimità con Nik anche nel silenzio, così, tutto all’improvviso. Ma la
notte avanzava e Nik doveva ritornare a casa sua, quindi si rivestirono dei
loro abiti e del loro lieve imbarazzo e Monnie lo accompagnò alla porta. Si
salutarono. Lui la salutò, baciandola più volte sulla bocca, come se non
volesse lasciarla e lei, in uno stato di mista felicità ed incredulità, gli ricordava dolcemente che era tardi e
doveva rincasare. E quando lui andò via, lei chiuse il portone, spense la luce,
ma rimase ancora dietro il portone, stordita, come ubriaca, con il sapore di Nik sulle labbra e
su tutto il corpo. Si guardò poi allo specchio e non riusciva a non sorridere,
sempre ancora di più innamorata e sorpresa per ciò che aveva appena vissuto,
anche se consapevole che al sorgere del sole, tutto sarebbe cambiato, ovvero tutto
sarebbe rimasto come sempre prima di quella notte. Così, l’indomani, dopo aver
passato quasi una notte insonne, Monnie si svegliò presto, a causa del caldo
mattutino e dei raggi solari che penetravano insidiosi attraverso i fori della
serranda semiaperta seppur fossero solo le otto del mattino e fortunatamente ella
non sarebbe dovuta andare a lavoro quella mattina, solo nel pomeriggio. Ma dentro
di lei, tutto era quieto, nessun sintomo e nessun segno: forse aveva sognato?
Non era accaduto nulla solo poche ore prima? Lei chiuse gli occhi, si avvicinò
al suo cuscino e lo strinse forte, cercando di ricordare suoni ed odori persi
in quella notte così folle. Ma non c’rea niente di più normale e naturale del
risveglio: era giunto solo un altro giorno e su di lei era rimasto il tocco ed
il profumo di Nik sulla pelle, con una mista sensazione di amore e rimorso di
aver fatto sesso con la persona più preziosa del mondo ed di aver saltato tutti
i convenevoli. In fondo, ciò che voleva Monnie era solo parlargli un po’,
conoscere quali fossero i suoi gusti e le sue preferenze, magari uscire ogni
tanto con lui anche in comitiva, giusto per realizzare se oltre a quella forte
attrazione fisica che univa i loro sguardi, ci fosse davvero un’intesa di
interessi e di valori, o comunque qualcosa che potesse unirli. Il vociare
nervoso di giovani studenti che si apprestano all’esame di maturità risuonava dalla strada
di fronte attraverso la finestra della camera di Monnie, sino a giungere
al suo orecchio, e ella , ancora assonnata e capricciosa come una bambina di
cinque anni, giunse alla conclusione di alzarsi e preparasi il suo caffè. Era
mattina e doveva smettere di sognare ancora!
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